Archivio Autore: Palau Giovannetti Pietro - Pagina 2

Dalla parte di De Magistris

L’Italia per bene è dalla parte di De Magistris vittima dei poteri criminali e della massomafia giudiziaria che controllano lo Stato. E’ un preciso dovere denunciare la corruzione della magistratura di regime asservita ai poteri forti e alla massoneria internazionale.
Lo Stato mafioso-camorristico ha sospeso a tempi di record lo scomodo Sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Prima lo hanno costretto a dimettersi da magistrato per le scomode inchieste sui rapporti tra mafia, politica e massoneria. Ora vogliono impedirgli anche di fare il Sindaco di Napoli, calpestando la volontà popolare. Il prefetto della città, Francesco Antonio Musolino, dopo avere ricevuto copia della sentenza di primo grado che condanna a un anno e tre mesi per abuso d’ufficio l’ex pm nel processo “Why Not”, nonostante la palese illegittimità della condanna, peraltro sub judice, ha deciso sbrigativamente che Luigi De Magistris verrà sospeso dalla carica di primo cittadino. E’ la conferma di un complotto ad orologeria in danno di un uomo coraggioso che ha incarnato prima come magistrato e poi come Sindaco gli ideali di uguaglianza e giustizia sociale dell’Italia onesta, seguendo le orme di Falcone e Borsellino. Il Sindaco De Magistris, che per noi e per tutti i napoletani per bene rimane tale, ha ribadito che non ha alcuna intenzione di dimettersi dalla carica e che la sentenza è indegna e sarà annullata in appello. E che, se costretto farà «il sindaco in strada». In effetti ha ragione: ci sono “fior di delinquenti nella magistratura” e risulta del tutto ingiustificato sul piano processuale che l’abnorme condanna dell’ex P.M. di Catanzaro sia giunta dal Tribunale di Roma, la cui incompetenza territoriale ex art. 11 c.p.p. è ben nota anche agli studenti del primo anno di scienze giuridiche e alla casalinga. Ma questa è la giustizia italiana: forte con i deboli debole con i forti.
Vedi l’intervista di Fazio e Gramellini a Luigi De Magistris su Rai tre:

Sosteniamo Luigi De Magistris e mobilitiamoci per fermare i disegni criminogeni governatvi e del C.S.M. e dell’Associazione Nazionale Magistrati.

La provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo e i diritti fondamentali della persona

Dal blog dell’avv. Robero Napoli

L’efficacia provvisoriamente esecutiva del decreto ingiuntivo ottenuto in virtu’ della sola documentazione bancaria si infrange, ancora una volta, contro la necessità di fornire valida prova nel giudizio a cognizione piena.

Pubblico di seguito il link di una mia nota a due ordinanze, rispettivamente, di sospensione e di non concessione della provvisoria esecutorietà di decreto ingiuntivo ottenuto da una banca per saldo di apertura di credito in conto corrente. Nella nota ho rappresentato alcune mie considerazioni sulla necessaria prudenza, da parte del giudice, nella valutazione dei presupposti per concedere o sospendere la provvisoria esecutorietà e sul bilanciamento del diritto di credito con vari diritti fondamentali della persona umana.

La nota e’ pubblicata sulla rivista giuridica online Diritto.it. (Per leggerla cliccare qui)

Processo civile veloce e riduzione arretrato: l’ultimo decreto-legge truffa in materia di giustizia

Processo civile veloce e riduzione arretrato: il decreto-legge pubblicato in Gazzetta

Decreto Legge 12.09.2014 n° 132 , G.U. 12.09.2014

Pubblichiamo il testo del decreto-legge n. 132 del 12 settembre 2014 recante “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri  interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.212 del 12 settembre 2014.

Sul tema segnaliamo:


DECRETO-LEGGE IN MATERIA DI PROCESSO CIVILE E RIDUZIONE DELL’ARRETRATO

CAPO I – ELIMINAZIONE DELL’ARRETRATO E TRASFERIMENTO IN SEDE ARBITRALE DEI PROCEDIMENTI CIVILI PENDENTI

CAPO II – PROCEDURA DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA DA UN AVVOCATO

CAPO III – ULTERIORI DISPOSIZIONI PER LA SEMPLIFICAZIONE DEI PROCEDIMENTI DI SEPARAZIONE PERSONALE E DI DIVORZIO

CAPO IV ALTRE MISURE PER LA FUNZIONALITÀ DEL PROCESSO CIVILE DI COGNIZIONE

CAPO V – ALTRE DISPOSIZIONI PER LA TUTELA DEL CREDITO NONCHE’ PER LA SEMPLIFICAZIONE E L’ACCELERAZIONE DEL PROCESSO DI ESECUZIONE FORZATA E DELLE PROCEDURE CONCORSUALI

CAPO VI – MISURE PER IL MIGLIORAMENTO DELL’ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA

Capo VII DIS1OSIZIONI FINALI


DECRETO-LEGGE 12 settembre 2014, n. 132

Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile. (14G00147)

(G.U. n. 212 del 12-9-2014)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Ritenuta la straordinaria necessita’ ed urgenza di emanare disposizioni in materia di degiurisdizionalizzazione e adottare altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile, nonche’ misure urgenti per la tutela del credito e la semplificazione e accelerazione del processo di esecuzione forzata;

Considerata la finalita’ di assicurare una maggiore funzionalita’ ed efficienza della giustizia civile mediante le predette urgenti misure;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 29 agosto 2014;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;

Emana

il seguente decreto-legge:

CAPO I – ELIMINAZIONE DELL’ARRETRATO E TRASFERIMENTO IN SEDE ARBITRALE DEI PROCEDIMENTI CIVILI PENDENTI

Art. 1. Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria

1. Nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d’appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, che non hanno ad oggetto diritti indisponibili e che non vertono in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, nelle quali la causa non e’ stata assunta in decisione, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile.

