Archivio Categoria: Toscana

RUBARE QUANDO SI HA FAME NON E' REATO. L'UNICO VERO CRIMINE E AFFAMARE GLI ANZIANI E CREARE LEGGI CHE PROTEGGONO CHI RUBA LE RISORSE PUBBLICHE

E’ stato definito da taluni il «Robin Hood degli anziani» da altri una sorta di «Santo protettore» dei vecchietti indigenti scoperti a “rubare” nei supermercati.
Quello che ci appare certo e inconfutabile è che l’azione che viene comunemente definita “rubare”, quando si ha fame non può venire sensatamente considerata da una Società civile (degna di questo nome) come reato.
E’ da ritenere invece tra i più  ignobili reati quello di affamare le persone e creare leggi che proteggono chi ruba le risorse pubbliche, anzichè tutelare gli anziani, assicurando loro una vecchiaia serena.
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LA STORIA
Si chiama Alessandro Maiorano è un semplice impiegato del Comune di Prato, città dove vive da 50 anni. Quando scopre che un vecchietto è stato sorpreso a rubare cibo nei supermercati di tutta Italia e magari è stato denunciato, si precipita a pagare la merce indebitamente sottratta. Unica condizione: rimanere anonimo.
DENUNCIATO PER DIFFAMAZIONE PER UN’EMAIL.
Peccato che l’anonimato sia stato bruscamente infranto a inizio dicembre quando Maiorano ha pensato bene di soccorrere un pensionato di 77 anni che aveva rubato una bistecca dal supermercato di Piove di Sacco, in provincia di Padova.
Pagato il conto di 24 euro, il «Santo», invece che un ringraziamento, si è visto recapitare una querela per diffamazione e una richiesta di risarcimento di 2 milioni di euro. Il sindaco del paese teatro del furto non ha infatti gradito la email con la quale Maiorano deprecava l’indifferenza dei servizi sociali verso gli anziani più deboli e ha scelto di citare in giudizio il benefattore.
IL SINDACO IN DIFESA DEI SERVIZI SOCIALI.
In ogni favola che si rispetti, del resto, l’eroe, per essere tale, deve avere un antagonista che ostacoli le sue prodezze.
In quella di Maiorano il ‘cattivo’ si chiama Alessandro Marcolin, sindaco di centrodestra a Piove di Sacco. Il primo cittadino sostiene che l’accusa di non occuparsi in modo corretto dei deboli della propria comunità sia immeritata: «Maiorano, oltre a scrivere ai giornali, ha invitato al sottoscritto un’email offensiva, ignorando due cose: primo che non si tratta di un anziano così indigente da dover rubare per fame e secondo che non vive a Piove, ma in provincia di Venezia. Mi sono consultato con gli assessori e si è deciso di chiedere 2 milioni di risarcimento danni per diffamazione subita».
Somma che, qualora fosse riconosciuta al Comune, sarebbe destinata al potenziamento dei servizi sociali.

La scelta di aiutare gli altri dopo due incontri con Benedetto XVI

L’opera di Maiorano è cominciata circa tre anni fa. La prima cosa che ha fatto è stata aiutare la Chiesa cattolica che lo aveva sostenuto quando la sua famiglia aveva subito un caso di stalking.
Dopo due incontri con Benedetto XVI, il «Santo» ha deciso di fare qualcosa per la collettività, in segno di riconoscenza per il bene ricevuto dalla Chiesa. E così ha concentrato la sua attenzione su una fascia, quella degli anziani indigenti, a lui molto cara.
«Vengo da una famiglia certo non agiata», ricorda Maiorano a Lettera43.it, «i miei genitori hanno conosciuto la fame. Ora che posso, cerco di aiutare gli altri. Non voglio farmi conoscere, ma solo far presente che lo Stato dovrebbe occuparsi delle situazioni più critiche».
Anche perché i vecchietti che rubano un po’ di cibo, che male fanno? «Hanno fame e per questo sono costretti all’umiliazione di rubare. Al supermercato l’anziano prende una scatoletta di tonno, una confezione di wurstel o al massimo una bistecca. Lo fa con discrezione, quasi con gentilezza. Non è il ladro professionista che ruba solo le merci più costose».
CONTRO QUERELA PER CALUNNIA. Per difendersi dalla denuncia del sindaco di Piove di Sacco, Maiorano ha dovuto usare le stesse armi e rispondere con una querela per calunnia.
«Nell’email che ho inviato a Marcolin non è riportata alcuna offesa personale: la mia lettera era solo un incitamento affinché, indipendentemente dal Comune di residenza dell’anziano, le istituzioni del Comune si attivassero in soccorso di un debole». E come risarcimento, il «Santo» ha chiesto 4 milioni di euro. Che ha promesso di devolvere alla Chiesa.
«Al di là di tutte le grane legali», commenta Maiorano, «la cosa che mi fa più rabbia è sentirmi come Zorro a cui hanno strappato la maschera. Adesso ho soggezione ad aiutare gli anziani in difficoltà: non mi piace essere riconosciuto come un benefattore. Preferisco agire nell’ombra e non conoscere le persone che ricevono il mio piccolo contributo anche perché infliggerei loro una seconda umiliazione».
BENEFETTORE SOTTO L’OCCHIO DEI MEDIA. Con l’attenzione dei media addosso, c’è da chiedersi infatti se il «Santo» di Prato ha intenzione di continuare a intervenire in difesa dei nonni costretti a rubare nei supermarket.
«Ho chiesto consiglio su questo punto a un amico sacerdote e la sua risposta è stata: ‘Se fai del bene, nessuno se ne accorge, ma tu continua a farlo lo stesso. E se qualcuno se ne accorge, porta pazienza’. La mia paura è di passare per megalomane o esibizionista, ma credo proprio che metterò da parte ogni timore e seguirò il saggio parere del mio amico prete».
Sabato, 24 Dicembre 2011

