Archivio Categoria: Friuli Venezia Giulia

PORDENONE: SCIOPERO DELLA FAME CONTRO I SUICIDI DA MOBBING NELLA SCUOLA

12/09/2012 San Vito al Tagliamento (PN)
Occupata la scuola media di San Vito al Tagliamento.
1° giorno di sciopero della fame per Gianni Favro e altri aderenti al Movimento Nazionale contro il Mobbing.
I lavoratori della scuola sono entrati in agitazione mediante una inusuale forma di protesta civile di stile gandhiano per la mancata attuazione dell’art. 98 del  Contratto Collettivo Scuola: l’organizzazione dei Comitati Paritetici contro il Mobbing, il/la consigliere/a di fiducia, i Punti di Ascolto nelle Scuole.
A differenza dell’Ufficio Scolastico Regionale di Trieste, che proprio ieri ha ricevuto una delegazione, per gli esponenti del Movimento l’organizzazione dei Punti di Ascolto costituisce una priorità ASSOLUTA per prevenire il suicidio dei Docenti e del Personale Scolastico, visti i due casi in Friuli e in Veneto, di cui hanno dato ampio risalto le cronache nazionali.
La civile forma di protesta è altresì rivolta nei confronti degli abusi di potere da parte dei Dirigenti scolastici nell’ambito delle contestazioni degli addebiti disciplinari ai Docenti che soventemente risultano arbitrarie, illogiche e carenti di motivazione se non manifestamente illegittime.
A venire censurato è anche il diniego del contraddittorio e del diritto di difesa nell’adozione delle sanzioni disciplinari a carico del  personale della scuola.
In particolare il Prof. Gianni Favro denuncia l’illegittimità del suo licenziamento e della condanna penale ritorsivamente inflittagli a ben 4 mesi e 15 gg di reclusione per avere cercato di difensersi, osservando che vengono lesi i Diritti Fondamentali dell’Uomo proprio nella Scuola dove dovrebbero essere non solo insegnati ma anche tutelati attraverso rapporti educativi e di lavoro esemplari.
Per maggiori informazioni:
Movimento Nazionale contro il Mobbing ai Lavoratori
Presidente Prof. Gianni FAVRO  cell. 349.8346368

LE PRESSIONI DELLA MASSOMAFIA SULLA COMMISSIONE EUROPEA

LA COMMISSIONE EUROPEA CHIEDE L’ARCHIVIAZIONE DEL PROCEDIMENTO DI INFRAZIONE PER LA VIOLAZIONE DELLA DIRETTIVA SEVESO A TRIESTE

AAG REAGISCE PRESENTANDO UNA NUOVA PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO
Lubiana 23.12.2011
Dopo la richiesta di archiviazione del procedimento di infrazione contro l’Italia per la violazione della Direttiva Seveso sulla sicurezza degli impianti industriali della provincia di Trieste presentata dalla D.G. Ambiente della Commissione Europea, AAG (foto a lato, da sinistra: Vojko Bernard, Franc Malečkar, Roberto Giurastante) attacca il Commissario Europeo all’Ambiente Janez Potcnik e gli assegna la bandiera nera per il ruolo che sta avendo nella gestione deL conflitto ambientale che riguarda i progetti dei terminali di
rigassificazione nel Golfo di Trieste.
La Commissione Europea sta giocando sporco afferma AAG.
Prima ha “congelato” le inchieste sulle irregolarità della procedura di V.I.A. (Valutazione Impatto Ambientale) del progetto del rigassificatore della spagnola Gas Natural, nonostante le prove schiaccianti presentate da AAG che dimostravano addirittura la falsificazione della documentazione presentata dalla società spagnola per ottenere una più agevole autorizzazione, poi ha incredibilmente deciso di chiedere
l’archiviazione dell’inchiesta per la violazione della direttiva Seveso a Trieste dopo che era stato aperto un procedimento di infrazione contro l’Italia, ed anche in questo caso sulla base di dichiarazioni non
corrispondenti al vero fornite dalle autorità italiane.
Ma non solo, la Commissione Europea ha anche nascosto al Parlamento Europeo – che ha accolto le petizioni degli ambientalisti di AAG-Greenaction avviando un’inchiesta che vede unite le denunce sulla violazione della direttiva Seveso e sulle irregolarità degli iter autorizzativi dei terminali di rigassificazione nel Golfo di Trieste – le notizie di questa archiviazione che servirebbe a dare il via libera alla costruzione del terminale di Zaule.
Infatti la Commissione Europea D.G. Ambiente chiedeva l’archiviazione del procedimento Seveso già il 18 novembre e quattro giorni dopo (22 novembre) il Parlamento Europeo discuteva la petizione nella seduta della Commissione delle petizioni a cui partecipava anche la stessa D.G. Ambiente della Commissione per riferire sull’inchiesta. Ma nessuna notizia sull’archiviazione veniva data in quella sede facendo quindi credere che l’inchiesta era ancora aperta.
Il comportamento della Commissione Europea è altamente scorretto e sembra dettato dalle pressioni che l’Italia continua ad esercitare per ottenere il via libera ai progetti dei terminali gas nel Golfo di Trieste.
AAG ha già presentato tramite la propria rappresentanza in Italia (Greenaction Transnational) opposizione contro la richiesta di archiviazione del procedimento di infrazione per violazione della direttiva Seveso a
Trieste, ed ora anche una nuova petizione al Parlamento Europeo per la mancanza dello studio integrato sull’effetto domino nella provincia di Trieste.
AAG ritiene che il Parlamento Europeo alla luce di quanto sta accadendo debba chiedere urgentemente chiarimenti al Commissario Janez Potcnik e al Presidente della Commissione Barroso e sollecita in
tal senso gli europarlamentari ad attivarsi.