2. Il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell’ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale. Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell’ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all’albo dell’ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilita’ al Consiglio stesso.

3. Il procedimento prosegue davanti agli arbitri. Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e il lodo ha gli stessi effetti della sentenza.

4. Quando la trasmissione a norma del comma 2 e’ disposta in grado d’appello e il procedimento arbitrale non si conclude con la pronuncia del lodo entro centoventi giorni dall’accettazione della nomina del collegio arbitrale, il processo deve essere riassunto entro il termine perentorio dei successivi sessanta giorni. Quando il processo e’ riassunto il lodo non puo’ essere piu’ pronunciato. Se nessuna delle parti procede alla riassunzione nel termine, il procedimento si estingue e si applica l’articolo 338 del codice di procedura civile. Quando, a norma dell’articolo 830 del codice di procedura civile, e’ stata dichiarata la nullita’ del lodo pronunciato entro il termine di centoventi giorni di cui al primo periodo o, in ogni caso, entro la scadenza di quello per la riassunzione, il processo deve essere riassunto entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di nullita’.

5. Nei casi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, con decreto regolamentare del Ministro della giustizia possono essere stabilite riduzioni dei parametri relativi ai compensi degli arbitri. Nei medesimi casi non si applica l’articolo 814, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile.

CAPO II – PROCEDURA DI NEGOZIAZIONE ASSISTITA DA UN AVVOCATO

Art. 2. Convenzione di negoziazione assistita da un avvocato

1. La convenzione di negoziazione assistita da un avvocato e’ un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealta’ per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo anche ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96.

2. La convenzione di negoziazione deve precisare:

a) il termine concordato dalle parti per l’espletamento della procedura, in ogni caso non inferiore a un mese;

b) l’oggetto della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibili.

3. La convenzione e’ conclusa per un periodo di tempo determinato dalle parti, fermo restando il termine di cui al comma 2, lettera a).

4. La convenzione di negoziazione e’ redatta, a pena di nullita’, in forma scritta.

5. La convenzione e’ conclusa con l’assistenza di un avvocato.

6. Gli avvocati certificano l’autografia delle sottoscrizioni apposte alla convenzione sotto la propria responsabilita’ professionale.

7. E’ dovere deontologico degli avvocati informare il cliente all’atto del conferimento dell’incarico della possibilita’ di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita.

Art. 3. Improcedibilità

1. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti deve, tramite il suo avvocato, invitare l’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. Allo stesso modo deve procedere, fuori dei casi previsti dal periodo precedente e dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro. L’esperimento del procedimento di negoziazione assistita e’ condizione di procedibilita’ della domanda giudiziale. L’improcedibilita’ deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice quando rileva che la negoziazione assistita e’ gia’ iniziata, ma non si e’ conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 2 comma 3. Allo stesso modo provvede quando la negoziazione non e’ stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la comunicazione dell’invito. Il presente comma non si applica alle controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori.

2. Quando l’esperimento del procedimento di negoziazione assistita e’ condizione di procedibilita’ della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se l’invito non e’ seguito da adesione o e’ seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione ovvero quando e’ decorso il periodo di tempo di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a).

3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica:

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione;

b) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile;

c) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;

d) nei procedimenti in camera di consiglio;

e) nell’azione civile esercitata nel processo penale.

4. L’esperimento del procedimento di negoziazione assistita nei casi di cui al comma 1 non preclude la concessione di provvedimenti urgenti e cautelari, ne’ la trascrizione della domanda giudiziale.

5. Restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati.

6. Quando il procedimento di negoziazione assistita e’ condizione di procedibilita’ della domanda, all’avvocato non e’ dovuto compenso dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e successive modificazioni. A tale fine la parte e’ tenuta a depositare all’avvocato apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorieta’, la cui sottoscrizione puo’ essere autenticata dal medesimo avvocato, nonche’ a produrre, se l’avvocato lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicita’ di quanto dichiarato.

7. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando la parte puo’ stare in giudizio personalmente.

8. Le disposizioni di cui al presente articolo acquistano efficacia decorsi novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Art. 4. Non accettazione dell’invito e mancato accordo

1. L’invito a stipulare la convenzione deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto puo’ essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, primo comma, del codice di procedura civile.

2. La certificazione dell’autografia della firma apposta all’invito avviene ad opera dell’avvocato che formula l’invito.

3. La dichiarazione di mancato accordo e’ certificata dagli avvocati designati.

Art. 5. Esecutività dell’accordo raggiunto a seguito della convenzione e trascrizione

1. L’accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

2. Gli avvocati certificano l’autografia delle firme e la conformita’ dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico.

3. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a cio’ autorizzato.