13.12.11 FIRENZE: MANIFESTAZIONE AVANTI AL TRIBUNALE CONTRO LA CORRUZIONE GIUDIZIARIA

DOMANI 13.12.2011 MANIFESTAZIONE DAVANTI AL TRIBUNALE DI FIRENZE
Dalle ore 9 alle 18
Tutte le vittime di malagiustizia e i cittadini onesti sono invitati a partecipare.
L’iniziativa parte da un gruppo di cittadini vittime di incredibili casi di corruzione giudiziaria, frodi processuali, infedele patrocinio e denegazione di giustizia, che sono state spogliate di tutti i loro beni dalla mafia delle aste e dei fallimenti.
Storie di persone laboriose le cui vite sono state distrutte da magistrati indegni, con la complicità di avvocati collusi, ufficiali giudiziari e forze dell’ordine.
Una realtà che accade qui di fronte ai nostri occhi tutti i giorni in ogni parte del Bel Paese e dell’Italia di banchieri e faccendieri.
Abbiamo scelto di partire dal Tribunale di Firenze dice Gizi Sannino uno dei promotori: “perché è la città dove operava l’ex giudice Sebastiano Puliga con la sua banda di professionisti che hanno rovinato tante famiglie fiorentine e hanno provocato gravi danni al tessuto economico di questa città. Ma come voi sapete, è una situazione che si verifica in tutto il territorio italiano”.
La serie di magistrati e politici contigui a mafia e ‘ndrangheta arrestati e condannati ultimamente dimostrano quanto sia necessario cambiare il volto non solo della classe politica ma anche della magistratura nei secoli asservita ai poteri dominanti e alla massoneria, affinché tutti i cittadini possano contare sua una giustizia vera e indipendente come quella che viene descritta nei codici e nella costituzione.
Ci ritroveremo, chiosano gli organizzatori, per chiedere alla magistratura che s’impegni a definire, mediante un vero giusto processo, quei tanti casi giudiziari che si trascinano lungamente nel tempo senza soluzione; ci ritroveremo per chiedere allo Stato di intervenire garantendo a tutti gli italiani una magistratura priva di padrini politici e interessi lobbistici, in modo che quei magistrati che non fanno il loro dovere siano tempestivamente allontanati e sostituiti.
Invitiamo i giornalisti indipendenti a dare notizia della manifestazione in modo che le cose cambino per il bene di tutti, perché i nostri uffici giudiziari siano rappresentati da una magistratura efficiente e meritevole.
Bisogna occupare le piazze di tutti i tribunali d’Italia per fare sentire la voce di chi e’ calpestato da questa giustizia massonico-mafiosa delle cricche che soffocano la democrazia e la crescita del ns. Paese

SOSTENIAMO BRUNO FALZEA VITTIMA DELLA MAFIA DELLE ASTE

Un’altra vergogna all’italiana… Un onesto cittadino rischia di vedere venduta all’asta la sua casa poichè, dopo 8 anni di causa giudiziaria, viene coinvolto nel fallimento della società costruttrice nonostante avesse già pagato l’intera somma d’acquisto. Da oltre 20 anni porta avanti interminabili vertenze legali, dove sembra scontrarsi contro un… gigantesco muro di gomma composto da un losco intreccio di politica, organi di giustizia, massoneria e quant’altro…
In particolar modo il Comune di Grosseto, a partire dal 1991, si è reso più volte complice, di varie imprese edili, nel truffare ripetutamente circa 400 famiglie (nella sola zona p.e.e.p. dell’Alberino) assegnatarie di alloggi popolari, e continua tuttora a commettere gravissime illiceità.
Per conoscere dettagliatamente la storia e per ogni altro specifico argomento è disponibile il sito:  www.brunofalzea.it
Divulghiamo questa grottesca vicenda nell’intento, quantomeno, di portarla a conoscenza del maggior numero possibile di persone.
http://www.facebook.com/messages/?action=read&tid=id.283496051693741#!/groups/103101053071055/

MINACCE DI MORTE ALL'ATTIVISTA ROM MARCELLO ZUINISI. EVERYONE: "LE AUTORITÀ LO PROTEGGANO"

“Nel pomeriggio di ieri, mercoledì 28 settembre, Marcello Zuinisi, fondatore dell’associazione Nazione Rom, attivista e osservatore per il Consiglio d’Europa sulla condizione dei Rom in Italia, ha ricevuto due telefonate da utenze private che lo minacciavano di morte”. Lo denunciano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti dell’organizzazione umanitaria EveryOne. “Nel corso delle telefonate,” ha spiegato Zuinisi agli attivisti del Gruppo EveryOne e all’autorità giudiziaria, “si faceva riferimento alla vicenda di cui mi sto occupando in questi giorni, ovvero dell’insediamento Rom di Turano, fazione del comune di Massa, e della sensibilizzazione dei cittadini residenti e delle istituzioni locali sulla condizione di marginalità che i Rom stanno attraversando”. Nelle telefonate, infatti, due diverse voci dicevano “Zuinisi, se vieni a Turano ti ammazziamo” e “Sappiamo bene dove abiti”.
“Chiediamo alle autorità di polizia di avviare un’immediata indagine e di fornire adeguata protezione all’attivista, che nei giorni scorsi ha portato il suo contributo quale esperto italiano sui Rom al Summit del Consiglio d’Europa su Strategia per l’Inclusione Sociale dei Rom” concludono Malini, Pegoraro e Picciau. EveryOne ha chiesto inoltre l’interessamento nella vicenda di Marcello Zuinisi, oltre che del Ministero dell’Interno italiano, di Front Line, organizzazione internazionale per la tutela dei difensori dei diritti umani a rischio di vita nel mondo, e di Margaret Sekaggya, Special Rapporteur ONU sulla condizione dei difensori dei diritti umani.

Per ulteriori informazioni:
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Prato: sgomberata una profuga anziana Rom. Appello all'Ue per fermare la persecuzione e risarcire le vittime

Rom. Sgomberata una profuga anziana a Prato. Appello all’Ue per fermare la persecuzione e risarcire le vittime


