Il dramma dei Marchesi Camillo e Anna Casati Stampa e la vera storia di Villa San Martino di Arcore raccontati a “Stelle nere”. Un’estorsione e un patrocinio infedele rimasti impuniti.
Nel tragico destino della coppia e dell’amante di lei, come ombre nella notte, appaiono, sinistre, le rapaci figure del giovane Avv. Previti e del suo patron Berlusconi.
Annamaria, ancora minorenne, eredita l’ingente patrimonio dei genitori, la cui gestione è affidata all’amico di famiglia, Avv. Giorgio Bergamasco, allora esponente del Partito liberale, che ne diventa il tutore. Tra i suoi collaboratori di studio, vi è il rampante Avv. Previti, il quale riesce a carpire la fiducia della giovane Annamaria, sebbene avesse dapprima assistito le sue controparti, i coniugi Fallarino, nella dura contesa ereditaria volta a mettere le mani sull’ingente patrimonio di famiglia.
La ragazza si ritrova un’eredità pari a due miliardi e 403 milioni di lire tra beni mobili, immobili e gioielli. Decide di lasciare alle sue spalle lo scandalo e l’Italia; approda, nel 1972 in Brasile affidando i suoi beni – senza limitazioni di mandato – al suo ex tutore, Bergamasco che, nelle more era diventato ministro del governo Andreotti.
Il giovane avv. Previti, nella qualità di vice tutore riceve l’incarico di vendere Villa San Martino «con espressa esclusione degli arredi, della pinacoteca, della biblioteca e delle circostanti proprietà terriere».
Ed è così che Villa Arcore cade nelle mani del faccendiere titolare della Edilnord e della Fininvest attraverso la mediazione di Previti.
La biblioteca ricca di diecimila volumi viene affidata a Marcello Dell’Utri.
Arredi e parco con scuderia sono affidati allo stalliere mafioso Vittorio Mangano.
Il valore del solo bene immobile era allora stimato circa 1 miliardo e 300 milioni di lire ma fu ceduto per soli 500 milioni di lire virtualmente corrisposti in titoli azionari (di società all’epoca non quotate in borsa). L’ereditiera non riuscì mai a monetizzare i titoli azionari e fu costretta ad un accordo tramite lo stesso Previti con Berlusconi, che riacquistò i titoli per soli 250 milioni di vecchie lire per un immobile che all’inizio degli anni ottanta era idoneo a garantire un prestito di 7,3 miliardi di lire pari al suo valore di stima.
Le deduzioni sulla triste vicenda sono aristoteliche.
Nessuna ombra sembra più coprire questa triste storia, se non quella della giustizia che fatica a splendere.
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