Il segreto di Ilaria
di Riccardo Bocca
Un gigantesco traffico di rifiuti tossici verso la Somalia. Servizi segreti deviati. Faccendieri. E il racconto di una teste somala: “La Alpi indagava su quella pista”
(20 gennaio 2005)
Su questo stava indagando negli anni Novanta la Procura di Reggio Calabria, poi stoppata da un’archiviazione. L’obiettivo dei magistrati era dimostrare che un gran numero di navi venivano riempite di scorie radioattive e affondate nei punti più profondi. Non solo. Nel corso dell’inchiesta gli investigatori avevano trovato tracce del traffico di rifiuti speciali che dall’Europa venivano traghettati in Africa, oltre che del sistema O.d.m. (Oceanic disposal management) con cui il faccendiere Comerio voleva stipare la pattumiera radioattiva in siluri per spararla sotto i fondali marini. Tutti elementi che non hanno portato a un’incriminazione, a una condanna, ma che nelle informative riservate della Procura di Reggio Calabria rivelano uno stretto nesso coi fatti somali.
Non è un caso, dicono gli inquirenti, se dopo anni di silenzio la scorsa settimana è stato denunciato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Alpi un grave tentativo di depistaggio. Non è un caso se personaggi oscuri ora cercano di deviare l’attenzione, proponendo inesistenti foto satellitari dell’aggressione alla giornalista. E nemmeno, dice Domenico d’Amati, avvocato della famiglia Alpi, che venga diffusa la notizia secondo cui la Commissione parlamentare d’inchiesta avrebbe intravisto dietro l’agguato l’ombra di Al Qaeda. “Il meccanismo è evidente”, sostiene: “Fornire falsi indizi su soggetti sospetti per screditare l’indagine o inventarsi nuove piste per allungare i tempi. La riprova che gli interessi in ballo sono enormi, e ancora oggi c’è chi teme che vengano svelati”.
Parole che trovano facile conferma. Basta tornare al settembre del 1999 per scovare un altro incredibile episodio che lega il traffico di rifiuti radioattivi alla morte della giornalista del Tg3. Al centro della scena questa volta è Francesco Gangemi, sindaco di Reggio Calabria per tre sole settimane nel 1992 e cugino dell’omonimo Francesco, condannato a 10 anni per camorra. Ma soprattutto direttore del mensile calabrese “Il dibattito”, foglio a dir poco aggressivo con pirotecnici attacchi a politici e magistrati. A sua firma, sei anni fa, parte un’inchiesta dal titolo: “Chi ha ucciso Ilaria Alpi?”. Più puntate precedute da una singolare introduzione: “Fin dai primi passi di questa mia lunga strada, che immagino irta di ostacoli e contraccolpi”, scrive Gangemi, “voglio informare i nostri lettori e le autorità che eventuali rappresaglie che dovessi subire non sarebbero certo riconducibili alla ‘ndrangheta o ad altre organizzazioni criminali, ma ai servizi segreti deviati e assoggettati a taluni magistrati inadempienti ai loro doveri d’ufficio e al governo, che rimane il fulcro delle operazioni sporche che stanno inginocchiando l’umanità intera a fronte di vantaggi di varia natura”.
Di fatto oggi il mensile “Il dibattito” è stato sequestrato, e il suo direttore arrestato lo scorso novembre con l’accusa di aver esercitato pressioni su magistrati dell’Antimafia di Reggio Calabria per conto di una lobby di potere che voleva influenzare inchieste su politici e mafiosi locali. Ma allora, tra la fine del ’99 e il 2000, Gangemi ha avuto il tempo e il modo di pubblicare molti documenti segreti dell’inchiesta reggina. Pagine e pagine dalle quali emergono notizie esplosive. Rivelazioni che aiutano a capire il sistema occulto con cui per anni è stata illecitamente smaltita la pattumiera nucleare, ma anche indizi preziosi per meglio comprendere l’intera vicenda Alpi.
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