S.O.S. AMIANTO E MALAGIUSTIZIA

S.O.S. Amianto Fiamme Gialle – sentenza a sorpresa

 

 

La sentenza n. 186/2011/Pensioni, pubblicata il 10.10.2011 dalla Corte dei Conti del FVG di Trieste, ha respinto, a sorpresa, il ricorso dell’appuntato scelto in congedo della Guardia

di Finanza B. F. (iscritto per motivi professionali nel Registro Regionale degli Esposti all’Amianto del FVG e affetto da varie patologie) finalizzato al riconoscimento dei diritti previdenziali per esposizione qualificata ultradecennale all’amianto per i periodi di servizio prestati dal 1985 al 2008, a Trieste, presso il Porto Nuovo/Molo F.lli Bandiera
15 e la caserma G. di F. “Campo Marzio” di via Fiamme Gialle 6. In merito alle notevoli evidenze, emerse in causa, a riguardo dell’inquinamento ambientale per amianto dei predetti siti, a nulla sono valsi, gli sforzi del difensore legale del graduato e del suo Consulente Tecnico per avvalorare la tesi di inquinamento ambientale (in particolare per quanto riguarda l’edificio di via Fiamme Gialle 6) superiore ai limiti di Legge (0,1 ff.ll sulle otto ore lavorative), ciò in opposizione ad una consulenza Tecnica d’Ufficio assolutamente ritenuta da rinnovare o da discutere, in subordine, per i necessari approfondimenti del caso. Riportiamo, in proposito, tratto dalla sentenza stessa, uno stralcio più che significativo sulle motivazioni reperibili in atti:

 

<<[…] Tuttavia anche ad
ammettere, per ipotesi, la fondatezza degli argomenti del consulente del
ricorrente in merito ad una risalente grave di degrado della centrale di
trattamento dell’aria e quindi la rilevanza dell’esposizione lavorativa
all’amianto su otto ore al giorno in tale Caserma, ciò potrebbe essere
ovviamente ammesso, per il Sig. B., solo per i due o tre anni ivi
trascorsi  dal 16.10.1989 sino alla bonifica della Caserma
dall’amianto attuata negli anni 2000/2001, nella quale fu rimosso l’impianto di
condizionamento oggetto del discutere. Pertanto se anche, in ipotesi, si
addivenisse a dichiarare essere sussistita una qualificata esposizione
lavorativa all’amianto del ricorrente in tali due o tre anni, tale accertamento
non consentirebbe al Sig. B. F. di accedere ai benefici previdenziali richiesti,
in quanto l’art. 13, comma 8, della L. 257/1992, presuppone una accertata
esposizione lavorativa all’amianto “per un periodo superiore a dieci anni”.
[…]>>

 

Motivazioni molto
difficili da accettare per il ricorrente (condannato tra le altre al pagamento
delle proprie spese processuali e della tanto contestata Consulenza Tecnica
d’Ufficio), che impediscono la rinnovazione della CTU e, soprattutto,
l’approfondimento delle risultanze emerse, richiesti vivacemente anche
nell’interesse collettivo. E’ infatti singolare osservare come nel dispositivo
finale il computo del periodo, dal 16.10.1989 al 2001, equivalga non certo ai
“due o tre anni” dichiarati dal giudice, ma sicuramente a  molto
più di dieci, cioè quanto basta per dar corso al riconoscimento stesso…

 

Amianto? No Thank You!
http://www.youtube.com/watch?v=0xnUX29D_eE: Campagna informativa contro l’amianto della
Webcommunity di Arte e Poesia Anforah.

 

Trieste, 2 novembre 2011

 


 

 

Fedele  Boffoli (in Facebook)

 

www.Artepensiero.it/Fedele_Boffoli.htm

 

 

 

 

Sosteniamo Greenaction Transnational minacciata di sfratto e ritorsioni dalla magistratura di regime

SFRATTATI E CITATI IN TRIBUNALE GLI AMBIENTALISTI DI GREENACTION CHE SI OPPONGONO AI RIGASSIFICATORI NEL GOLFO DI TRIESTE
di Roberto Giurastente
L’associazione Greenaction Transnational è stata “sfrattata” per morosità con citazione presso il Tribunale di Trieste per il giorno 24 ottobre 2011. Potrebbe sembrare una notizia irrilevante di fronte alla grave crisi economica che sta colpendo duramente in Italia le categorie socialmente più deboli. Ma quando a venire attaccati sono gruppi portatori di interessi diffusi è forse meglio fermarsi un attimo per riflettere. Se infatti
coloro che difendono i diritti della collettività vengono eliminati d’ufficio, con l’utilizzo fin troppo spregiudicato dell’autorità giudiziaria, non possiamo che immaginare un futuro ancora più cupo per le classi sociali più deboli, quelle che si trovano o si verranno a breve a trovare  senza difesa e senza
diritti, nel crollo di un sistema che si chiude a riccio per tutelare gli interessi dei poteri forti e delle caste collegate. In Italia, più che in altri Paesi europei, si stanno affilando gli utensili di una macelleria sociale che a breve potrebbe produrre milioni di disperati, di senza tetto, di persone abbandonate al loro destino di morte. Ecco perché quando si cerca di spegnere una luce che rappresenta un punto di riferimento per la società civile, non si può far finta di nulla. Parliamone quindi senza timori, che almeno questo per
ora è ancora possibile.

 

Greenaction Transnational non è solo un nuovo movimento ambientalista (l’associazione è nata alla fine del 2007 a Trieste come gruppo ONG transnazionale) che si distingue per le azioni particolarmente efficaci a difesa del territorio. Greenaction Transnational ha nel suo DNA la difesa dei diritti civili.
E’ questo uno dei pilastri dell’associazione. Quindi non solo battaglie per la tutela dell’ambiente, ma anche azioni a difesa dei diritti dei cittadini. Legalità, sviluppo sostenibile, eguaglianza sociale: questi i binari su cui si muovono le azioni dell’associazione. Greenaction per le sue attività non gode di alcun appoggio da parte di amministrazioni pubbliche e può sostenersi solo grazie ai contributi dei soci e dei simpatizzanti.

 

Le radici di Greenaction ci portano ad un’altra combattiva associazione ambientalista estinta: gli “Amici della Terra Trieste”. E’ proprio da quella associazione che arrivano i fondatori di Greenaction. Gli Amici della Terra Trieste erano stati infatti “tolti di mezzo” perché con le loro inchieste avevano cominciato a fare emergere la verità sul pesante inquinamento di Trieste e del Golfo. Inchieste scomode che avevano portato gli interventi dell’Unione Europea in queste terre di confine. Il “sistema” non aveva gradito e così il gruppo di ambientalisti che aveva osato sfidare il potere venne eliminato con un’azione coordinata.
Trascinati in Tribunale i dirigenti e i principali attivisti, con accuse che andavano dai soliti reati di opinione, a quelli contro la pubblica amministrazione (ad esempio per avere chiesto l’accesso a documenti pubblici…), sciolto d’ufficio il gruppo (con pretesti contabili) dall’associazione nazionale (Amici della Terra Italia). E alla fine il sigillo – la pietra tombale che il “sistema” aveva richiesto – sulla cancellazione del troppo combattivo gruppo di ambientalisti triestini venne messo dal Tribunale di Trieste (collegio presieduto dal presidente del
tribunale Arrigo De Pauli) che tolse loro anche la possibilità di utilizzare il nome dell’associazione.

