DA VERONA A VENEZIA: QUANDO LA SUSPICIONE C’AZZECCA!
COMPLOTTO GIUDIZIARIO PER COPRIRE UN ABUSO EDILIZIO
Il caso riguarda il Tribunale civile e la Procura di Verona, nonché le sedi penali di Trento, Venezia, Trieste e Bologna, che, dal 1997, stanno, deliberatamente, calpestando i diritti abitativi (e di proprietà) della famiglia del sig. Filippo Salamone, di recente stroncato da crepacuore, all’età di ottant’anni, non dandosi pace per la negazione di giustizia e i gravi abusi subiti: spoglio di acqua, luce, gas da riscaldamento e passo carraio, per cui è rimasto al freddo, fino alla morte, e nella impossibilità di accedere al proprio garage, dove, tuttora, sono rimaste intercluse due autovetture.
Oggi, la battaglia giudiziaria viene continuata dalla moglie, 82enne, Rabita Grazia e dalla figlie che, nonostante si siano, fiduciosamente, rivolte a tutte le competenti Autorità, nessuna esclusa, continuano a vedersi negare giustizia.
L’allucinante vicenda nasce nel 1971, allorquando la confinante, ben introdotta nella locale Amministrazione e nella Curia, ottiene dal Comune di S. Giovanni Lupatoto, un’illegittima autorizzazione edilizia per aumentare le volumetrie della sua villetta, dichiarandosi, falsamente, proprietria di una superficie maggiore di quella effettiva (la parte eccedente è, invero, di proprietà dei Salamone).
Il Comune, dapprima, rilevando incongruenze, in base al Regolamento Edilizio e alla Legge n. 10/77, non concede l’abitabilità e chiede la creazione di una zona di rispetto, mai realizzata.
Dopo di che, del tutto “inspiegabilmente”, si rimangia tutto, senza svolgere alcuna verifica sugli atti di proprietà e le certificazioni catastali, da cui avrebbe potuto accertare che la confinante non è proprietaria dell’intera superficie dichiarata; ragione per cui avrebbe dovuto, conseguentemente, ingiungere la demolizione del fabbricato, in considerazione del fatto che non è possibile costruire un numero di metri cubi superiori a quelli consentiti dalla legge, da calcolarsi in base alla metratura del terreno, realmente, posseduto.
A questo punto, la confinante nel tentativo di sottrarre il terreno mancante, onde sanare la sua anomala posizione, cita in giudizio il povero fu Filippo Salamone, sostenendo in evidente malafede che lo stesso avrebbe sconfinato sul suo terreno, spostando il muro di confine.
Dopo alterne vicende, la Corte di Appello di Venezia, attraverso una Consulenza Tecnica di Ufficio, riconosce la piena ragione e regolarità dei confini del Salamone.
Senonchè, la Corte di Cassazione, con una sentenza “alla Corrado Carnevale”, rimette tutta la questione in gioco, restituendo gli atti alla Corte Veneta, che stravolgendo le risultanze processuali, senza precisare alcun riferimento catastale, ordina al Salamone “di arretrare per la lunghezza di 3 metri, un non meglio precisato muro di confine, assertivamente costruito negli anni 76-77”.
Da qui l’amaro calvario giudiziario dei Salamone che, a seguito di tale abnorme quanto ineseguibile sentenza, si sono visti spossessare del passo carraio e delle sottostanti tubazioni di acqua, luce, gas, nonchè costruire un nuovo muro di confine a ridosso della loro abitazione.
A nulla sono per ora valsi i molteplici ricorsi e denunce in ogni competente sede.
I giudici civili e penali di Verona, come quelli del T.A.R. di Venezia e della Cassazione fingono di non capire o, rimangono inerti. Ciò vale anche per le Procure di Trento, Bologna, Venezia e Perugia, investite di alcuni esposti nei confronti dei giudici veneti e della Cassazione.
Anziché svolgere indagini sulla reale appartenenza del terreno controverso e sulla legittimità delle concessioni edilizie, in base alle quali la confinante ha potuto stravolgere la vita della famiglia Salamone, il Tribunale di Verona ha pensato bene di condannare a 4 mesi di reclusione, con processo per direttissima, la figlia invalida, Rita Salamone, recentemente arrestata con la pretestuosa accusa di “resistenza a pubblico ufficiale”, per essersi opposta alla costruzione del muro.
L’arresto e la condanna appaiono del tutto arbitrari, in quanto la sig.ra Salamone si è limitata ad opporsi ad una palese violazione di domicilio, da parte dell’Ufficiale Giudiziario che, incurante del titolo di proprietà rammostratogli, ha cercato di fare erigere un muro divisorio, a ridosso della sua abitazione, occludendo il passaggio di servitù e il garage, di sua proprietà da ben 45 anni!
È singolare rilevare che l’abnorme misura dell’arresto di una persona anziana e malata, sia stato richiesto, proprio, dalla locale Procura, mentre ben 5 giudici veronesi, tra cui lo stesso Presidente, dr. Abbate, risultavano in attesa di rinvio a giudizio, da parte della Procura di Trento, per i reati di abuso d’ufficio continuato, falso ideologico e favoreggiamento.
Non si può, infine, sottacere il trattamento disumano e incivile riservato alla sig.ra Salamone, tenuta tutta la notte al freddo in una cella umida nella locale caserma dei Carabinieri, ove è stata colta da un blocco renale, senza ricevere pronte cure. Ciò, mentre, veri e propri delinquenti, assassini di genitori, suore, pedofili e lanciatori di sassi dai vari cavalcavia vengono lasciati circolare liberamente. I legali di “Avvocati Senza Frontiere” preannunciano ricorso alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, rilevando che nessun cittadino può venire condannato per avere difeso la sua proprietà privata, il cui diritto è tutelato dalla Costituzione.