4. Costituisce illecito deontologico per l’avvocato impugnare un accordo alla cui redazione ha partecipato.

Art. 6. Convenzione di negoziazione assistita da un avvocato per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio

1. La convenzione di negoziazione assistita da un avvocato puo’ essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 10 dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

2. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti.

3. L’accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. L’avvocato della parte e’ obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell’accordo munito delle certificazioni di cui all’articolo 5.

4. All’avvocato che viola l’obbligo di cui al comma 3, secondo periodo, e’ applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 ad euro 50.000. Alla irrogazione della sanzione di cui al periodo che precede e’ competente il Comune in cui devono essere eseguite le annotazioni previste dall’articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

5. Al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 49, comma 1, dopo la lettera g), e’ aggiunta la seguente lettera:« g-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio;»;

b) all’articolo 63, comma 1, dopo la lettera g), e’ aggiunta la seguente lettera:« g-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonche’ di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.»;

c) all’articolo 69, comma 1, dopo la lettera d), e’ aggiunta la seguente lettera:« d-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio;».

Art. 7. Conciliazione avente per oggetto diritti del prestatore di lavoro

1. All’articolo 2113 del codice civile, al quarto comma, dopo le parole “del codice di procedura civile” sono aggiunte le seguenti: «o conclusa a seguito di una procedura di negoziazione assistita da un avvocato».

Art. 8. Interruzione della prescrizione e della decadenza

1. Dal momento della comunicazione dell’invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita ovvero della sottoscrizione della convenzione si producono sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data e’ impedita, per una sola volta, la decadenza, ma se l’invito e’ rifiutato o non e’ accettato nel termine di cui all’articolo 4, comma 1, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione nel termine ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo certificata dagli avvocati.

Art. 9. Obblighi dei difensori e tutela della riservatezza

1. I difensori non possono essere nominati arbitri ai sensi dell’articolo 810 del codice di procedura civile nelle controversie aventi il medesimo oggetto o connesse.

2. E’ fatto obbligo agli avvocati e alle parti di comportarsi con lealta’ e di tenere riservate le informazioni ricevute. Le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto.

3. I difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite.

4. A tutti coloro che partecipano al procedimento si applicano le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del medesimo codice di procedura penale in quanto applicabili.

Art. 10. Antiriciclaggio

1. All’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, dopo le parole: «compresa la consulenza sull’eventualita’ di intentare o evitare un procedimento,» sono inserite le seguenti: «anche tramite una convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ai sensi di legge,».

Art. 11. Raccolta dei dati

1. I difensori che sottoscrivono l’accordo raggiunto dalle parti a seguito della convenzione sono tenuti a trasmetterne copia al Consiglio dell’ordine circondariale del luogo ove l’accordo e’ stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell’ordine presso cui e’ iscritto uno degli avvocati.

2. Con cadenza annuale il Consiglio nazionale forense provvede al monitoraggio delle procedure di negoziazione assistita e ne trasmette i dati al Ministero della giustizia.

CAPO III – ULTERIORI DISPOSIZIONI PER LA SEMPLIFICAZIONE DEI PROCEDIMENTI DI SEPARAZIONE PERSONALE E DI DIVORZIO

Art. 12. Separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all’ufficiale dello stato civile

1. I coniugi possono concludere, innanzi all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza di uno di loro o del comune presso cui e’ iscritto o trascritto l’atto di matrimonio, un accordo di separazione personale ovvero, nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 10 dicembre 1970, n. 898, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonche’ di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

2. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti.

3. L’ufficiale dello stato civile riceve da ciascuna delle parti personalmente la dichiarazione che esse vogliono separarsi ovvero far cessare gli effetti civili del matrimonio o ottenerne lo scioglimento secondo condizioni tra di esse concordate. Allo stesso modo si procede per la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. L’accordo non puo’ contenere patti di trasferimento patrimoniale. L’atto contenente l’accordo e’ compilato e sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni di cui al presente comma. L’accordo tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

4. All’articolo 3, al secondo capoverso della lettera b) del numero 2 del primo comma della legge 1° dicembre 1970, n. 898, dopo le parole «trasformato in consensuale» sono aggiunte le seguenti: «, ovvero dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile.».

5. Al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 49, comma 1, dopo la lettera g-bis), e’ aggiunta la seguente lettera:« g-ter) gli accordi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ricevuti dall’ufficiale dello stato civile;»;

b) all’articolo 63, comma 1, dopo la lettera g), e’ aggiunta la seguente lettera:« g-ter) gli accordi di separazione personale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ricevuti dall’ufficiale dello stato civile, nonche’ di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio;»;

c) all’articolo 69, comma 1, dopo la lettera d-bis), e’ aggiunta la seguente lettera:« d-ter) gli accordi di separazione personale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ricevuti dall’ufficiale dello stato civile;».

6. Alla Tabella D), allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, dopo il punto 11 delle norme speciali inserire il seguente punto: «11-bis) Il diritto fisso da esigere da parte dei comuni all’atto della conclusione dell’accordo di separazione personale, ovvero di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonche’ di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, ricevuto dall’ufficiale di stato civile del comune non puo’ essere stabilito in misura superiore all’imposta fissa di bollo prevista per le pubblicazioni di matrimonio dall’articolo 4 della tabella allegato A) al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642».

7. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

CAPO IV – ALTRE MISURE PER LA FUNZIONALITÀ DEL PROCESSO CIVILE DI COGNIZIONE

Art. 13. Modifiche al regime della compensazione delle spese

1. All’articolo 92 del codice di procedura civile, il secondo comma e’ sostituito dal seguente:

«Se vi e’ soccombenza reciproca ovvero nel caso di novita’ della questione trattata o mutamento della giurisprudenza, il giudice puo’ compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti.».

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica ai procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Art. 14. Passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione

1. Dopo l’articolo 183 del codice di procedura civile e’ inserito il seguente:

«183-bis (Passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione). – Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, il giudice nell’udienza di trattazione, valutata la complessita’ della lite e dell’istruzione probatoria, puo’ disporre, previo contraddittorio anche mediante trattazione scritta, con ordinanza non impugnabile, che si proceda a norma dell’articolo 702-ter e invita le parti ad indicare, a pena di decadenza, nella stessa udienza i mezzi di prova, ivi compresi i documenti, di cui intendono avvalersi e la relativa prova contraria.

Se richiesto, puo’ fissare una nuova udienza e termine perentorio non superiore a quindici giorni per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali e termine perentorio di ulteriori dieci giorni per le sole indicazioni di prova contraria.».

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica ai procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Art. 15. Dichiarazioni rese al difensore

1. Al codice di procedura civile, dopo l’articolo 257-bis e’ aggiunto il seguente:

«257-ter (Dichiarazioni scritte). – La parte puo’ produrre, sui fatti rilevanti ai fini del giudizio, dichiarazioni di terzi, capaci di testimoniare, rilasciate al difensore, che, previa identificazione a norma dell’articolo 252, ne attesta l’autenticita’.

Il difensore avverte il terzo che la dichiarazione puo’ essere utilizzata in giudizio, delle conseguenze di false dichiarazioni e che il giudice puo’ disporre anche d’ufficio che sia chiamato a deporre come testimone.».

Art. 16Modifiche alla legge 7 ottobre 1969, n. 742

1. All’articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 le parole «dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno» sono sostituite dalle seguenti: «dal 6 al 31 agosto di ciascun anno».

2. Alla legge 2 aprile 1979, n. 97, dopo l’articolo 8, e’ aggiunto il seguente:

«Art. 8-bis (Ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato). – Fermo quanto disposto dall’articolo 1 della legge 23 dicembre 1977, n. 937, i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonche’ gli avvocati e procuratori dello Stato hanno un periodo annuale di ferie di trenta giorni.».

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 acquistano efficacia a decorrere dall’anno 2015.

4. Gli organi di autogoverno delle magistrature e l’organo dell’avvocatura dello Stato competente provvedono ad adottare misure organizzative conseguenti all’applicazione delle disposizioni dei commi 1 e 2.

CAPO V – ALTRE DISPOSIZIONI PER LA TUTELA DEL CREDITO NONCHE’ PER LA SEMPLIFICAZIONE E L’ACCELERAZIONE DEL PROCESSO DI ESECUZIONE FORZATA E DELLE PROCEDURE CONCORSUALI

Art. 17. Misure per il contrasto del ritardo nei pagamenti

1. All’articolo 1284 del codice civile dopo il terzo comma sono aggiunti i seguenti:

«Se le parti non ne hanno determinato la misura, da quando ha inizio un procedimento di cognizione il saggio degli interessi legali e’ pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

La disposizione del quarto comma si applica anche all’atto con cui si promuove il procedimento arbitrale.».

2. Le disposizioni del comma 1 producono effetti rispetto ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Art. 18. Iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione

1. Al libro terzo del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 518, sesto comma, e’ sostituito dal seguente:

«Compiute le operazioni, l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore il processo verbale, il titolo esecutivo e il precetto. Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi degli atti di cui al periodo precedente, entro dieci giorni dalla consegna. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell’esecuzione. Sino alla scadenza del termine di cui all’articolo 497 copia del processo verbale e’ conservata dall’ufficiale giudiziario a disposizione del debitore. Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al primo periodo del presente comma sono depositate oltre il termine di dieci giorni dalla consegna al creditore.»;

b) l’articolo 543, quarto comma, e’ sostituito dal seguente:

«Eseguita l’ultima notificazione, l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l’originale dell’atto di citazione. Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell’atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, entro trenta giorni dalla consegna. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell’esecuzione. Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al primo periodo sono depositate oltre il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore.»;

c) l’articolo 557 e’ sostituito dal seguente:

«Art. 557 (Deposito dell’atto di pignoramento). – Eseguita l’ultima notificazione, l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l’atto di pignoramento e la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.

Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell’atto di pignoramento e della nota di trascrizione entro dieci giorni dalla consegna dell’atto di pignoramento. Nell’ipotesi di cui all’articolo 555, ultimo comma, il creditore deve depositare la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.

Il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione. Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie dell’atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto sono depositate oltre il termine di dieci giorni dalla consegna al creditore.».