 

Ma appunto quella storia di legalità non è finita.
I reduci degli “Amici della Terra Trieste” sono ripartiti con Greenaction Transnational. Stesse battaglie con maggior intensità. Inserimento in una rete internazionale (Alpe Adria Green) non “controllabile”. Ed ecco quindi che il sistema massomafioso che controlla Trieste e provincia (zona di confine a tutela speciale visto che non si tratta di territorio italiano) ha intensificato l’azione contro i “ribelli”, quelli che continuavano a battersi per la legalità e contro l’antistato dei poteri deviati. Intimidazioni continuate, denigrazioni
pubbliche, minacce di morte anche di stampo mafioso, controllo costante da parte dei servizi segreti che avevano pure ricevuto (nel 2009) l’ordine di “sistemare” (letteralmente nella comunicazione fatta pervenire da fonti informate all’associazione “fottere”…) Roberto Giurastante (lo scrivente), responsabile dell’associazione e cofondatore della rete di AAG, che veniva ritenuto elemento pericoloso e destabilizzante per gli affari italiani ai confini orientali.
Per un gruppo sempre sotto attacco non è facile trovare una sede. Tutti vogliono stare alla larga. La gente, anche quelli che sostengono l’associazione, ha paura. Alla fine la sistemazione venne trovata in un’ex studio di un avvocato che, presentandosi come ambientalista e già legale del WWF Trieste, sembrava dare qualche affidabilità. Purtroppo poi il suo nome venne trovato nell’elenco dei massoni triestini assieme a quelli di altri insospettabili anche di area ambientalista… Questo è il rischio quando si vive in una città ad alto tasso di massoneria, la presenza dei massoni in ogni settore della società civile è assicurata; e le istituzioni per prime sono messe in sicurezza da questo potere occulto.  Torniamo allo sfratto. Ora, quello che ci lascia perplessi sono i tempi e i modi scelti. Avevamo già dato regolare disdetta dal contratto d’affitto per le gravi irregolarità commesse dal proprietario. Ci siamo trovati citati con richiesta di sfratto dal proprietario ex avvocato del WWF (che, abbiamo pure scoperto essere anche uno dei grandi
immobiliaristi triestini) per una morosità presunta di 900 €. E guarda caso l’ex avvocato WWF si fa rappresentare da ben due colleghi. Due avvocati per una causa inutile (visto che la nostra associazione aveva già comunicato che avrebbe lasciato l’immobile) da poche centinaia di euro… Ci siamo ricordati allora
quella causa civile per togliere di mezzo gli Amici della Terra Trieste; anche in quell’occasione gli avversari (l’associazione nazionale Amici della Terra Italia) si presentò in pompa magna: due studi legali, quattro avvocati di cui due per le udienze. Il valore della causa era anche in quel caso limitato (800-900 €) e non sembrava giustificare un simile dispiegamento di forze.
I motivi li capimmo poi. Perdemmo quella causa da cui però ne derivarono altre. Ingiunzioni, opposizioni, causa di merito. Perdemmo sempre. Ci denigrarono sul quotidiano locale con false notizie sul procedimento (in breve ci descrissero come dei malfattori giustamente puniti dal tribunale) e quando chiedemmo la
rettifica in base alla legge sulla stampa la rigettarono (il giudice del rigetto – Arturo Picciotto – aveva fatto parte del collegio che ci aveva precedentemente condannati a favore dell’associazione nazionale togliendoci l’uso del nome, e quindi stava giudicando se stesso) condannandoci a pagare le spese a favore del giornale che ci aveva diffamato. Alla fine questo tour de force giudiziario ci è costato circa 35.000 €… dai 900 € iniziali… Insomma, avevano deciso di toglierci di mezzo e di darci una dura lezione. Ecco perché i nostri avversari si esibivano al massimo delle loro possibilità con più avvocati: sapevano già di vincere. E potevano presentare qualsiasi parcella che i giudici gliela approvavano, e così noi pagavamo il doppio o il triplo.
La nostra punizione pubblica era necessaria per “tranquillizzare” l’ambiente del malaffare locale: tutto era tornato a posto.

 

Ironia della sorte (?), lo stesso avvocato che ci sta ora sfrattando in base alla legge del più forte, fa parte di un’associazione di ricchi proprietari d’auto d’epoca (per le quali nel Belpaese, mentre la gente muore di fame, non si pagano tasse) che ottiene sostegni e appoggi dalle amministrazioni pubbliche, Comune di Trieste in testa… E proprio Greenaction aveva denunciato lo scandalo dei contributi comunali alle associazioni di comodo, quelle che godevano delle protezioni politiche.  Marciume e corrutela
senza fine nell’ordinario degrado di una provincia straniera in un Paese in disfacimento.
http://robertainer.blogspot.com/2011/09/una-storia-che-si-ripete-mettere-il.html

LA COLLINA DI PORTO SAN ROCCO (MUGGIA) NELLA SENTENZA DI CONDANNA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA CONTRO L’ITALIA PER LE DISCARICHE ILLEGALI

DOVE CI SONO DISCARICHE ILLEGALI C’E’ MALAGIUSTIZIA. ORA SI PROCESSINO I GIUDICI CHE HANNO COPERTO GLI ILLECITI EDILIZI ACCANENDOSI CONTRO LE PARTI LESE.

