Edmond, un caso di malagiustizia tra Italia e Gran Bretagna

La vicenda che vi stiamo raccontando sembra la sceneggiatura di un film holliwoodiano, ma in realtà è la vera storia di un cittadino albanese regolarmente soggiornante nel Regno Unito. Il 26 ottobre del 2004 viene ucciso a Genova il cittadino Marcello Miguel Espana Castillo. La polizia italiana comincia a indagare sull’accaduto. Attraverso alcune intercettazioni telefoniche si arriva alla conclusione che l’assassino sia un certo Edmond Arapi, che spesso usa anche l’alias di Edmond Braka (detto anche Mondi).  Sarebbe infatti proprio durante un intercettazione telefonica che Braka confessa l’omicidio ad un suo amico albanese, un certo Ermir Braho. Il processo proseguo e Edmond Arapi viene condannato in contumacia a 19 anni di carcere per aver ucciso Espana Castillo.

Nel frattempo, dall’altra parte della Manica, Edmond Arapi lavora al Caffè David a Leek. Edmond è giunto in Gran Bretagna nel settembre del 1999, richiedendo asilo politico. Nel 2002 conosce Georgina, britannica, ora la madre dei suoi 3 figli e iniziano a vivere insieme. Edmond, impegnato tra famiglia e lavoro, è ignaro di quanto succede a Genova sul suo conto. Dopo 6 anni di permanenza continua in Gran Bretagna senza mai espatriare Edmond Arapi decide di tornare in Albania per celebrare il matrimonio con la sua compagna. È il 18 ottobre del 2006. Due mesi dopo, a dicembre del solito anno, la coppia ritorna dall’Albania transitando per Milano, senza nessun problema.

In Italia, il processo va avanti e il 30 aprile 2007, Edmond viene condannato definitivamente  a 16 anni, in presenza del difensore assegnatogli d’ufficio che in verità non lo ha mai contattato. Intanto il “diretto interessato” è totalmente all’oscuro di tutto. Il 20 maggio del 2009, la coppia ritorna in Albania, in vacanze per qualche settimana. Al loro rientro, Edmond Arapi viene arrestato all’aeroporto di Gatwick a seguito di un mandato di cattura europeo emesso dall’Italia per l’accusa dell’omicidio di Marcello Miguel Espana Castillo. È l’inizio dell’odissea giudiziaria di Edmond.

Lui ha un alibi di ferro. Oltre a non essere mai uscito dal Regno Unito dal 2000 al 2006,  il giorno dell’omicidio di Espana Castillo, Edmond ha firmato molte ricevute di pagamento del locale in cui era dipendente, a migliaia di km da Genova. Una perizia grafica ha dimostrato che la calligrafia nelle ricevute sia inequivocabilmente la sua. Anche i suoi superiori hanno confermato la sua presenza e in quel periodo Edmond aveva appena cominciato a frequentare un corso per aumentare di livello e diventare chef.

Edmond non ha mai ricevuto nessuna comunicazione della sua citazione in giudizio e tantomeno della condanna definitiva a 16 anni. Elementi che gli hanno impedito di difendersi per dimostrare la sua innocenza ed estraneità all’accaduto. In aggiunta a questi, lo status di richiedente asilo, gli imponeva la richiesta di un permesso particolare ogni qualvolta dovesse lasciare il Regno Unito per brevi periodi.
La procedura di identificazione del presunto autore del reato è stata particolarmente carente, in quanto non mirata e forse effettuata su una foto di gruppo, dalla sorella e dalla fidanzata di Ermir Braho (la persona con cui il tale Edmond Braka/Edmond Arapi avrebbe parlato al telefono confessandoli l’omicidio). Per di più Edmond è scagionato in tutto anche dalla prova del DNA.

Ma di tutti gli elementi a suo favore nessuno ne vuole sapere e la procedura di estradizione prosegue. Arapi viene bloccato per 12 mesi, passando anche svariate settimane in carcere, e i suoi avvocati ricorrono in appello contro questa decisione inammissibile.  Intanto la vicenda viene riportata, considerato l’assurdità dell’accaduto, sui principali media inglesi, dalla BBC al Telegraf ed altri. Il caso arriva poi in parlamento dove la deputata Karen Bradley si prende a cuore la questione e fa un interrogazione direttamente al Primo Ministro Cameron. “È a conoscenza il primo ministro dell’estradizione di Edmond Arapi, il quale sta per essere estradato in Italia perché condannato in contumacia? – chiede la parlamentare a Cameron che le risponde di voler trattare sicuramente il caso anche con il Ministro della Giustizia. Il caso assume dimensioni nazionali e diventa emblematico di come a volte la giustizia italiana sia troppo sbrigativa quando si tratta di giudicare cittadini non italiani.

Il 15 giugno 2010 presso l’Altra Corte di Londra, Gemma Lindfield, l’avvocato che rappresentava il governo italiano, ha ammesso che il sig. Edmond Arapi è stato vittima di un furto di identità da parte di qualcuno, ora in libertà.  

La vicenda è stata seguita e patrocinata anche dall’Associazione Fair Trials International, che attraverso i suoi portavoce, ha invitato i paesi europei di rivedere il meccanismo del mandato di cattura europeo, cercando di evitare situazioni cosi imbarazzanti nel futuro.  
Il caso Edmond Arapi sicuramente fa riflettere su alcune questioni. Non si poteva verificare prima l’alibi e le informazioni fornite da Arapi? Bisognava aspettare l’intervento del Primo Ministro inglese e di tutta la carta stampata inglese prima di ammettere che c’era stato un errore di valutazione?

Ancora una volta registriamo come ci sia il silenzio totale nei media italiani, quando si tratta di casi che vedono discolpati cittadini non italiani, ingiustamente condannati dalla giustizia italiana.

da albanianews.it

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