2. Alle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, dopo l’articolo 159 e’ inserito il seguente:

«Art. 159-bis (Nota d’iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione). – La nota d’iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione deve in ogni caso contenere l’indicazione delle parti, nonche’ le generalita’ e il codice fiscale, ove attribuito, della parte che iscrive la causa a ruolo, del difensore, della cosa o del bene oggetto di pignoramento. Il Ministro della giustizia, con proprio decreto avente natura non regolamentare, puo’ indicare ulteriori dati da inserire nella nota di iscrizione a ruolo.»;

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai procedimenti esecutivi iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

4. All’articolo 16-bis, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:

«A decorrere dal 31 marzo 2015, il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalita’ telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Unitamente alla nota di iscrizione a ruolo sono depositati, con le medesime modalita’, le copie conformi degli atti indicati dagli articoli 518, sesto comma, 543, quarto comma e 557, secondo comma, del codice di procedura civile. Ai fini del presente comma, il difensore attesta la conformita’ delle copie agli originali, anche fuori dai casi previsti dal comma 9-bis.».

Art. 19. Misure per l’efficienza e la semplificazione del processo esecutivo

1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 26, secondo comma, e’ abrogato;

b) dopo l’articolo 26 e’ inserito il seguente:

«Art. 26-bis (Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti). – Quando il debitore e’ una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’articolo 413, quinto comma, per l’espropriazione forzata di crediti e’ competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

Fuori dei casi di cui al primo comma, per l’espropriazione forzata di crediti e’ competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.»;

c) all’articolo 492 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) il settimo comma e’ abrogato;

2) all’ottavo comma, le parole «negli stessi casi di cui al settimo comma e» sono soppresse;

d) dopo l’articolo 492 e’ inserito il seguente:

«Art. 492-bis (Ricerca con modalita’ telematiche dei beni da pignorare). – Su istanza del creditore procedente, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, verificato il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, autorizza la ricerca con modalita’ telematiche dei beni da pignorare. L’istanza deve contenere l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica ordinaria ed il numero di fax del difensore nonche’, ai fini dell’articolo 547, dell’indirizzo di posta elettronica certificata.

Fermo quanto previsto dalle disposizioni in materia di accesso ai dati e alle informazioni degli archivi automatizzati del Centro elaborazione dati istituito presso il Ministero dell’interno ai sensi dell’articolo 8 della legge 1° aprile 1981, n. 121, con l’autorizzazione di cui al primo comma il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato dispone che l’ufficiale giudiziario acceda mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, nel pubblico registro automobilistico e in quelle degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti. Terminate le operazioni l’ufficiale giudiziario redige un unico processo verbale nel quale indica tutte le banche dati interrogate e le relative risultanze.

Se l’accesso ha consentito di individuare cose che si trovano in luoghi appartenenti al debitore compresi nel territorio di competenza dell’ufficiale giudiziario, quest’ultimo accede agli stessi per provvedere d’ufficio agli adempimenti di cui agli articoli 517, 518 e 520. Se i luoghi non sono compresi nel territorio di competenza di cui al periodo precedente, copia autentica del verbale e’ rilasciata al creditore che, entro dieci giorni dal rilascio a pena d’inefficacia della richiesta, la presenta, unitamente all’istanza per gli adempimenti di cui agli articoli 517, 518 e 520, all’ufficiale giudiziario territorialmente competente.

L’ufficiale giudiziario, quando non rinviene una cosa individuata mediante l’accesso nelle banche dati di cui al secondo comma, intima al debitore di indicare entro quindici giorni il luogo in cui si trova, avvertendolo che l’omessa o la falsa comunicazione e’ punita a norma dell’articolo 388, sesto comma, del codice penale.

Se l’accesso ha consentito di individuare crediti del debitore o cose di quest’ultimo che sono nella disponibilita’ di terzi, l’ufficiale giudiziario notifica d’ufficio, ove possibile a norma dell’articolo 149-bis o a mezzo telefax, al debitore e al terzo il verbale, che dovra’ anche contenere l’indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, dell’indirizzo di posta elettronica certificata di cui al primo comma, del luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere residente, dell’ingiunzione, dell’invito e dell’avvertimento al debitore di cui all’articolo 492, primo, secondo e terzo comma, nonche’ l’intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute, nei limiti di cui all’articolo 546. Il verbale di cui al presente comma e’ notificato al terzo per estratto, contenente esclusivamente i dati a quest’ultimo riferibili.

Quando l’accesso ha consentito di individuare piu’ crediti del debitore o piu’ cose di quest’ultimo che sono nella disponibilita’ di terzi l’ufficiale giudiziario sottopone ad esecuzione i beni scelti dal creditore.

Quando l’accesso ha consentito di individuare sia cose di cui al terzo comma che crediti o cose di cui al quinto comma, l’ufficiale giudiziario sottopone ad esecuzione i beni scelti dal creditore.»;

e) all’articolo 543 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al primo comma, la parola “personalmente” e’ soppressa;

2) al secondo comma, il numero 4) e’ sostituito dal seguente:

«4) la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, con l’invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all’articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata; con l’avvertimento al terzo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovra’ essere resa dal terzo comparendo in un’apposita udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell’ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione»;

3) dopo il quarto comma e’ inserito il seguente:

«Quando procede a norma dell’articolo 492-bis, l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto, e si applicano le disposizioni di cui al quarto comma. Decorso il termine di cui all’articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere l’assegnazione o la vendita delle cose mobili o l’assegnazione dei crediti. Sull’istanza di cui al periodo precedente il giudice fissa l’udienza per l’audizione del creditore e del debitore e provvede a norma degli articoli 552 o 553. Il decreto con cui viene fissata l’udienza di cui al periodo precedente e’ notificato a cura del creditore procedente e deve contenere l’invito e l’avvertimento al terzo di cui al numero 4) del secondo comma.»;

f) all’articolo 547, il primo comma e’ sostituito dal seguente: «Con dichiarazione a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme e’ debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna.»;

g) all’articolo 548, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) il primo comma e’ abrogato;