Lo scorso 22 settembre la Commissione per le petizioni del Parlamento Europeo ha confermato a Greenaction Transnational che nella causa C-135/05 che ha portato alla sentenza
di condanna contro l’Italia da parte della Corte di Giustizia Europea (26 aprile 2007) per le discariche illegali presenti sul territorio nazionale è stata inserita anche la discarica realizzata nel marina di Porto San Rocco nel comune di Muggia. Questa discarica ha una storia particolare. Si è trattato infatti di un’opera di occultamento di rifiuti tossico nocivi coperta dalle amministrazioni pubbliche.
La discarica è stata infatti eseguita seppellendo 18.000 metri cubi di terra inquinata provenienti dal cantiere del marina turistico sotto una collina artificiale fronte mare sulla quale veniva pure costruito un parco
giochi per bambini. La collinetta era quindi funzionale a coprire quello che a tutti gli effetti era uno smaltimento illecito di rifiuti. La pericolosità di tale discarica (contenente concentrazioni elevate dei cancerogeni metalli pesanti) venne denunciata pubblicamente e all’autorità giudiziaria dal
responsabile di Greenaction Transnational Roberto Giurastante, con l’unico risultato di finire rinviato a giudizio su richiesta del P.M. Federico Frezza accolta dal G.I.P. Paolo Vascotto.
L’accusa era di avere leso l’onore della società responsabile della discarica comunicando pubblicamente il rischio che gli inquinanti contenuti nella collinetta artificiale potessero percolare e finire nel mare antistante (pochi metri di distanza) con gravi conseguenze per gli ignari bagnanti.
Lo stesso G.I.P. Vascotto non provvedeva al sequestro dell’area inquinata nonostante il rischio per la salute pubblica  fosse stato segnalato anche dal Nucleo Ecologico dei Carabinieri (N.O.E.).
Nessun altro provvedimento (a parte il rinvio a giudizio dell’ambientalista) venne preso dall’autorità giudiziaria. Lo stesso dicasi per le amministrazioni pubbliche competenti (Comune di Muggia, Provincia di Trieste, Regione Friuli Venezia Giulia) che, basandosi sul giudizio dell’autorità giudiziaria, nulla fecero per bonificare la pericolosa discarica. Roberto Giurastante presentò quindi una petizione al Parlamento Europeo e una denuncia alla Commissione Europea da cui scaturì il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea.
Ora laconferma della condanna da parte delle suprema autorità giudiziaria dell’Unione Europea che fa giustizia su una situazione di incredibile inversione della legalità, come troppo spesso purtroppo accade di vedere nella degradatissima Italia delle ecomafie di Stato.
La Commissione Europea precisa che se le autorità italiane non si conformeranno alla sentenza, potrà essere decisa una seconda richiesta alla Corte di Giustizia per l’imposizione di sanzioni economiche.
L’importanza della sentenza è evidente. La “collinetta artificiale” di Porto San Rocco strenuamente difesa dalla istituzioni italiane ha aperto la strada per l’inserimento delle altre discariche del “sistema
Trieste” nel procedimento di infrazione in corso. E pone un non piccolo problema per le amministrazioni pubbliche che hanno coperto gli inquinatori e che ora potrebbero trovarsi a rispondere direttamente dei danni.

RIGASSIFICATORE AL PORTO DI TRIESTE: LA SPAGNOLA GAS NATURAL DENUNCIA AAG E GREENACTION TRANSNATIONAL

TRIESTE: CAMPAGNA DI SOSTEGNO IN FAVORE DELLE BATTAGLIE CIVILI DEGLI AMBIENTALISTI PERSEGUITATI DALLA MASSOMAFIA GIUDIZIARIA.
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Le campagne di AAG-Greenaction per la difesa dell’ambiente rappresentano una barriera di legalità nell’area di Alpe Adria. Le battaglie in corso sono di importanza fondamentale per il futuro di questo territorio.  Abbiamo però bisogno di allargare la base di adesione a queste iniziative e di trovare appoggio concreto vista anche l’intensificazione delle azioni repressive nei nostri confronti. Vorrei solo ricordare che in questo
momento 4 attivisti di AAG-Greenaction sono indagati dall’autorità giudiziaria italiana su denuncia della spagnola Gas Natural-Fenosa per la loro opposizione ai progetti dei rigassificatori nel Golfo di Trieste.
Si tratta solo dell’ultima di una lunga serie di procedimenti penali che abbiamo dovuto subire per le
nostre azioni a difesa dell’ambiente e dei diritti civili. Battaglie per tutti sopportate da pochi.
Purtroppo questa è la realtà della situazione. Una realtà negativa che dobbiamo invertire rapidamente. E’ assolutamente necessario un impegno da parte di tutti coloro che credono in questa lotta per la legalità.
Una battaglia che deciderà il futuro di Trieste e dell’Alto Adriatico, ma che può diventare significativa per l’intero Paese ed anche a livello europeo.
Stiamo avviando alcune iniziative a supporto delle nostre cause. Iniziative che partono dall’indispensabile raccolta fondi per coprire le sempre più ingenti spese legali che ci sono state scaricate addosso
con un’aggressione giudiziaria sempre più intensa man mano che ci siamo rifiutati di derogare al nostro impegno per la difesa della legalità.
Tra cause civili e procedimenti penali ci troviamo in questo momento ad esposizioni di circa 50.000 Euro. Quando si perde l’inesorabile giustizia italica, quella che ha distrutto la provincia e la città porto di Trieste, non perdona. Una sola condanna è costata al sottoscritto oltre 31.000 Euro. Mi ero opposto alla realizzazione di un centro commerciale autorizzato in violazione delle norme urbanistiche. Sono finito io sotto processo e il tribunale di Trieste mi ha condannato al termine di un procedimento nel quale venivano  manipolati gli atti per consentire le mia incriminazione e i denuncianti (sette persone) potevano impunemente fare una falsa testimonianza collettiva nei miei confronti.
Ecco, questo è lo “standard” della giustizia italiana nei nostri confronti. Chiaro quindi che privati di ogni nostro diritto diventiamo carne da macello per i nostri tanti nemici. Ma dobbiamo reagire.
COSA FARE:
  • azioni pubbliche raccolta fondi per le spese giudiziarie;
  • presentazioni pubbliche sullo stato di degrado del territorio (utilizzando anche il libro “Tracce di legalità”);
  • illustrazioni delle maggiori azioni da noi avviate per la difesa del territorio (rigassificatori, TAV, nucleare, traffico rifiuti, appalti);
  • assemblee pubbliche per la difesa del porto franco internazionale di Trieste (contro la forzata conversione ad uso speculativo del Porto Vecchio fortemente sostenuta in violazione dei trattati internazionali dallo Stato Italiano).
Tutte le iniziative devono essere finalizzate alla raccolta fondi e adesioni.
Si accettano naturalmente suggerimenti. Dobbiamo essere operativi il prima possibile e certamente da settembre.
R. Giurastante
http://alpeadriagreen.wordpress.com/
http://www.greenaction-transnational.org/