Firenze, 14 maggio 2011. Proseguono gli sgomberi di famiglie Rom in tutta Italia. A Roma l’evacuazione dell’acquedotto della Magliana, avvenuto la mattina del 9 maggio, senza alternative di accoglienza, ha messo in emergenza umanitaria alcuni nuclei familiari. A Milano le operazioni contro l’insediiamento di piazza Lugano hanno costretto cinque famiglie Rom romene a un esodo drammatico, trattandosi di persone in povertà estrema e in condizioni di salute precarie. Ieri, 13 aprile, è toccato a una famiglia Rom di Prato. “E’ un caso davvero straziante,” commentano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti del Gruppo EveryOne, “perché si tratta di un nucleo familiare bisognoso di attenzioni umanitarie, un nucleo già conosciuto alle istituzioni internazionali e alle organizzazioni umanitarie locali, specie Opera Nomadi Toscana, che segue da vicino questa famiglia già colpita da tante sofferenze. La donna più anziana, Duja  Ahmetovic, 65 anni, è profuga dalla Bosnia, perseguitata e sfuggita ai bombardamenti degli anni ’90. Ha perso durante quei terribili conflitti parenti e amici, fra i quali numerosi bambini. E’ malata e necessita di assistenza sia per la sua salute precaria che per l’età avanzata. I Rom in Italia hanno una vita media di 40 anni e Duja, a causa della vita difficile e delle condizioni di povertà in cui versa, è fisicamente assai più anziana rispetto all’età anagrafica”. Il Gruppo EveryOne ha scritto una lettera alle istituzioni italiane e internazionali, illustrando nei dettagli la tragedia che ogni sgombero comporta e chiedendo che si decreti l’interruzione di questa barbarie verso le famiglie più vulnerabili: “Gli sgomberi sono azioni disumane, già condannate dall’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, dalla Commissione europea e dal Consiglio del’Ue,” scrive EveryOne. “Oltre 200 mila esseri umani, più della metà bambini, sono stati colpiti dal 2007 a oggi da questa forma moderna di pulizia etnica, anche in pieno inverno, anche quando le persone evacuate erano sofferenti di tumori maligni e gravi cardiopatie, anche quando le donne erano incinte o portavano in braccio bimbi di pochi giorni. In seguito agli sgomberi, numerosi bambini e malati sono morti, mentre di altri si sono perse le tracce. Di fatto, se i Rom in Italia erano 180 mila nel 2007, oggi ne restano meno di 40 mila e sono i numeri di un’espulsione di massa che si è posta contro tutte le leggi che tutelano i popoli. Purtroppo in Italia i Rom vengono perseguitati tanto dalle amministrazioni di centro-destra che da quelle di centro sinistra e i politici fanno regolarmente campagna elettorale promettendo di sgomberare e cacciare dalle città le famiglie Rom e Sinte. Chiediamo alle autorità dello Stato italiano che ancora non si sono lasciate travolgere dalla deriva intollerante, e soprattutto al Presidente della Camera Gianfranco Fini, di istituire una commissione per valutare le conseguenze degli sgomberi e porre fine ad essi con strumenti giuridici moderni ed efficaci, in linea con le leggi dell’Ue e gli accordi sottoscritti con le Nazioni Unite. Contemporaneamente, chiediamo al Commissario europeo per i Diritti Umani Thomas Hammarberg, cui abbiamo chiesto ripetutamente di venire a verificare la persecuzione dei Rom in Italia e che finalmente è in procinto di visitare gli ultimi insediamenti Rom a Milano e Roma, di attivare azioni con valore giuridico per impedire che questa spietata repressione di esseri umani socialmente esclusi e perseguitati prosegua nell’indifferenza. E’ vitale interromperla e raccogliere da parte dei Rom stessi testimonianze relative al gravissimo pregiudizio che gli sgomberi e la repressione hanno recato al  loro popolo, quantificando il numero delle vittime e la conseguenza socio-sanitaria sofferta dagli individui sgomberati, in vista delle dovute scuse, dei dovuti risarcimenti e soprattutto della fine di una persecuzione etnica che è durata già troppo”.

LIBERIAMO EVA POLLAK! TSO E RICOVERI GIUDIZIARI PSICHIATRICI=GIUSTIZIA CRIMINALE

 
LIBERIAMO EVA POLLAK!
TSO E RICOVERI GIUDIZIARI PSICHIATRICI=GIUSTIZIA CRIMINALE
di Pietro Palau Giovannetti (Presidente Avvocati senza Frontiere)
 