2) il secondo comma e’ sostituito dal seguente:

«Quando all’udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa un’udienza successiva. L’ordinanza e’ notificata al terzo almeno dieci giorni prima della nuova udienza. Se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o 553.»;

h) all’articolo 560, terzo comma, le parole «provvede all’aggiudicazione o all’assegnazione dell’immobile» sono sostituite dalle seguenti «autorizza la vendita»;

i) l’articolo 609 e’ sostituito dal seguente:

«Art. 609 (Provvedimenti circa i mobili estranei all’esecuzione). – Quando nell’immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati, l’ufficiale giudiziario intima alla parte tenuta al rilascio ovvero a colui al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine. Dell’intimazione si da’ atto a verbale ovvero, se colui che e’ tenuto a provvedere all’asporto non e’ presente, mediante atto notificato a spese della parte istante. Quando entro il termine assegnato l’asporto non e’ stato eseguito l’ufficiale giudiziario, su richiesta e a spese della parte istante, determina, anche a norma dell’articolo 518, primo comma, il presumibile valore di realizzo dei beni ed indica le prevedibili spese di custodia e di asporto.

Quando puo’ ritenersi che il valore dei beni e’ superiore alle spese di custodia e di asporto, l’ufficiale giudiziario, a spese della parte istante, nomina un custode e lo incarica di trasportare i beni in altro luogo. Il custode e’ nominato a norma dell’articolo 559. In difetto di istanza e di pagamento anticipato delle spese i beni, quando non appare evidente l’utilita’ del tentativo di vendita di cui al quinto comma, sono considerati abbandonati e l’ufficiale giudiziario, salva diversa richiesta della parte istante, ne dispone lo smaltimento o la distruzione.

Se sono rinvenuti documenti inerenti lo svolgimento di attivita’ imprenditoriale o professionale che non sono stati asportati a norma del primo comma, gli stessi sono conservati, per un periodo di due anni, dalla parte istante ovvero, su istanza e previa anticipazione delle spese da parte di quest’ultima, da un custode nominato dall’ufficiale giudiziario. In difetto di istanza e di pagamento anticipato delle spese si applica, in quanto compatibile, quanto previsto dal secondo comma, ultimo periodo. Allo stesso modo si procede alla scadenza del termine biennale di cui al presente comma a cura della parte istante o del custode.

Decorso il termine fissato nell’intimazione di cui al primo comma, colui al quale i beni appartengono puo’, prima della vendita ovvero dello smaltimento o distruzione dei beni a norma del secondo comma, ultimo periodo, chiederne la consegna al giudice dell’esecuzione per il rilascio. Il giudice provvede con decreto e, quando accoglie l’istanza, dispone la riconsegna previa corresponsione delle spese e compensi per la custodia e per l’asporto.

Il custode provvede alla vendita senza incanto nelle forme previste per la vendita dei beni mobili pignorati, secondo le modalita’ disposte dal giudice dell’esecuzione per il rilascio. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 530 e seguenti del codice di procedura civile. La somma ricavata e’ impiegata per il pagamento delle spese e dei compensi per la custodia, per l’asporto e per la vendita, liquidate dal giudice dell’esecuzione per il rilascio. Salvo che i beni appartengano ad un soggetto diverso da colui che e’ tenuto al rilascio, l’eventuale eccedenza e’ utilizzata per il pagamento delle spese di esecuzione liquidate a norma dell’articolo 611.

In caso di infruttuosita’ della vendita nei termini fissati dal giudice dell’esecuzione, si procede a norma del secondo comma, ultimo periodo.

Se le cose sono pignorate o sequestrate, l’ufficiale giudiziario da’ immediatamente notizia dell’avvenuto rilascio al creditore su istanza del quale fu eseguito il pignoramento o il sequestro, e al giudice dell’esecuzione per l’eventuale sostituzione del custode.»;

2. Alle disposizioni per l’attuazione al codice di procedura civile, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo l’articolo 155 sono inseriti i seguenti:

«Art. 155-bis (Archivio dei rapporti finanziari). – Per archivio dei rapporti finanziari di cui all’articolo 492-bis, primo comma, del codice si intende la sezione di cui all’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.

Art. 155-ter (Partecipazione del creditore alla ricerca dei beni da pignorare con modalita’ telematiche). – La partecipazione del creditore alla ricerca dei beni da pignorare di cui all’articolo 492-bis del codice ha luogo a norma dell’articolo 165 di queste disposizioni.

Nei casi di cui all’articolo 492-bis, sesto e settimo comma, l’ufficiale giudiziario, terminate le operazioni di ricerca dei beni con modalita’ telematiche, comunica al creditore le banche dati interrogate e le informazioni dalle stesse risultanti a mezzo telefax o posta elettronica anche non certificata, dandone atto a verbale. Il creditore entro dieci giorni dalla comunicazione indica all’ufficiale giudiziario i beni da sottoporre ad esecuzione; in mancanza la richiesta di pignoramento perde efficacia.