TRIESTE: PROCESSO RITORSIVO AGLI AMBIENTALISTI

PROCESSO AGLI AMBIENTALISTI DI GREENACTION CHE SI OPPONGONO AI RIGASSIFICATORI NEL GOLFO DI TRIESTE

PRIME INCOMPATIBILITA’ DEI GIUDICI DESIGNATI
E’ iniziato il 6 giugno al Tribunale di Trieste, su denuncia di altra associazione ambientalista, il processo per reato di opinione nei confronti di Roberto Giurastante responsabile Greenaction Transnational e portavoce in Italia di AAG (Alpe Adria Green).
L’udienza del 6 giugno pur essendo di smistamento ha già dato indicazioni sulle difficoltà processuali di questo procedimento. Il giudice dello smistamento Filippo Gulotta (presidente della sezione penale del Tribunale di Trieste) si è trovato coinvolto in un’inchiesta disciplinare avviata dal C.S.M. su denuncia dello stesso Giurastante assieme a numerosi altri magistrati del palazzo di giustizia di Trieste. Diventando quindi incompatibile nel processo in cui imputato è appunto Giurastante. Ma il giudice, pur essendo stato debitamente sollevato il problema ben prima dell’udienza, non si è astenuto dal procedimento assumendo inoltre decisioni contro gli imputati in assenza del difensore di fiducia che aveva chiesto il rinvio dell’udienza essendo convalescente in malattia.
Il processo è quindi stato avviato, con questi non lievi vizi procedurali e pregiudiziali nei confronti degli imputati, vistisi ledere gravemente i propri diritti difensivi, e rinviato all’udienza del 21 settembre del 2011 con giudice istruttore Paolo Vascotto. Anche quest’ultimo risulta peraltro essere tra i magistrati oggetto di esposti agli organi inquirenti e disciplinari dell’autorità giudiziaria.
Il problema, non semplice dei conflitti in corso tra gli ambientalisti di Greenaction e parte del Tribunale di Trieste, è stato segnalato agli organi di controllo della magistratura anche in funzione dei procedimenti ora aperti presso le autorità comunitarie. Roberto Giurastante è infatti tra i maggiori oppositori dei terminali di rigassificazione nel Golfo di Trieste fortemente sostenuti dalle autorità italiane ed autore di rilevanti denunce sugli inquinamenti transfrontalieri. E dalle sue denunce sono scaturiti numerosi procedimenti di infrazione tuttora in corso nei confronti dell’Italia. Ma per la sua attività ha subito, oltre che aggressioni giudiziarie, pure pesanti intimidazioni e minacce di morte.
Per approfondimenti sull’udienza del 6 giugno si rimanda al documento “La giustizia nera” di R. Giurastante.

A CHI APPARTIENE IL PORTO DI TRIESTE?

Gentilissima Diana, grazie per averci comunicato le vostre dimostranze per il malfunzionamento del Porto di Trieste e per aver chiesto la solidarietá, sostegno per una collaborazione comune per portare a SOLUZIONE l’oramai insopportabile Questione di Trieste.
L’ultima domanda che hai posto, ” Il Porto di Trieste a che Nazione appartiene? ” ha una risposta talmente chiara quanto semplice: il porto di Trieste comprensivo del Porto Libero di Trieste ed il porto di Koper sono appartenenti a noi cittadini triestini del Territorio Libero di Trieste.
Questa é la LEGGE INTERNAZIONALE che ci definisce e ci consegna i diritti civili politici ed umani che devono servire per il solo scopo  di far funzionare il porto piú a nord e con i fondali piú profondi
dell’Adriatico. Siamo geograficamente piú vicini sia come rotte nautiche, sia come vie terrestri per essere PORTO di un bacino di utenza di 430 milioni di persone. E non abbiamo sicuramente BISOGNO né di italia né di slovenia né di croatia per essere economicamente piú che indipendenti come ci vogliono farci
credere!
La soluzione non sta nella legge italiana o slovena o croata e nelle loro rispettive sedi di potere, come Roma, Lubiana e Zagabria. Ma sta aldilá dell’oceano, sta a New York nella sede delle Nazioni Unite.
Questa é la LEGGE.
Il PRIMO problema a Trieste é la LEGALITÁ. Senza legalitá non si fa niente! non si parte! non si hanno le fondamenta solide per costruire la base del nostro futuro!
Loro vogliono metterti in galera perché protesti per la situazione illegale ed impossibile da sostenere per i lavoratori del porto, ma devi iniziare a capire ed a ragionare ponendoti una domanda: su quale legge loro si appoggiano? La legge italiana?
Come potrai ben scoprire comprendendo lo Status Giuridico del Porto Libero di Trieste e di Trieste e dei Triestini la LEGGE ITALIANA é niente!
Non c’é autoritá italiana riconosciuta internazionalmente che ha diritto di legiferare e governare il Porto Libero di Trieste e nella identificata zona amministrativa A del Territorio Libero di Trieste.
OGGI viviamo costretti nella illegalitá.
Uniamoci e facciamo sentire la nostra voce a New York, all’ONU. Loro sono PER LEGGE, che poi
garantiscono internazionalmente, I GARANTI della Nazione Internazionale di Trieste.
Non pensare che sia una cosa impossibile o difficile, ma sappi che ci sono degli interessi internazionali di mezzo ed é giunta l’ora di usare la LEGGE Internazionale per darci un futuro dignitoso fatto di legalitá e di
ricchezza. Consegnando alle generazioni future un luogo dove poter vivere in serenitá e prosperitá.
Abbiamo giá subito prima, dal 1918 fino al 1943, e poi “provato”, dal 1954 ad oggi, come l’Italia sa governare e sa dare Lavoro,
Svilupo a Trieste e ai Triestini, e abbiamo giá maturato quasi sessanta anni di esperienza di illeciti, violazioni, soprusi, negazioni, ciolte pel cul, de ricever el contentin, oscuramento della portualitá triestina, esaltazione dell’odio etnico, falsa informazione, falsi ideali, false moralitá, cospirazione internazionale, deviazioni continue di traffici verso porti italiani e verso koper (porto triestino in occupazione slovena) tutto a nostro danno, tutto a scapito di noi triestini, popolo autoctono del TLT, per un futuro segnato e
sicuro di miseria ed emigrazione dei nostri figli.
Merita continuare in questa direzione?
Il Comitato per Il Porto Libero di Trieste e l’Associazione dei Cittadini del Territorio libero di Trieste DICE NO!
La direzione da prendere é quella indicata giá nel 18 marzo del 1719, FREIHAFEN und FREISTADT, ovvero come sancito dal vigente Trattato di Pace con l’Italia che ha costituito il Free Territory and Free Port of Trieste. Un Porto ed un Territorio ed una Popolazione INTERNAZIONALE.
Mai come oggi l’internazionalitá di Trieste é la risposta ai nostri bisogni, al futuro dignitoso che dobbiamo affrire ai nostri figli e nipoti, a noi stessi.
Siamo a disposizione per incontri per una azione concreta che riporti Trieste ad esser un PORTO INTERNAZIONALE e riporti Trieste nella LEGALITÁ.
vice presidente COPLT Dott. Franzot Giacomo
Comitato Odbor PLT – LEGALITÁ BORI LAVOR
SVILUPO FUTURO, i cinque pilastri della Nazione Internazionale di Trieste,
composta dal Territorio libero e dal Porto Libero di Trieste.

Il giorno 24 maggio 2011 19:59, Diana Olenik <dianats@hotmail.it> ha scritto:
Quinto giorno di blocco, ci vogliono stritolare. Ci vogliono denunciare. Vogliamo sia applicata correttamente la Legge 84/94 e la costituzione di un unico pool di manodopera per contrastare il mercato delle braccia ed il  potere assoluto dei terminalisti/padroni.

