“PHONEY MONEY“. Così era stata denominata la scottante inchiesta sulla nuova P2 del coraggioso P.M. David Monti, insabbiata già nel 1996 dalla mafia giudiziaria di stampo politico-istituzionale, sempre pronta – come la storia degli ultimi anni insegna a chi è in grado di leggere i fatti – a mobilitare gli Ispettori ministeriali per indagare su chi indaga, ricattando, intimidendo e mettendo definitivamente a tacere chi prende seriamente l’attività giurisdizionale e crede ingenuamente di potere svolgere le proprie funzioni investigative, senza guardare in faccia nessuno.
Anche ad Aosta, oltre 14 anni fa, le cose andarono esattamente così, come per Cordova, Di Pietro, Forleo, De Magistris e tanti altri onesti P.M., senza collare e padrini, rei di avere indagato sui poteri occulti che controllano le istituzioni dello Stato.
Da Roma scattò prontamente l’inchiesta ministeriale sul P.M. di Aosta David Monti.
A pretesto: “i presunti contrasti e conflitti” sorti in relazione ad “alcune modalità di conduzione delle indagini denominate “Phoney Money” e “Operazione Lobbying“. Ma, l’unico vero scopo era quello di scippare l’inchiesta allo scomodo P.M. Davide Monti che, sin da allora, stava ficcando il naso negli affari delle cricche, mettendo in luce, come denunciato alla stampa dallo stesso P.M.: “relazioni occulte di potere, a tutti i livelli, che rendono visibili grandi aggregati, sempre occulti, di interessi economici, finanziari e politici. E, su cui sarebbe possibile pervenire a ben più importanti risultati se mi fosse permesso di investigare ancora“. (La Repubblica 14 novembre 1996 pag. 10).
Nel comunicato stampa pubblicato da Repubblica Monti, ex massone e buon conoscitore dei santuari del potere inoltre afferma: “Sono un magistrato solo, solo con la mia coscienza e con la serenità di avere agito con la dovuta perizia professionale e nel rispetto dei principi di garanzia del processo penale”. Un magistrato solo che non ci sta. Sono costretto, contro la mia volontà e il mio costume, a dire pubblicamente che è in corso un tentativo di sottrarmi le complesse investigazioni che sto conducendo e che, in un breve arco di tempo, hanno portato alla luce fatti di estrema gravità, su cui è doveroso fare piena chiarezza”. Articolo stranamente censurato e irreperibile anche nell’archivio storico dell’aggiornato quotidiano che, prima d’ora, ha sempre evitato di affrontare e approfondire il tema del rapporto tra mafia, politica, massoneria e affari, alla base delle deviazioni del sistema sociale.
Con la solita malizia che contraddistingue gli uffici giudiziari e ministeriali nelle mani della mafia politico-istituzionale, da via Arenula precisavano che l’inchiesta sarebbe stata “estranea al merito delle indagini in corso“, con le quali il Ministero “non avrebbe inteso in alcun modo interferire“, affermando poco credibilmente che intendevano solo accertare se esistevano “profili di rilevanza disciplinare, ovvero ipotesi di incompatibilita’ ambientale o funzionale“, per il pm Davide Monti e per il Procuratore capo Maria Del Savio Bonaudo.
Ma la verità è venuta presto a galla, rivelando la vera natura dell’intervento del Ministero di Giustizia.
Ad epilogo di questa aperta aggressione all’indipendenza della magistratura, il P.M. David Monti è stato costretto a chiedere il trasferimento al C.S.M. e il Procuratore capo, pur avendo illegittimamente scippato l’inchiesta al P.M. naturale, è rimasta al suo posto, insabbiando tutto e mettendo a tacere due importanti inchieste che avrebbero potuto fare luce sui legami occulti tra politica, massoneria e istituzioni deviate.
Le dichiarazioni contenute nell’esposto del dr. Monti al Csm, secondo il quale la sua sostituzione nell’indagine era “strumentale” e “pericolosa”, per le inquietanti analogie con il caso De Magistris e il preteso scontro tra le procure di Salerno e Catanzaro, ci riportano con prepotenza all’attuale inchiesta romana sulla P3 e all’intervista rilasciata al settimanale Panorama anni fa dallo stesso Monti in relazione alla sua estromissione dall’inchiesta, in cui il P.M. affermava che “a quindici anni dalla scoperta della loggia P2, i poteri occulti sono vivi e vegeti e sono loro ad organizzare, se non veri e propri complotti, pericolose interferenze, per esempio riuscendo a bloccare inchieste considerate scomode“.
Nessuno volle ascoltare la ferma e coraggiosa denuncia del P.M. italo-americano amico di Bill Clinton che indagava sulla misteriosa associazione segreta in grado di suggerire nomi per gli incarichi di governo e di determinare nomine e promozioni nell’empireo della burocrazia statale.
Fatti per cui il pm aveva interrogato personaggi di spicco della vita pubblica italiana, tra cui pericolosi lobbisti con collegamenti internazionali del calibro di Pacini Battaglia e importanti politici, tra cui Roberto Maroni (che smentiva ogni suo coinvolgimento nella vicenda), l’ ex direttore del Tg1 Carlo Rossella, Lorenzo Necci ex amministratore di Ferrovie dello Stato, Giuseppe Tatarella di An, Ernesto Pascale amministratore della Stet, Mirko Tremaglia, Antonio Di Pietro, Umberto Bossi, e vari altri politici di spicco.
Sia nella Prima che nella Seconda Repubblica, secondo le indagini della Procura di Aosta sarebbero sempre stati operanti poteri occulti (magari in sonno quando le indagini riguardano fatti semplicemente corruttivi), ma pronti a intervenire quando la magistratura sonda i meccanismi segreti del potere>.
Chissà se qualche altro magistrato coraggioso vorrà raccogliere il testimone dell’amerikano David Monti?
A riguardo, è utile ricordare ai magistrati romani che indagano sulla nuova P3 la definizione di potere occulto, data dal P.M. in un’intervista a Panorama: <Un intreccio di membri di associazioni segrete e di appartenenti a istituzioni perfettamente legali che si incontrano in punti off shore, cioè territori al di fuori della giurisdizione italiana. Non esislono solo le società off shore che proteggono i flussi finanziari illegali, ma anche le off shore massoniche, veri punti nevralgici, con il ruolo precipuo di interferenza e condizionamento>.
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