Perugia, 27 luglio 2010 – Il “giochino” funzionava così: un’azienda di costruzioni, che negli anni ’80 e ’90 aveva eseguito lavori in strutture militari in Sardegna, da qualche anno presentava documenti falsi — con carta intestata del Ministero della difesa — in cui veniva accertata l’esistenza di riserve non pagate e legate a lavori aggiuntivi (in realtà mai eseguiti). E una volta che il contenzioso finiva davanti alla magistratura civile per la contestazione da parte dell’Avvocatura dello Stato, c’era un giudice compiacente che indirizzava le cause a favore dell’impresa, facendole ottenere rimborsi esorbitanti e ricevendo, in cambio, lavori edili nella sua villa di Porto Cervo.
Questa la tesi dell’accusa, che parla di presunta associazione a delinquere composta da una famiglia di imprenditori, con due figli avvocati, e un giudice: un “team” che avrebbe sottratto per anni al Ministero della difesa vari milioni di euro. Per ora sono finiti in carcere il giudice onorario della IV sezione bis civile del tribunale di Roma, Giovanni Dionesalvi, l’imprenditore in pensione Giampaolo Mascia, la moglie Piera Balconi e i loro due figli, gli avvocati Vittorio e Giammarco. Accuse pesanti: falso in atto pubblico commesso da privato e da un pubblico ufficiale, corruzione in atti giudiziari e abuso di atti di ufficio.
L’inchiesta è in mano alla procura di Perugia (pm Giuseppe Petrazzini, gip Claudia Matteini) che ha competenza in casi che vedono coinvolti giudici romani. L’impresa che aveva effettuato lavori per conto del Ministero in alcune caserme da qualche anno a questa parte avrebbe cominciato a presentare documenti falsi — questa l’accusa — in cui sosteneva di aver compiuto ulteriori interventi, ritenendosi quindi debitrice di somme consistenti che, ogni volta, si aggiravano sui 2-3mila euro. Così si instaurava un contenzioso al tribunale civile (l’Avvocatura dello Stato ha quantificato 150 controversie) in cui il giudice onorario gestiva direttamente le carte o si adoperava con i colleghi per ‘istruirli’.
Giudice che — secondo il gip — era in rapporti di stretta amicizia con la famiglia coinvolta, e la cui villa in Sardegna era a fianco a quella dei Mascia. Gli inquirenti ritengono che la truffa, solo negli ultimi 7 mesi, abbia fatto intascare all’impresa 1,8 milioni di euro.
Le indagini sono in corso e gli investigatori sono alle prese con decine di migliaia di documenti da analizzare (per trasportare una parte delle carte da Roma a Perugia è stato necessario un furgone). Nel frattempo il gip ha confermato la custodia in carcere. Il giudice e uno degli avvocati, arrestati a Roma, sono nel carcere di Capanne, a Perugia. Gli altri tre sono stati arrestati in Sardegna.
“La condotta giudiziaria del giudice Giovanni Dionesalvi è stata sempre tecnicamente corretta e in linea con quanto imposto dal codice di procedura civile”, sostiene il suo legale, l’avvocato Remo Pannain.
MICHELE NUCCI
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