Chiediamo solidarieta’ e sostegno a tutti.
Dopo il quinto giorno di blocco dello scalo il Piccolo di Trieste  si
è schierato con i terminalisti/padroni, nel 150° anno dell’unità d’Italia, i
problemi occupazionali e di dignità e sicurezza dei lavoratori portuali
Triestini vengono presi in considerazione solo parzialmente dalla stampa e dalla televisione locale e dalla Stampa Nazionale Slovena e Televisione Nazionale Slovena.

L’ Italia dov’ è?
Il Porto di Trieste a che Nazione appartiene?
Comitato Porto Libero Trieste PLT
Odbor Prosta Luka Trst
PLT
Committee Free Port of Triest FPT
Casella Postale 2013/a
34151
Trieste/ Trst/ Triest
Italy
Phone:
Slovenija +386 4188 1495
Italia +39 366 2643359
E-mail: comitatoplt@gmail.com
http://www.portoliberotrieste.org
http://www.prostalukatrst.org
http://www.triestfreeport.org

MASSOMAFIA GIUDIZIARIA TRIESTINA. LA SENTENZA DEL GIUDICE PICCIOTTO

Trieste: nuova sentenza di condanna civile per gli ambientalisti che “non piacciono” alla Mafia

 Nuova pesante condanna civile per gli ambientalisti dell’ex gruppo locale degli Amici della Terra Trieste*. La pena è stata loro inflitta dal giudice Monica Pacilio del tribunale di Trieste che ha rigettato il loro ricorso contro l’ordinanza cautelare con cui, su richiesta dell’associazione nazionale (Amici della Terra Italia), era stato vietato al gruppo locale di utilizzare il nome e il logo dell’associazione. Si era trattato in pratica dell’espulsione del combattivo gruppo locale dall’associazione Amici della Terra – Friends of the Earth. Un gruppo troppo scomodo quello di Trieste. Scomodo perché indagava sul malaffare del potere. E quindi andava bloccato prima che potesse fare troppi danni. Ma anche punito per avere osato sfidare il sistema. Cause civili e denunce penali contro i rappresentanti del gruppo locale che si erano maggiormente distinti nelle lotte per la legalità. Questa la ricetta  per estirpare la cellula di legalità costituita dagli ambientalisti triestini.

Dopo essere stati condannati al pagamento delle spese nel giudizio cautelare (circa 5.000 Euro), con sentenza confermata da un collegio presieduto dal presidente del tribunale di Trieste Arrigo De Pauli, gli ambientalisti ribelli venivano denigrati pubblicamente sul quotidiano locale monopolista (Il Piccolo) e pure condannati – sempre dal tribunale di Trieste – al pagamento delle spese a favore del giornale per avere richiesto la legittima replica a norma di legge sulla stampa.

L’incredibile sentenza del giudice Arturo Picciotto veniva confermata in appello. Tredicimilacinquecento (13.500!!) Euro a favore del giornale inadempiente. Ed ora altri 9.000 Euro. Questo il costo dell’ultimo rigetto del tribunale di Trieste. Ventisettemilacinquecento (27.500!!) Euro di sole spese per le condanne civili. A cui si devono aggiungere quelle dei procedimenti penali. Procedimenti spesso intimidatori. Una quindicina in tutto. Concentrati contro quattro persone. Che prima o poi vengono colpite. E’ inevitabile. Così il sistema ha potuto festeggiare anche la condanna della “pecora nera” per eccellenza. Quel Roberto Giurastante (il sottoscritto) che con le sue inchieste e denunce alle istituzioni comunitarie aveva creato seri grattacapi alle massomafie. Quarantamila (40.000!!) Euro. Il reato? Diffamazione per avere denunciato pubblicamente una speculazione edilizia così offendendo un’amministrazione pubblica (Comune di Muggia) che la aveva autorizzata. Problema: l’illecito urbanistico era provato. Ma il giudice (già candidatosi alle elezioni nello stesso partito dei querelanti…) condannava l’ambientalista e chiudeva gli occhi sull’illecito urbanistico. Uno dei tanti inutili centri commerciali che sorgono come funghi nell’estremo Nord Est italiano. Un Nord Est appetito alle mafie del cemento (http://www.greenaction-transnational.org/index.php?option=com_content&view=article&id=135:la-mafia-ordinata-del-nord-est-un-sistema-di-governo-perfetto-di-roberto-giurastante&catid=37:le-inchieste&Itemid=2).

Complessivamente la persecuzione giudiziaria (ancora in corso) è costata fino ad ora ai “reietti” ambientalisti triestini circa 100.000 Euro.

Personalmente sono stato sottoposto ad otto procedimenti penali e ho dovuto subire condanne preventive con totale privazione dei miei diritti difensivi. Nel contempo tutte le nostre denunce sul malaffare locale venivano archiviate. Spesso senza nemmeno indagini.

Ambientalisti “legalitari” KO grazie all’intervento interforze messo in atto per bloccarne le azioni. Con le buone o con le cattive.

Ma cosa aveva scoperto la nostra Associazione per scatenare una simile controffensiva del “sistema”? Una verità pericolosa, troppo pericolosa da potere essere resa pubblica. Dietro al disastro ambientale realizzato a Trieste e provincia, si nascondeva in realtà la mano dello Stato. Uno Stato che vedeva queste come terre di conquista. Lande straniere occupate e di cui fare scempio. Distruggere il porto e inquinare tutto quello che era possibile. Questa la missione (http://www.greenaction-transnational.org/index.php?option=com_content&view=article&id=136:d-come-discariche&catid=36:campagna-inquinamento&Itemid=41).

Un ruolo non certo marginale nella “eliminazione” degli ambientalisti scomodi lo ha avuto, come detto, l’associazione Amici della Terra Italia. Il colpo finale lo hanno dato loro. Espellendo e trascinando in causa il gruppo locale già sotto assedio giudiziario. Un tradimento nel nome della migliore realpolitik. Inconciliabile la presenza dei “giustizialisti” (così vengono sprezzantemente indicati in Italia i cittadini che si appellano alla legalità) in un’associazione votata all’ambientalismo del compromesso. Anche con quei poteri forti che spesso in Italia si identificano nelle massomafie. Accordi che prevedono una pacifica convivenza in aree ad alta densità criminale. Calabria, Campania, Sicilia. Qui prosperano gli Amici della Terra. Che vivono in perfetta simbiosi con le amministrazioni locali (che dalle cronache risultano avere non raramente caratteristiche prettamente mafiose), le quali ricompensano gli ambientalisti “buoni”: quelli che non “rompono”.