Ho avuto modo di conoscere personalmente la Dr.ssa Eva Pollak qualche mese fa Roma, insieme alla Sen. Francesca Scopelliti, moglie di Enzo Tortora, in occasione del 1° Convegno Nazionale sulla malagiustizia vissuta dai cittadini, promosso da un Comitato Spontaneo, patrocinato dalla Camera di Giustizia di Napoli, Camera di Giustizia Europea, Fondazione Internazionale per la Giustizia Enzo Tortora e Avvocati senza Frontiere.
Eva, oltre ad essere tra i promotori del Comitato Spontaneo di cittadini era tra i relatori, e posso dire che ha dimostrato grande lucidità e competenza nell’illustrare il suo grave caso, denunciando le sue difficoltà nei confronti dei magistrati di Pistoia che, a scopo ritorsivo, per metterla a tacere, l’hanno dichiarata totalmente incapace di intendere e volere.
Ma la furia della nuova inquisizione giudiziaria è andata ben oltre, assumendo che Eva sarebbe anche pericolosa alla società e delirante, ordinando il suo ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario (OPG) e l’immediato trattamento sanitario obbligatorio (TSO) in base ad una perizia psichiatrica disposta, senza effettuare alcuna visita, dal Giudice di Pace di Pistoia, avv. Chiara Guazzelli.  
L’allarmante caso della Dr.ssa Eva Pollak, laureatasi a Firenze, che ci riporta ai tempi più bui del medio-evo e alle prassi dei regimi totalitari dell’Est nei confronti di dissidenti e intellettuali, non nasce da una sofferenza psichica o da atti anomali e sconsiderati, salvo non considerare “socialmente pericoloso” denunciare la corruzione giudiziaria… 
Nasce, bensì, da un banale processo per il preteso reato di diffamazione asseritamente commesso in danno di un dottore commercialista, più volte arrestato, e di un giudice tributario, oltre che del loro difensore, denunciati dalla Dr.ssa Pollak. 
L’insofferenza alle ripetute denunce di una persona perfettamente sana di mente ha così portato le istituzioni malate e incapaci di curarsi (loro si!) a sbarazzarsene, attraverso  uno strumentale ricovero coattivo in un OPG, noti lager, dove spesso si impazzisce veramente e si muore, come il povero Francesco Mastrogiovanni e tanti altri casi da noi denunciati.
Che si tratti dell’ennesimo abuso giudiziario, aggravato dalla violenza istituzionale della carcerazione e della psichiatrizzazione, oltre che da quanto personalmente denunciato dalla vittima di tali disumani e persecutori trattamenti, lo testimoniano le stesse fasi da cui è scandita l’allucinante odissea della Dr.ssa Eva Pollak.   
Nel 2009, il Questore di Pistoia emise arbitrariamente un «foglio di via», ritenendo Eva responsabile di una serie di reati ideologici, a carico di magistrati di Pistoia, per i quali non risultava neppure iscritta nel Registro degli indagati o le relative denunce erano state archiviate dalla Procura di Genova per manifesta infondatezza delle notizie di reato.
La manovra del Questore, come denuncia la stessa Eva, sarebbe servita ad impedirle di accedere agli uffici giudiziari pistoiesi e di consentirle di continuare a difendersi nei molteplici processi pendenti avanti il locale tribunale.
In data 23.9.10, Eva è arrestata dai Carabinieri di Pistoia che l’accusano di non avere autorizzazione per accedere a Pistoia e partecipare all’udienza. L’illegale arresto viene confermato anche se Eva ne era in possesso (P.M. Dell’Anno – GIP Zanobini).
Non paghi di ciò, secondo una tecnica diffusa nei confronti dei dissidenti, Eva viene anche accusata falsamente di aver usato violenza in danno dei carabinieri, mentre fu solo lei a subirla, come dimostra il certificato medico che riporta varie contusioni.
Il mio ricovero denuncia Eva serve anche allo Stato Italiano che così non dovrà spiegare alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo il perché delle reiterate violazioni dei suoi diritti fondamentali.
Il metodo usato nei miei confronti, prosegue Eva, ricalca esattamente quello dei nazisti, conosciuto come programma «Aktion T4», studiato per sterminare le persone scomode. “Sono una madre di famiglia. Nel mio paese d’origine ero agente della guardia di finanza. Nei 20 anni di “pazzia” che mi è stata attribuita, mi sono laureata in economia e commercio a Firenze, ho completato corsi professionali di prestigio, ho lavorato presso una società multinazionale, e fino al 2008, ero scrutatrice nei seggi elettorali.
Ora la mia famiglia è stata ridotta alla fame, privata di lavoro, casa e di qualsiasi mezzo di sopravvivenza e oltre tutto mi sono state pure tolte la mia stessa dignità e libertà.
Lascio un figlio completamente da solo, con gravi problemi di salute il quale, nella mia assenza, sarà sfrattato dall’amministrazione comunale da me reiteratamente denunciata. Sono venuta in Italia 32 anni fa, seguendo mio marito italiano, ma non avrei mai creduto che potessi venire defraudata di tutto, senza trovare alcuna tutela da parte della magistratura a cui mi ero fiduciosamente affidata per la tutela dei miei più elementari diritti, venendo invece perseguita e trattata senza alcuna umanità.
Il Giudice di Pace di Pistoia, ha creato un precedente giudiziario terribile: ogni persona accusata del reato di diffamazione può finire in OPG dove finiscono i peggiori delinquenti, basta che il giudice la consideri pericolosa e colpita di patologia mentale,”.
Chi avrà la pazienza, conclude nel toccante appello, di leggere la sua storia è pregato di diffonderla sui blog e in Rete perché solo così potremo indurre i poteri corrotti che ci governano all’autoriforma.
“Ringrazio pubblicamente a TUTTI quelli che mi hanno appoggiata e sostenuta in questo momento molto particolare. I magistrati hanno in mano una perizia che mi considera pericolosa anche per me stessa che giustificherebbe qualsiasi omicidio che potrebbe essere mascherato e fatto passare per “suicidio”. Dichiaro PUBBLICAMENTE che NON ho alcuna intenzione di SUICIDARMI né di ora né nel futuro”.
Il dramma di Eva si sta consumando nel totale silenzio dei media e delle Istituzioni a cui da anni sono state rivolti ripetuti appelli e denunce (tra cui la Commissione di Giustizia della Camera e del Senato).
Per contatti:

La Toscana nella rete dell’usura Livorno e Pistoia peggio di Crotone

La Toscana nella rete dell’usura Livorno e Pistoia peggio di Crotone

7.01.2011

La Repubblica di Firenze, di Riccardo Bianchi

Ben 12 operazioni nel 2009 e 40 indagati, dietro solo ad alcune regioni del sud Italia e alla Lombardia. Livorno e Pistoia davanti a Crotone e Trapani per percentuale di attività schiacciate dagli strozzini in rapporto al totale degli esercizi commerciali. Ottomila commercianti coinvolti in un rapporto usurario, pari al 10,6% sul totale degli attivi. È una Toscana poco felix quella che esce dal rapporto 2010 di Sos-Impresa, l’associazione antiracket della Confesercenti. In quasi tutte le province della regione emerge un aumento dei casi, un radicamento del fenomeno. “Le situazioni peggiori riguardano le località turistiche, come la costa e le isole livornesi, la Versilia e Montecatini Terme, oltre a tutto il territorio del tessile pratese” conferma Lino Busà, presidente nazionale di Sos-impresa. Non a caso Pistoia è dodicesima su cento nella classifica delle province con il più alto indice economico-finanziario di rischio usura, calcolato prendendo in considerazione i fallimenti, i protesti bancari, i pignoramenti e altri fattori, Prato quattordicesima, Lucca ventiduesima, mentre Pisa, Firenze e Livorno stanno tra il trentunesimo e il trentaquattresimo posto. Siracusa, in compenso, è sessantaquattresima.

“La Toscana è ricca ed è un’ottima preda per gli usurai”, ammette Busà: “Qui gli strozzini sono di due tipi: gruppi mafiosi intenzionati a riciclare denaro sporco e soggetti locali, conosciuti e magari a loro volta usurati”. A rivolgersi a questi soggetti sono spesso piccoli imprenditori “persone di età matura che non sanno riconvertirsi col mercato che cambia, che sono legati all’attività e provano a salvarla a tutti i costi” continua il presidente di Sos-impresa. Si rivolgono alle banche, poi alle finanziarie per pagare i debiti con le banche, poi ad amici e parenti, infine ai cravattari. “E’ un percorso che sembra gestibile, ma non lo è”.

Negli ultimi anni si sono susseguite le operazioni, finite anche sulle prime pagine dei giornali. In Versilia nel 2008 era attivo il clan Saetta, famiglia legata ai Giuliano, che la direzione distrettuale antimafia di Firenze guidata dal pm Pietro Suchan ha accusato di usura, riciclaggio, traffico di stupefacenti, gioco d’azzardo e altro ancora. A Montecatini operavano i Formicola, altro gruppo legato alla camorra e in possesso di numerosi alberghi, per cui sono state emesse 40 ordinanze di custodia cautelare. A Prato nel 2009 è stato sgominato il clan dei Terracciano, che aveva messo le mani su molti locali a luci rosse. Lì organizzava la prostituzione, prestava soldi a un tasso anche del 1.000%, con gli sgherri che minacciavano e aggredivano i debitori. “I night sono il posto ideale per questi gruppi – ammette Busà – e la speculazione immobiliare è il loro pane quotidiano”.