Art. 155-quater (Modalita’ di accesso alle banche dati). – Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono individuati i casi, i limiti e le modalita’ di esercizio della facolta’ di accesso alle banche dati di cui al primo comma dell’articolo 492-bis del codice, nonche’ le modalita’ di trattamento e conservazione dei dati e le cautele a tutela della riservatezza dei debitori. Con il medesimo decreto sono individuate le ulteriori banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere, che l’ufficiale giudiziario puo’ interrogare tramite collegamento telematico diretto o mediante richiesta al titolare dei dati.

Il Ministro della giustizia puo’ procedere al trattamento dei dati acquisiti senza provvedere all’informativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

E’ istituito, presso ogni ufficio notifiche, esecuzioni e protesti, il registro cronologico denominato “Modello ricerca beni”, conforme al modello adottato con il decreto del Ministro della giustizia di cui al primo comma.

L’accesso da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all’articolo 492-bis del codice e a quelle individuate con il decreto di cui al primo comma e’ gratuito. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche all’accesso effettuato a norma dell’articolo 155-quinquies di queste disposizioni.

Art. 155-quinquies (Accesso alle banche dati tramite i gestori). – Quando le strutture tecnologiche, necessarie a consentire l’accesso diretto da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all’articolo 492-bis del codice e a quelle individuate con il decreto di cui all’articolo 155-quater, primo comma, non sono funzionanti, il creditore procedente, previa autorizzazione a norma dell’articolo 492-bis, primo comma, del codice, puo’ ottenere dai gestori delle banche dati previste dal predetto articolo e dall’articolo 155-quater di queste disposizioni le informazioni nelle stesse contenute.».

b) dopo l’articolo 164 e’ aggiunto il seguente:

«Art. 164-bis (Infruttuosita’ dell’espropriazione forzata). – Quando risulta che non e’ piu’ possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilita’ di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, e’ disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo.».

3. Al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 13, dopo il comma 1-quater e’ inserito il seguente:

«1-quinquies. Per il procedimento introdotto con l’istanza di cui all’articolo 492-bis, primo comma, del codice di procedura civile il contributo dovuto e’ pari ad euro 43 e non si applica l’articolo 30»;

b) all’articolo 14, dopo il comma 1, e’ aggiunto il seguente:

«1-bis. La parte che fa istanza a norma dell’articolo 492-bis, primo comma, del codice di procedura civile e’ tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato.»;

4. Al decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 107, secondo comma, dopo le parole «sono addetti» sono aggiunte le seguenti:

«, il verbale di cui all’articolo 492-bis del codice di procedura civile»;

b) all’articolo 122, dopo il primo comma, sono aggiunti i seguenti:

«Quando si procede alle operazioni di pignoramento presso terzi a norma dell’articolo 492-bis del codice di procedura civile o di pignoramento mobiliare, gli ufficiali giudiziari sono retribuiti mediante un ulteriore compenso, che rientra tra le spese di esecuzione, stabilito dal giudice dell’esecuzione:

a) in una percentuale del 5 per cento sul valore di assegnazione o sul ricavato della vendita dei beni mobili pignorati fino ad euro 10.000,00, in una percentuale del 2 per cento sul ricavato della vendita o sul valore di assegnazione dei beni mobili pignorati da euro 10.001,00 fino ad euro 25.000,00 e in una percentuale del 1 per cento sull’importo superiore;

b) in una percentuale del 6 per cento sul ricavato della vendita o sul valore di assegnazione dei beni e dei crediti pignorati ai sensi degli articoli 492-bis del codice di procedura civile fino ad euro 10.000,00, in una percentuale del 4 per cento sul ricavato della vendita o sul valore di assegnazione dei beni e dei crediti pignorati da euro 10.001,00 fino ad euro 25.000,00 ed in una percentuale del 3 per cento sull’importo superiore.

In caso di conversione del pignoramento ai sensi dell’articolo 495 del codice di procedura civile, il compenso e’ determinato secondo le percentuali di cui alla lettera a) ridotte della meta’, sul valore dei beni o dei crediti pignorati o, se maggiore, sull’importo della somma versata.

In caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo il compenso e’ posto a carico del creditore procedente ed e’ liquidato dal giudice dell’esecuzione nella stessa percentuale di cui al comma precedente calcolata sul valore dei beni pignorati o, se maggiore, sul valore del credito per cui si procede.

In ogni caso il compenso dell’ufficiale giudiziario calcolato ai sensi dei commi secondo, terzo e quarto non puo’ essere superiore ad un importo pari al 5 per cento del valore del credito per cui si procede.

Le somme complessivamente percepite a norma dei commi secondo, terzo, quarto e quinto sono attribuite dall’ufficiale giudiziario dirigente l’ufficio nella misura del sessanta per cento all’ufficiale o al funzionario che ha proceduto alle operazioni di pignoramento. La residua quota del quaranta per cento e’ distribuita dall’ufficiale giudiziario dirigente l’ufficio, in parti uguali, tra tutti gli altri ufficiali e funzionari preposti al servizio esecuzioni. Quando l’ufficiale o il funzionario che ha eseguito il pignoramento e’ diverso da colui che ha interrogato le banche dati previste dall’articolo 492-bis del codice di procedura civile e dal decreto di cui all’articolo 155-quater delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, il compenso di cui al primo periodo del presente comma e’ attribuito nella misura del cinquanta per cento ciascuno.».