Ecco così che nella Campania della camorra l’ambientalismo soft degli Amici della Terra  ha fruttato la nomina di un loro dirigente a direttore dell’ente turismo della provincia di Avellino. La nomina è stata decisa dal presidente della provincia di Avellino il senatore Cosimo Sibilia, uomo di fiducia di Nicola Cosentino potente coordinatore regionale del partito del premier Berlusconi, nonché sottosegretario di Stato all’Economia, indagato per collusione con i clan camorristici. Nel novembre del 2009 contro Cosentino veniva spiccato un mandato di arresto che l’autorità giudiziaria non poteva eseguire data l’immunità parlamentare del sottosegretario. Il testo del mandato di arresto riportava le seguenti motivazioni: “Cosentino contribuiva con continuità e stabilità, sin dagli anni ’90, a rafforzare vertici e attività del gruppo camorrista che faceva capo alle famiglie Bidognetti e Schiavone, dal quale sodalizio riceveva puntuale sostegno elettorale […] creando e co-gestendo monopolii d’impresa in attività controllate dalle famiglie mafiose, quali l’Eco4 spa, e nella quale Cosentino esercitava il reale potere direttivo e di gestione, consentendo lo stabile reimpiego dei proventi illeciti, sfruttando dette attività di impresa per scopi elettorali”.  Cosimo Sibilia, figlio del noto costruttore Antonio, ex presidente dell’Avellino calcio, era a sua volta assurto agli onori della cronaca nel 1981 per avere omaggiato il boss della camorra Raffaele Cutolo facendogli consegnare da un giocatore una medaglia d’oro a nome dell’intera squadra irpina.

E che dire dell’autorità giudiziaria? Quando abbiamo denunciato per la prima volta al Ministero di Giustizia le pesanti violazioni dei nostri diritti e gli abusi commessi nei nostri confronti dai magistrati del tribunale locale abbiamo capito definitivamente come funziona il “sistema” Italia. I magistrati da noi segnalati sono stati immediatamente avvisati dall’ufficio ispettivo che li avrebbe dovuti indagare. Dell’inchiesta nessuna traccia. Dei magistrati si: ce li siamo ritrovati poco dopo assegnati alle nostre cause che abbiamo inesorabilmente perso. Poi abbiamo scoperto che il responsabile dell’ufficio ispettivo del Ministero di Giustizia a cui ci eravamo fiduciosamente rivolti era tra gli indagati, lui stesso, della loggia pseudo massonica P3…

Dalla testimonianza resa nel procedimento civile (causa 4178/07 Amici della Terra Italia Vs Amici della Terra Trieste) dal giornalista investigativo Paolo G. Parovel:

“… l’Associazione di Trieste ha dovuto ridurre la propria attività istituzionale perchè le attività difensive hanno assorbito la gran parte delle sue risorse ed energie, al contenzioso principale si sono aggiunti procedimenti penali. Il contenzioso è emerso dalla sede giudiziaria civile attraverso note stampa diffuse ai media dalla Presidente dell’Associazione Nazionale Rosa Filippini ed attraverso un esposto-denuncia della medesima alla Procura della Repubblica di Trieste. Questo ha determinato discriminazione da parte dei media locali ed in particolare del quotidiano Il Piccolo che ha iniziato a non pubblicare le notizie sull’attività dell’associazione giustificandosi ufficiosamente con la motivazione professionalmente inconferente della contestazione circa la legittimità del nome. Su ciò vi è stata anche una causa per omessa rettifica da parte del quotidiano. Contemporaneamente la Procura della Repubblica di Trieste e personalmente il Procuratore dott. Maria Nicola Pace ha avviato ed ha incoraggiato una serie di iniziative per contestare all’Associazione di Trieste l’uso del nome anche sotto il profilo penale, assumendo ciò pure a motivo di archiviazione di denunce ed esposti nei confronti di influenti ambienti cittadini per rilevanti reati ambientali presentate dall’Associazione di Trieste. Preciso che si trattava di reati perseguibili d’ufficio… In sostanza sul contenzioso iniziato dall’Associazione nazionale in concomitanza e quale origine delle altre ostilità ambientali sopra citate ha paralizzato l’attività dell’Associazione ambientalista forse più attiva nell’indagare e denunciare reati ambientali urbanistici ed edilizi di responsabilità dei c.d. poteri trasversali locali…”

Per approfondimenti sulle massomafie rimando all’intervento di Pietro Palau Giovanetti Presidente di Avvocati senza Frontiere (http://www.lavocedirobinhood.it/Articolo.asp?id=205&titolo=LEGA%20NORD%96MAFIA%20LOMBARDA.%20CIO%92%20CHE%20SAVIANO%20NON%20DICE%20O%20NON%20SA?%20%ABSTATO%20E%20MASSOMAFIE%20COME%20UNICO%20SISTEMA%BB.) e al documento allegato (Fratellanza giuridica).

Roberto Giurastante 

*Le vicende delle battaglie sostenute dagli Amici della Terra di Trieste sono raccontate nel libro “Tracce di legalità”, Autorienediti, 2011

IL MALAFFARE A TRIESTE E COME DIFENDERSENE

Disponibile il libro-inchiesta sul malaffare a Trieste, e come difendersene
31 Gennaio 2011 19:15
Il 29 gennaio è stato presentato presso la Libreria Minerva di Trieste , l’atteso e straordinario libro-inchiesta di Roberto Giurastante sul malaffare a Trieste, TRACCE DI LEGALITÀ. Sinora ne circolavano solo delle pre-edizioni, in particolare tra coloro che si occupano dell’argomento a vari livelli professionali o di impegno civile. Anche se per la mancanza di un editore locale abbastanza coraggioso si è dovuti ricorrere all’autoedizione molto lontano da questa città.

Ora il libro (526 pagine, 20 euro) può essere finalmente acquistato alla stessa libreria Minerva di via San Nicolò 20, oppure ordinato versando 25 euro (5 sono per spese di spedizione) sul conto corrente postale 83762187 intestato a Greenaction Transnational, specificando come causale «libro tracce di legalità» ed indicando esattamente l’indirizzo al quale dev’essere spedito.

Roberto Giurastante è da anni la personalità senza dubbio più energica ed attiva dell’ambientalismo triestino, per il quale ha operato prima come responsabile locale e regionale dei Friends of the Earth – Amici della Terra, FoE-AdT, e da alcuni anni con Greenaction Transnational, GT, e con l’internazionale Alpe Adria Green, AAG, di cui è anche il portavoce per l’Italia.

Le sue clamorose inchieste, scoperte e battaglie hanno segnato le cronache ambientali triestine e transconfinarie di questi anni, perché non ha mai avuto paura di indagare, documentare e denunciare i fatti, né di affrontarne le conseguenze tanto più pesanti ed anomale quanto più potenti erano i personaggi o gli ambienti responsabili denunciati, né di reclamare presso l’Unione Europea per inadempienze od abusi delle autorità italiane.

