“Questa è una città che non si piega e la mia è una vicenda surreale…” ha dichiarato commosso il Sindaco Luigi de Magistris, nel corso di una conferenza stampa, a seguito della decisione del T.A.R. che, in accoglimento del suo ricorso giurisdizionale, lo ha reintegrato con effetto immediato nelle sue funzioni di primo cittadino della capitale campana. Funzioni che, peraltro, non aveva mai abbandonato, continuando a fare il “Sindaco di strada”, come lui amava autoironicamente definirsi.
”Ho subito troppe ingiustizie da uomo delle istituzioni – ha sottolineato – una delle più grandi dal C.S.M. presieduto dal Capo dello Stato”, riferendosi all’inchiesta “Why not” e alle successive vicende giudiziarie che, da ultimo, dopo l’altrettanto illegittima condanna, da parte del Tribunale di Roma, con l’accusa di preteso “abuso d‘ufficio”, ne hanno provocato l’ingiusta sospensione dalla carica di Sindaco, mediante una “procedura lampo” e a dir poco sospetta attuata dal Prefetto di Napoli, in applicazione retroattiva della legge Severino, in relazione alle cause di incandidabilità.
Legge e decisioni, la cui legittimità vengono oggi, però, messe in discussione dai giudici del T.A.R., che hanno deciso all’unanimità di inviare gli atti alla Consulta, ritenendo la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 10 e 11, in relazione all’applicazione retroattiva della Legge Severino, che si pone in contrasto con gli articoli “2, 4, 51 e 97 della Costituzione”.
“Vado avanti continuando ad avere fiducia, sono uomo di istituzioni” – ha aggiunto Luigi De Magistris, tra gli applausi e la gioia dei suoi sostenitori – “Sono contento che una parte della ferita sia stata sanata dalle istituzioni perché questo mi dà speranza”. ”Mi viene riconosciuto un diritto costituzionale, cioè quello di poter continuare a fare il sindaco di Napoli…”. “Da oggi, la mia azione politica è mutata e sarà rivolta sempre più verso le istanze sociali e chi è in strada. Mi sento più carico di prima con la voglia di lavorare giorno e notte. “Vado avanti continuando ad avere fiducia perché – ha concluso De Magistris – rimanendo uomo delle istituzioni, è un segnale credere che all’interno di esse ci sia una spinta anche di rinnovamento forte”.
Noi siamo al suo fianco e lo sosterremo insieme ai cittadini della Campania e di tutta Italia che credono nella giustizia e nella legalità, contrastando la dilagante corruzione di stampo massonico-politico-giudiziaria che sta divorando il Paese.
IL CASO DE MAGISTRIS IN BREVE E LA LUNGA MANO DELLA MASSONERIA PER AFFOSSARE LE SCOMODE INCHIESTE “WHY NOT”, “POSEIDONE” e “TOGHE LUCANE”.
La vicenda risale al 18.1.08 quando su decisione del C.S.M., l’ex P.M. Luigi De Magistris è condannato al trasferimento da Catanzaro e dalle sue funzioni, sottraendogli in tal modo le scomode inchieste che stava conducendo sui comitati d’affari che avevano messo le mani sui finanziamenti europei destinati all’Ambiente e sugli intrecci affaristici tra politica, imprenditoria, massoneria e poteri occulti.
Le inchieste sono note come “Why Not”, “Poseidone” e “Toghe Lucane”.
L’affare non riguarda solo la Calabria, ci sono di mezzo la Compagnia delle Opere, l’alta finanza, un asse che viaggia da Catanzaro, a Roma, a Bruxelles, fino alla loggia di San Marino, di cui faceva parte anche l’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi.
Tutti i procedimenti verranno poi affossati, seppure dalle indagini svolte dall’ex P.M. De Magistris emergeva la spartizione di denaro pubblico, il finanziamento ai partiti, il ruolo di lobby e poteri occulti deviati.
Nei confronti dell’ex P.M. viene disposta anche la sanzione della censura, essendo stato riconosciuto colpevole di aver asseritamente “violato i suoi doveri e norme di procedura nella conduzione di alcune inchieste”. Il suo trasferimento non era però, come richiesto dal Ministro di Giustizia, immediatamente esecutivo. De Magistris interroga testimoni, dispone perquisizioni, iscrive nel registro degli indagati personaggi illustri, del calibro di Clemente Mastella, all’epoca Ministro della Giustizia, o di Romano Prodi, all’epoca Presidente del Consiglio.
La condanna del C.S.M. riguarda sei delle undici accuse contestate inizialmente a De Magistris.
Due in particolare i provvedimenti adottati da De Magistris ritenuti “abnormi” dai suoi detrattori: il primo quello con cui l’ex P.M. aveva disposto che i nomi di due degli indagati (il senatore di Forza Italia Pittelli ed il generale Cretella, fossero chiusi in un armadio blindato, unitamente al decreto di perquisizione nei confronti del P.G. di Potenza Tufaro). Il secondo, per la trasmissione del fascicolo Poseidone alla Procura di Salerno, dopo che il procuratore gli aveva revocato la delega, per non aver informato i superiori di alcuni provvedimenti adottati, e per la mancata richiesta di convalida di 26 fermi. Nessuna responsabilità invece per le fughe di notizie sulle sue inchieste, come quella sull’iscrizione di Prodi nel registro degli indagati.
Nelle motivazioni della condanna il C.S.M. aveva sostenuto che De Magistris avrebbe violato “regole di particolare rilievo”, dimostrando – (sic!) – “insufficienti diligenza, correttezza e rispetto della dignità delle persone”. Il Ministro della Giustizia Luigi Scotti, il 31 marzo 2008 impugnava la sentenza del CSM ritenendo che De Magistris non doveva essere assolto dall’accusa di non aver adottato tutte le misure necessarie per impedire la fuga di notizie sulle sue inchieste, a cominciare da quella sull’iscrizione del presidente del Consiglio Prodi tra gli indagati nella Why Not. Né tanto meno dalla contestazione di aver diffuso sospetti senza prove nei confronti di superiori e colleghi.
Le dimissioni dalla magistratura e la persecuzione politico-giudiziaria
Nonostante le dimissioni dalla magistratura, l’ex P.M. viene condannato con una abnorme sentenza dal Tribunale di Roma, territorialmente incompetente, alla pena di un anno e tre mesi per preteso “abuso d’ufficio” nella conduzione delle indagini dell’inchiesta “Why Not”.
Pur in pendenza del procedimento di appello e il carattere non definitivo della condanna giungiamo così alla sbrigativa e frettolosa sospensione dalla carica di primo cittadino di Luigi De Magistris.
E’ la conferma di un complotto ad orologeria in danno di un uomo coraggioso che ha incarnato prima come magistrato e poi come Sindaco gli ideali di uguaglianza e giustizia sociale dell’Italia onesta, seguendo le orme di Falcone e Borsellino.
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