Tutti i dati del rapporto, però, non fanno ancora i conti con la crisi economica, perché tra l’inizio dell’usura e la denuncia passano almeno due anni: “Quando la banca mi protesta, è la fine della mia impresa – conferma Busà – perciò la paura mi spinge a rivolgermi a tutti. Dopo di cui scatta la vergogna per essere incapace di sfuggire alla morsa degli strozzini. Nei prossimi anni ci sarà sicuramente un boom delle denunce. Anche se i tempi lunghi della giustizia, l’alto tasso di prescrizioni e le pene leggere non spingono le vittime a denunciare”.

MARCELLO LONZI. MORTO IN CARCERE CON 8 COSTOLE ROTTE E 2 BUCHI IN TESTA PER UN INFARTO

La pena di morte è stata abolita dalla Costituzione nel 1948. In carcere muoiono però ogni anno più di 100 detenuti in circostanze misteriose. Ad esempio un ragazzo può morire di infarto a Livorno, lo dice il medico del carcere, con otto costole rotte, due denti spezzati, due buchi in testa, mandibola, sterno e polso fratturati. Di infarto, non a causa di un pestaggio. Marcello Lonzi, un ragazzo, era stato condannato per tentato furto, nove mesi di reclusione. Sua madre vuole la verità e le scuse dallo Stato che avrebbe dovuto vigilare sulla vita di suo figlio.

Intervista a Maria Ciuffi, mamma di Marcello Lonzi.

Otto costole rotte, due buchi in testa per un infarto.
“Sono Maria Ciuffi, la mamma di Marcello Lonzi, morto l’11 luglio 2003 nel carcere Le Sughere a Livorno. Fu arrestato per tentato furto, nove mesi di reclusione, dopo quattro mesi mio figlio muore. Nessuno mi avverte, non vengo avvertita né dai Carabinieri né dalla Polizia, ma soltanto da una zia il giorno 12 alle 13: 20, quando mi vengono a avvertire a casa, dicendo che mio figlio è morto. Io ho detto “ E’ impossibile, sarà un errore!”,corro al carcere e dopo un’ora e mezzo – ricordo benissimo – sotto il sole mi vengono a dire che mio figlio non c’era, ma che gli stavano già facendo l’autopsia. Naturalmente non ero in me con la testa, ero in confusione e non ho mai pensato, in quel momento, di mettere un perito di parte. A settembre rientra il Pubblico Ministero che aveva svolto le indagini e mi dicono che è morto d’infarto, però quando l’ho visto il giorno 13 nella bara quello che non mi è.. quelli che mi sono apparsi subito all’occhio sono stati i tre segni che lui aveva sul volto e i tre segni erano molto profondi. Poi degli amici gli hanno voluto mettere una bandana, una fascia alla fronte e lì ci siamo accorti che lui aveva un buco, perché il dito è penetrato dentro. Aspetto settembre /ottobre, se mi danno un po’ di risposte, il magistrato è il dott. Roberto Pennisi e lui continua a dirmi che è morto d’infarto o è morto da stress, come c’era scritto sulla perizia. Nel 2004 viene archiviato tutto con morte per cause naturali: ora io, in possesso della perizia, dove leggo che ci sono due costole rotte, una mandibola fratturata (sinistra), lo sterno fratturato, un’escoriazione a V, insomma, morte per arresto cardiaco, per infarto, mi sembra strano. Comunque viene archiviato il 10 dicembre, allora avevo l’avvocato Vittorio Trupiano di Napoli, a quel punto mi dice “Guarda, Maria, non c’è da fare niente, l’unica cosa che si può fare per fare riaprire il caso è che, se tu vuoi, però rischi, devi denunciare un magistrato o a Bologna, o a Firenze, o a Genova”. Niente, vado a Genova, presento denuncia al magistrato Pennisi, dopo quattro mesi circa vengo chiamata a Genova e il dott. Fenizia di Genova archivia la denuncia al magistrato Pennisi, ma fa riaprire il caso alla Procura di Livorno, dicendo che, basandosi sulle foto, che facciano ulteriori indagini, perché c’è qualcosa che non torna.
Nel 2006 viene riesumata la salma di mio figlio e si scopre che le costole non sono più due, ma bensì otto e che non c’è solo un buco in testa, ma ce ne sono due, di cui uno profondo fino all’osso e addirittura ci trovano attaccata la vernice blu scura della cella. Si trova anche il polso sinistro fratturato, di cui il primo medico legale Alessandro Bassi Luciani non aveva parlato. A questo punto, parlando con l’avvocato, dice “Qui c’è qualcosa che non torna, queste sono botte”, perché dalle foto si capisce che sono botte, però quello che ho notato è che hanno riarchiviato adesso, nel 2010 a insaputa nostra.Io ero stata convocata per il 25 maggio e invece il 19 vengo chiamata addirittura dai giornalisti di Livorno, che mi dicono: “Signora Ciuffi, il Procuratore capo Francesco De Leo ha chiesto l’archiviazione” Io dico: “ E’ impossibile, perché sono stata convocata per il giorno 25 dal dott. Giaconi, quello che sta svolgendo le indagini”, invece purtroppo era così.
Una mamma sola contro lo Stato.
Tutto questo perché? Perché il mio medico legale pensava che io arrivassi al processo e invece il processo non l’ho mai avuto, sono sette anni quest’anno che non ho mai avuto un processo e le due archiviazioni sono state fatte.. io, l’avvocato e lo stesso G.I.P., Rinaldo Merani, che è lo stesso del 2004 e del 2010. Anche questo mi sono chiesta: se dovevano rimettere lui, non lo so. Diciamo. Però penso che, guardando le foto anche il più imbecille, come sono io, che non sono nessuno, vede che mio figlio è stato picchiato. Oltretutto ho dovuto cercare un medico legale a Genova, perché in Toscana nessuno mi avrebbe aiutato, perché mi sono rivolta a uno e mi è stato riferito “Signora Ciuffi, si cerchi un medico legale fuori dalla Toscana, perché in Toscana non l’aiuterà nessuno”. Di Livorno dicono che è una città rossa, di comunisti, di.. così, perché praticamente abito a Pisa, però sono cresciuta a Livorno, mi sono sposata a Livorno, ho partorito a Livorno, mi sono separata a Livorno, ho fatto tutto a Livorno e credevo che i livornesi, proprio la gente di Livorno fosse diversa. Io invece ho avuto un aiuto e un risalto più da un centro sociale, altrimenti non se ne parlava. Ho fatto lo sciopero della fame per avere giustizia, per chiedere, per sapere perché mio figlio è morto e penso che io non abbia chiesto poi granché, perché in fondo credo che ogni mamma abbia diritto di sapere come è morto il proprio figlio. Ora sono arrivata a un punto che sinceramente non ce la faccio più e sono in Cassazione. Perché è dal 3 giugno che è stata depositata in Cassazione a Roma e ancora la sentenza non è stata emessa. Non mi aspetto granché, come mi ha detto l’avvocato. A quel punto ricorrerò a Strasburgo, però tutto quello che mi fa un po’ rabbia è che mio figlio non era un santo, l’ho sempre detto, era la prima volta che veniva arrestato e andava in carcere, poi te lo danno, te lo vedi chiuso in una bara tutto spaccato e ti devono prendere in giro, perché io penso che la Giustizia mi abbia preso in giro dicendo che è morto d’infarto. Io sono del parere che se sbaglio è giusto che paghi, come ha sbagliato mio figlio, e pagava, devono pagare anche gli altri, chi ha sbagliato, chi l’ha picchiato o perlomeno anche chi ha cercato di insabbiare tutte queste cose, perché per me hanno voluto insabbiare. La Procura di Livorno ha voluto insabbiare e queste sono cose che io ho detto in faccia sia al Procuratore che al G.I.P. che ha archiviato. C’era un compagno di cella che ha dichiarato “Io dormivo, quando ho sentito un tonfo in terra” e poi invece quando è uscito dal carcere.. perché c’è da premettere una cosa: il compagno di cella era entrato in carcere da dieci giorni, dopo la morte di mio figlio ha preso subito due giorni di permesso premio. Questo ragazzo, il compagno di cella, non aveva un livido, non aveva niente. Bene, l’ho incontrato fuori e invece mi ha detto “Io non c’ero, io ero a fare la doccia”. Dalle testimonianze che ho letto di 1.600 interrogatori dei detenuti e guardie, ma più che altro io e l’avvocato ci siamo basati sui detenuti, risultano due detenuti che dicono.., “Abbiamo visto il Lonzi prendersi con un appuntato”, l’appuntato gli ha detto “Stai buono”. Insomma si sono un po’ presi a parole, dicono “Poi il pomeriggio alle tre ci hanno chiuso blindati e si sentiva correre su e giù voci sconosciute, la mattina dopo del giorno dopo ci hanno detto che Marcello era morto”. Sui verbali scritti invece risultano contraffatti, perché si vede che sono ritoccati con la penna negli orari delle guardie che erano in servizio, l’orario della morte (hanno messo le 20: 20 e poi le 0.00 , poi le 20).. insomma ancora devo sapere se mio figlio è morto nel pomeriggio alle tre e mezzo, come hanno dichiarato alcuni detenuti, ed è agli atti, o se mio figlio veramente è morto alle 20:14, ancora non lo so.