Mentre le sue azioni per la difesa dell’ambiente e della legalità, che si sono sempre confermate fondate, ottenevano successi in sede europea, nell’ambiente triestino è stato sottoposto a ritorsioni altrettanto significative che vanno dai silenzi stampa alle minacce di stampo mafioso (come di recente una testa caprina mozzata e martoriata, messa davanti l’uscio di casa), a vicende giudiziarie anomale, sino a pesanti ostilità della sede romana di AdT, sollecitate da politici locali. E non sono mancate le campagne di delegittimazione per presentarlo come estremista nemico di una società perbene, con accuse analoghe a quelle che vediamo rivolte ad altro Roberto, Saviano, impegnato ed esposto in prima persona contro tutte le mafie.

Il paragone non è fuori luogo, poiché anche a Trieste e nei settori affrontati da Roberto Giurastante ci sono tracce sensibili delle mafie tradizionali, cui si aggiungono i traffici di pseudo-massonerie, sette satanistiche e giri di perversioni illegali e droga anche ai livelli che contano. E pure qui, anzi forse più che altrove, il tutto è coperto e protetto da un’incredibile cappa di silenzi ed omertà che proietta la falsa immagine di una tranquilla, storica città benestante di confine dove non succede mai nulla. Invece anche qui la miseria cresce, succede (non da oggi) di tutto, ed il fatto che la criminalità comune sia a livelli minimi non esclude affatto quella organizzata, né quella “perbene”.

Alla presentazione del libro, introdotta e moderata dal nostro direttore Paolo G.Parovel, Giurastante dopo aver illustrato i contenuti più clamorosi del libro, ha spiegato il proprio impegno con le parole di J.F.Kennedy: «In qualsiasi sfera dell’esistenza un uomo può essere costretto al coraggio, quali che siano i sacrifici che affronta, seguendo la propria coscienza: la perdita dei suoi amici, della sua posizione, delle sue fortune e, persino, la perdita della stima delle persone che gli sono care.» E quanti lo conoscono sanno che gli si attagliano perfettamente.

Il libro di Roberto non ha precedenti a Trieste e contiene la cronistoria documentata di tutte le sue inchieste sinora svolte o connesse, più un prontuario utilissimo su come difendersi dagli abusi locali e nazionali ricorrendo alle Autorità europee. La sintesi più efficace e diretta che ve ne possiamo dare sono i capitoli principali dell’indice, che trascriviamo perciò qui di seguito, con la raccomandazione di non farvi sfuggire questo quadro straordinariamente preoccupante, proprio perché autentico, di ciò che si agita veramente dietro i palcoscenici pubblici della nostra città:

Parte prima
Il sistema delle discaricheUna zona industriale sopra una discarica – Il disastro ambientale della Valle delle Noghere .- Come funziona il sistema delle discariche – Il terrapieno di Barcola: discarica di diossina in zona balneare  – La discarica di Trebiciano – Grotte come discariche: l’inquinamento ipogeo  L’inquinamento del Golfo di Trieste: i depuratori – Emergenza sicurezza alimentare: branzini e orate al mercurio, latte ai pesticidi . L’affare delle bonifiche – Rifiuti radioattivi: il caso Ecormed  – Quelle strane società in odor di ‘servizi’ – Quei traffici di materiale nucleare – La Balkan Route – Da Trieste alla Somalia: il traffico internazionale di rifiuti tossici.

Parte seconda
Il sistema degli appaltiGli affari del cemento – Un parcheggio di ‘scambio’: il caso Caliterna – Il ‘cartello’ dei costruttori (CIET) – Dai parcheggi alle concessioni demaniali – Affari di famiglia – Appalti di Stato: il caso Sviluppo Italia – Il futuro degli appalti: tra parchi marini e TAV.

Parte terza
Il sistema dei villaggi ‘turistici’ – Progetti di sviluppo ‘turistico’: i collettori dei finanziamenti pubblici -Il grande affare della baia di Sistiana – Primo intervento della Commissione Europea – la compravendita della cava di Sistiana: come escludere dall’affare gli intrusi – Nuovi affari su Sistiana – Baia degli Uscocchi: l’altra speculazione tentata dal ‘sistema’ – Da una parte all’altra del Golfo: Porto San Rocco – Un parco giochi per bambini sopra una discarica – Rinviato a giudizio per avere denunciato la discarica-parco giochi – Uno stabilimento balneare sopra una discarica di mercurio e idrocarburi: il caso Acquario – L’intervento della Commissione Europea.

Parte quarta
Il sistema del rischio nucleare e industriale Il rischio nucleare a Nord Est: il caso Krško – 4 giugno 2008: l’allarme nucleare in Europa – La violazione della legge Seveso e i rigassificatori – L’aggravamento del rischio: il terminale di rigassificazione Gas Natural – L’affare dei rigassificatori: interessi privati o di Stato?

Parte quinta
Il sistema della repressione – Nemici pubblici – Primo livello: minacce agli ambientalisti – Secondo livello: l’aggressione giudiziaria – Interruzione di servizio pubblico – Condannate l’ambientalista ‘cattivo’ – I cittadini non hanno gli stessi diritti dei politici – L’aggressione interna – La delegittimazione e la censura stampa – L’effetto delle delegittimazione – Condannato per avere denunciato l’inquinamento – Senza possibilità di difesa – Le barriere della giustizia.

Parte sesta
Il sistema del contropotere – Tra pseudo-massonerie e satanismo –  L’ombra di Gladio 2 – Operazione foibe: la mano di Gladio 2 – Operazione cittadinanza: destabilizzare i Balcani, e non solo – Quegli affari pericolosi: il crack della TKB.

Parte settima
Come si mantiene un sistema di potereI pilastri del ‘sistema’ – Gli organi di informazione – L’autorità giudiziaria – Il controllo della classe politica – L’appoggio dei servizi – I limiti ambientali del ‘sistema’: il disastro ecologico e le sue conseguenze.

Parte ottava
Difendersi dal sistema: le istituzioni comunitarie Come esercitare i propri diritti di cittadini europei Le istituzioni comunitarie – Come ricorrere all’Unione Europea: funzionamento del Parlamento Europeo – La petizione al Parlamento Europeo – La denuncia alla Commissione Europea – La denuncia alla Corte di Giustizia Europea – Ricorso al Mediatore Europeo .- Denuncia all’ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (OLAF) – Ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – Esempi di ricorsi.

http://www.lavoceditrieste.info/index.php?option=com_content&view=article&id=237:finalmente-disponibile-lo-straordinario-libro-inchiesta-di-rgiurastante-sul-malaffare-a-trieste-e-su-come-difendersene&catid=40:inchieste&Itemid=27