Per ottenere giustizia occorrono i soldi.
Quello che so è che non c’era il dottore, anche se il carcere insiste a dire che c’era il medico, perché la dottoressa del 118 dichiara “Io sono entrata, mi sono avvicinata e purtroppo dal corpo già viola, già.. ho capito che questo ragazzo era morto”. Dopo si accosta un signore, lo tocca e dice, questa dottoressa del 118 “Quello che mi ha colpito di questo signore è che lo toccava senza guanti, allora mi sono permessa di chiedere chi era e lui mi dice: “Sono il medico del carcere””.Perciò era entrato con la macchina nel frattempo che entrava il 118. Anche lì allora perché hanno messo.. il medico, dott. Orlando, è corso subito, quando invece il medico in quel momento non era presente in carcere? Ci sono tanti perché, io mi sono permessa di dire al magistrato “Perché non indaga per mancato soccorso, poiché non c’era il medico? Perché non indaga il medico legale che ha scritto “ due costole rotte” e dopo ne sono venute fuori otto, dopo sono venuti fuori due buchi, anziché uno? Perché non ha scritto che c’aveva un’escoriazione a V, due denti rotti?”. Mi è stato risposto “Signora, è una svista” e allora se queste sono tutte sviste non lo so, non so più che cosa devo fare. Praticamente non ho avuto aiuto da nessuno: sì, ci fu all’inizio l’interrogatorio di Giancarlo.. di Pisapia, però poi è morto tutto lì. Ho bussato a mille porte, questo lo posso dire, però ho trovato tutti i cancelli chiusi. Ogni anno vado alle Sughere di Livorno. Ogni anno l’11 luglio porto un mazzo di fiori al carcere, lo metto fuori dal cancello, mi guardano con il sorriso, sto un pochino lì e poi me ne vado, perché mio figlio.. poi dopo vado anche al cimitero, però mio figlio è morto lì e io ogni anno vado lì. Non sono andata quest’anno, dico la verità, perché non mi aspettavo una seconda archiviazione. Tutte e due le volte, ripeto, sono stata chiamata in una stanzina con l’avvocato e questo G.I.P., che mi ha detto “Si archivia per morte naturale” nel 2004, e nel 2010 “Si archivia per un forte infarto”, io invece voglio un processo, credo sia un mio diritto avere un processo vero e proprio. Poi non so se sbaglio, ma non credo.
Ci sono delle persone che mi hanno scritto, anche dei detenuti di Opera mi hanno scritto dicendo “Ma come mai si parla tanto del caso Cucchi, quando di Marcello Lonzi non si parla?”, io ho risposto “Non so che dire, ditelo a quelli della tv”. L’unica cosa che posso dire della tv è che Maurizio Costanzo mi chiamò in diretta di mattina, allora faceva il programma mattiniero, e mise le foto proprio alle ore 10: 00 /10 : 30, le pubblicò in televisione e lui e il professor Relli mi ricordo che dissero: “Non si muore d’infarto conciati in quella maniera , è giusto che la mamma abbia una riesumazione della salma”, però anche quello è stato fatto tutto a spese mie e questo ci tengo a dichiararlo, perché alcune persone hanno detto “Ah, ma queste non le ha pagate la Procura?”. No! Le spese dei medici legali le ho pagate io, come tutto il resto. E posso ringraziare tanti giovani che mi hanno aiutato a pagarle, perché sinceramente in sette anni adesso mi sono venduta tutto quello che avevo, non ho più niente. Io faccio fatica anche a tirare avanti giornalmente, nonostante vada a pulire le scale e mi dia da fare non ci riesco più, perché ogni volta che la Procura faceva una perizia io ne dovevo controbattere un’altra, sono state fatte quattro o cinque perizie e ho dovuto far fare quattro o cinque perizie anch’io dal mio medico legale. Poi una volta veniva chiamato a Livorno, 550 Euro anche lì, perché la Procura ci voleva parlare: sono cose che penso che i giudici.. se ne rendono conto i magistrati di che cosa sta succedendo, quando muore un figlio o muore una persona in carcere, però noi genitori, non sono tanto le spese, quanto che dici: “Ho speso tutto, però arrivo a dire una sola parola: è vero, Marcello Lonzi è stato picchiato”, basta. No, invece la presa in giro, sentendomi dire ancoraSuo figlio è morto di un grande infarto”.. mio figlio non ha mai sofferto di cuore, questo è risultato agli atti: il cuore l’aveva molto sano, stava bene, era un ragazzo che faceva ginnastica e che correva, era un ragazzo che giocava a pallone. Proprio in carcere mi va a morire? No, non ci credo!
Se qualcuno mi volesse aiutare il mio numero di conto corrente Banco Posta è 66865767, intestato a Ciuffi Maria.

Grazie infinite per quello che farete.
Fonte: www.beppegrillo.it/2011/01/marcello_lonzi/index.html?s=n2011-01-06

LA LUNGA MANO DEI NUOVI MASSONI SULLA TOSCANA

La lunga mano dei nuovi massoni sulla Toscana 

Quattordici indagati in Toscana: tra questi l´ex capo di gabinetto di Matteoli, ex piduisti, vari esponenti dell´Udc
di Franca Selvatici

“Senti bello, siamo per l´impianto di Rosignano, non per Livorno”

L´imprenditore in cerca di entrature per i suoi affari si rivolge al fratello massone, che contatta il referente politico. E´ questo il rapporto fra impresa e politica che emerge dall´inchiesta del pm di Potenza Henry John Woodcock. Un´inchiesta che investe frontalmente la Toscana, dove risultano avere la loro sede principale la Gran Loggia Unita Tradizionale (Glut) e il Grande Oriente Universale (Gou), ambedue estranee alla massoneria ufficiale. E in Toscana vivono 14 delle 24 persone perquisite su ordine della procura di Potenza, che ipotizza a loro carico la associazione a delinquere allo scopo di sollecitare favori politici e di interferire nelle decisioni di organi costituzionali e di amministrazioni pubbliche, attraverso la costituzione di associazioni segrete vietate dalla Costituzione.
«Senti, bello. Dicevo una cosa: noi, per prendere posizione, in questo momento contraria, se è possibile… su, all´Olt, lì a Livorno… ci sono le motivazioni tecniche giuste per fare una presa di posizione contraria dell´impianto qui a Livorno?». Oggetto della conversazione, intercettata il 15 gennaio 2007, è il rigassificatore che dovrebbe essere realizzato al largo di Livorno da Endesa, Amga, Olt Energy e Asa Livorno. A formulare la domanda è Giampiero Del Gamba, ex Dc, ex segretario personale del ministro Bisaglia, tessera P2 numero 2147, attualmente esponente della Udc e suocero di Piero Di Francesco, segretario provinciale livornese del partito di Lorenzo Cesa che ieri ha inviato in città il commissario ad acta Luca Marconi. L´interlocutore di Del Gamba, nella telefonata intercettata, è Paolo Togni, già capo di gabinetto del ministro dell´ambiente Altero Matteoli (An), vicepresidente della Sogin (società di gestione degli impianti nucleari), e già presidente della filiale italiana della Waste Management, colosso in smaltimento di rifiuti e produzione di energia.
Del Gamba chiede a Togni se è possibile trovare «le motivazioni tecniche giuste» per osteggiare il rigassificatore di Livorno. Togni risponde: «Le troviamo… mi risulta un po´ difficile perché (ride) l´ho fatto approvare io… però…». «E´ possibile?», chiede Del Gamba. Togni: «E´ possibile, è possibile, non ti preoccupare! E´ possibile far tutto!». Del Gamba chiarisce: «Perché noi dobbiamo essere a favore di quello di Rosignano e andare nel c. a quello di Livorno». Togni chiede: «Ti sei messo d´accordo con Altero per prendere questa posizione?». «No», risponde Del Gamba. «Maiale», commenta Togni.
Del Gamba, come suo genero Di Francesco, come Togni, è ora indagato nell´inchiesta del pm di Potenza Henry John Woodcock. Del Gamba è ritenuto uno dei promotori delle logge massoniche che l´accusa ritiene coperte e dedite agli «intrallazzi», per ammissione di alcuni aderenti. Gli altri presunti promotori sono Mauro Lazzeri, Gran maestro del Grande Oriente Universale (Gou), nonché esponente della Udc livornese, gli imprenditori Mariano Gangemi e Gionata Bertuccelli, l´ingegner Luigi Piazza, espulso anni fa dal Grande Oriente d´Italia e fondatore della Gran Loggia Unita Tradizionale (Glut), e Veio Torcigliani, maestro venerabile della loggia Liburnia. Illustri interlocutori degli attivissimi fratelli non riconosciuti dalla massoneria ufficiale risultano essere l´ex onorevole dc Emo Danesi, tessera 1916 della Loggia P2, amico di Chicchi Pacini Battaglia, con cui fu arrestato nel ´96, e divenuto celebre per una frase all´epoca intercettata («Il tuo amico è una fava lessa»), e il generale dei carabinieri Carlo Mori, che i fratelli del Gou vorrebbero affiliare «all´orecchio», cioè all´insaputa degli altri adepti. Gli altri quattro toscani perquisiti sono Andrea Sirabella, forzista, già assessore della comunità montana dell´Elba, Tiziana Giudicelli, ex consigliere comunale azzurra di Portoferraio, l´imprenditore Arimeno Sevignano e l´ex sottufficiale dei carabinieri Ugo Rosi.
Dalle intercettazioni – scrive il pm Woodcock – emerge «una inquietante commistione fra massoneria, affari, politica e apparati pubblici di ogni genere e specie». Uno degli indagati parla della loggia come di «un comitato d´affari e di intrallazzi». Lazzeri è sempre disponibile ad aiutare i fratelli contattando i suoi amici politici, ma poi – si confidano due imprenditori affiliati alla sua loggia – chiede «il ritorno al partito». Cioè il pizzo, commenta l´altro. E in altra circostanza, avendo ben chiaro il quadro, dopo aver chiesto aiuto a Lazzeri per ottenere una concessione per lo sfruttamento di una sorgente nel Parco dell´Orecchiella, in Garfagnana, l´imprenditore affiliato specifica: «Digli al politico che chiaramente, è ovvio, nel giochino c´è anche lui, è normale che funzioni così».

Postato: 6 giugno 2007

PRATO. PENE RIDICOLE E PROCEDIMENTI INSABBIATI PER I MAXI-EVASORI FISCALI E GLI IMMOBILIARISTI MASSONI

Contestata dall’Agenzia delle Entrate all’Immobiliare Agbi il mancato versamento di venti milioni di euro.  Procedimento tributario insabbiato e un solo anno di reclusione con pena sospesa e indultata.

Condanna veramente mite tenuto conto della gravità del reato di frode fiscale. In specie se paragonata alla pena che possono ricevere un giornalista e l’Editore che hanno il coraggio di pubblicare notizie che riguardano poteri occulti, società finanziarie, palazzinari, faccendieri massoni e magistrati che ne favoriscono le illecite attività.  

E’ questo il caso de Danilo Pieri, ex amministratore della Agbi e liquidatore dell’Immobiliare Montana, società controllata dal Gruppo finanziario Castelfalfi, proprietaria dello splendido omonimo borgo nel comune di Montaione, ceduto dal noto faccendiere milanese Virginio Battanta alla multinazionale tedesca Touristik Union International. Operazione quest’ultima stranamente non è entrata nelle carte del procedimento davanti alla Commissione tributaria o nel fascicolo della Procura con cui l’Erario avrebbe potuto ripianare il suo credito.

La colossale evasione fiscale al centro dei due distinti procedimenti uno tributario e l’altro penale a carico della Immobiliare pratese e del suo amministratore, indagato per frode fiscale, pare sia stata così conclusa, come riferito dal quotidiano il Tirreno.

L’Agenzia delle entrate aveva ipotizzato un’evasione di oltre 10 milioni di euro, che tenuto conto delle sanzioni e degli interessi supera i 20 milioni, per quanto è stato possibile ricostruire finora.

Nessuno parla volentieri di questa storia, riferiva già un paio di anni fa il cronista de Il Tirreno, “nonostante o forse proprio perché ci sono in ballo un bel po’ di soldi”, con cui si sa aggiungiamo noi si possono “ungere” molti ingranaggi.

Tutto ha origine dalla compravendita, a cavallo tra il 2003 e il 2004, di un immobile industriale per un valore di alcune decine di milioni di euro in provincia di Milano, di proprietà della società immobiliare pratese Agbi (Acquisto gestione beni immobili) con sede in via Tasso. Una società per azioni attiva da oltre sessant’anni che alla fine del 2002 si è trasformata in srl.

La società ora è amministrata da Pierluigi Leoni, succeduto a Danilo Pieri, condannato per frode fiscale. Un primo accertamento relativo all’Iva gli contestava il mancato pagamento di circa 5.400.000 euro. Un secondo accertamento relativo all’Ires ipotizzava un’evasione di altri 4.900.000 euro. Per quanto riguarda l’Iva, la società Agbi fingeva di aderire al pagamento e avrebbe versato circa 1.600.000 euro, dopo di che interrompeva i versamenti e con una tecnica collaudata faceva ricorso alla Commissione tributaria, confidando probabilmente nei soliti santi protettori.

Dell’esito dell’udienza, fissata davanti alla quinta commissione giudice Genovese non se ne è saputo più nulla.

Nel frattempo, sulle operazioni della Agbi ha messo una pietra tombale la Procura di Prato, che dopo aver aperto un fascicolo per frode fiscale nei confronti di Danilo Pieri, ha scandalosamente accolto la richiesta di patteggiamento a un anno di reclusione (pena ovviamente sospesa e indultata), anche se sembra che il giudice per le indagini preliminari non avesse ritenuto congrua la pena, preferendo attendere l’esito del procedimento avanti alla Commissione tributaria prima di chiudere il procedimento. 

 Pena in effetti sostanzialmente simbolica e scandalosa per una maxi evasione da oltre 20 milioni di euro!

Ma dell’esito del procedimento tributario non si è più saputo nulla, mentre è noto che l’Immobiliare Agbi ha influenti rapporti e interessi locali, risultando controllata dal commercialista pratese Marco Magni e dalla Fiduciaria del Giglio, che fa capo a otto soci (Valentina Vichi, Pasquale Petillo, Marco Alberti, Marco Mataloni, Nicola Rabaglietti, Riccardo Rosi, Vanna Razzolini e Laura Vichi).

Nata come S.p.A., la Agbi si è poi trasformata in s.r.l. con un capitale di soli centomila euro, ovviamente insufficiente a far fronte al conto presentato dal fisco per oltre 20 milioni di euro. Ciò mentre l’ex amministratore Danilo Pieri viene lasciato dalla Procura e dal Fisco libero di portare a termine indisturbatamente la liquidazione dell’Immobiliare Montana srl, società controllata dal Gruppo finanziario Castelfalfi, e proprietaria dell’omonimo borgo nel comune di Montaione, ceduto dal noto faccendiere milanese Virginio Battanta alla multinazionale tedesca Touristik Union International. Gioiello con cui ad un certo punto della complessa maxi truffa della pratese Agbi, sembrava che la cessione di Castelfalfi potesse in qualche modo contribuire a sanare il debito dell’immobiliare col fisco.

Ma in realtà la tenuta dove è stato girato anche il “Pinocchio” di Benigni per qualche miracolo non è entrata nelle carte del procedimento davanti alla Commissione tributaria e nel fascicolo della Procura.

E mentre Danilo Pieri è uscito con una condanna simbolica c’è da chiedersi come farà l’erario a recuperare i soldi che mancano all’appello e se il Tribunale di Prato sarà così mite anche per i giornalisti come noi accusati di diffamazione o calunnia?