5. All’articolo 7, nono comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, e’ inserito, in fine, il seguente periodo:

«Le informazioni comunicate sono altresi’ utilizzabili dall’autorita’ giudiziaria ai fini della ricostruzione dell’attivo e del passivo nell’ambito di procedure concorsuali, di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui. Nei casi di cui al periodo precedente l’autorita’ giudiziaria si avvale per l’accesso dell’ufficiale giudiziario secondo le disposizioni relative alla ricerca con modalita’ telematiche dei beni da pignorare.».

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Art. 20. Monitoraggio delle procedure esecutive individuali e concorsuali e deposito della nota di iscrizione a ruolo con modalità telematiche

1. All’articolo 16-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, dopo il comma 9, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«9-ter. Unitamente all’istanza di cui all’articolo 119, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il curatore deposita un rapporto riepilogativo finale redatto in conformita’ a quanto previsto dall’articolo 33, quinto comma, del medesimo regio decreto. Conclusa l’esecuzione del concordato preventivo con cessione dei beni, si procede a norma del periodo precedente, sostituendo il liquidatore al curatore.

9-quater. Il commissario giudiziale della procedura di concordato preventivo di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ogni sei mesi successivi alla presentazione della relazione di cui all’articolo 172, primo comma, del predetto regio decreto redige un rapporto riepilogativo secondo quanto previsto dall’articolo 33, quinto comma, dello stesso regio decreto e lo trasmette ai creditori a norma dell’articolo 171, secondo comma, del predetto regio decreto. Conclusa l’esecuzione del concordato si applica il comma 9-ter, sostituendo il commissario al curatore.

9-quinquies. Entro dieci giorni dall’approvazione del progetto di distribuzione, il professionista delegato a norma dell’articolo 591-bis del codice di procedura civile deposita un rapporto riepilogativo finale delle attivita’ svolte.

9-sexies. I rapporti riepilogativi periodici e finali previsti per le procedure concorsuali e il rapporto riepilogativo finale previsto per i procedimenti di esecuzione forzata devono essere depositati con modalita’ telematiche nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, nonche’ delle apposite specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. I relativi dati sono estratti ed elaborati, a cura del Ministero della giustizia, anche nell’ambito di rilevazioni statistiche nazionali.».

2. Al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 40, dopo il comma 1, e’ aggiunto il seguente:

«1-bis. Il commissario straordinario, redige ogni sei mesi una relazione sulla situazione patrimoniale dell’impresa e sull’andamento della gestione in conformita’ a modelli standard stabiliti con decreto, avente natura non regolamentare, del Ministero dello sviluppo economico. La relazione di cui al periodo precedente e’ trasmessa al predetto Ministero con modalita’ telematiche.».

b) all’articolo 75, al comma 1, dopo il primo periodo e’ inserito il seguente:

«Il bilancio finale della procedura e il conto della gestione sono redatti in conformita’ a modelli standard stabiliti con decreto, avente natura non regolamentare, del Ministero di cui al periodo che precede, al quale sono sottoposti con modalita’ telematiche.».

3. I dati risultanti dai rapporti riepilogativi periodici e finali di cui agli articoli 40 e 75, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, sono estratti ed elaborati, a cura del Ministero dello sviluppo economico, nell’ambito di rilevazioni statistiche nazionali.

4. Per l’attuazione delle disposizioni dei commi 1 e 2 il Ministero competente provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.».

5. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle procedure concorsuali ed ai procedimenti di esecuzione forzata pendenti, a decorrere dal novantesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento contenente le specifiche tecniche di cui all’articolo 16-bis, comma 9-sexies del D.L. n. 179/2012.

6. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 si applicano, anche alle procedure di amministrazione straordinaria pendenti, a decorrere dal novantesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti previsti all’articolo 40, comma 1-bis, e 75, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270.

CAPO VI – MISURE PER IL MIGLIORAMENTO DELL’ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA

Art. 21. Disposizioni in tema di tramutamenti successivi dei magistrati

1. Al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, dopo l’articolo 10 e’ aggiunto il seguente:

«Art. 10-bis (Termine per l’assunzione delle funzioni in caso di tramutamenti successivi). – Il Consiglio superiore della magistratura espleta, di regola due volte all’anno, le procedure di tramutamento successivo dei magistrati e le definisce entro quattro mesi.

Il Ministro della giustizia adotta un solo decreto per tutti i magistrati tramutati nell’ambito della medesima procedura indetta con unica delibera del Consiglio superiore della magistratura.

Il Consiglio superiore della magistratura, nel disporre il tramutamento che comporta o rende piu’ grave una scopertura del trentacinque per cento dell’organico dell’ufficio giudiziario di appartenenza del magistrato interessato alla procedura, delibera la sospensione dell’efficacia del provvedimento sino alla delibera di copertura del posto lasciato vacante. La sospensione dell’efficacia di cui al periodo che precede cessa comunque decorsi sei mesi dall’adozione della delibera. Il presente comma non si applica quando l’ufficio di destinazione oggetto della delibera di tramutamento ha una scopertura uguale o superiore alla percentuale di scopertura dell’ufficio di provenienza.

Si applicano le disposizioni dell’articolo 10.».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle procedure di tramutamento avviate con delibera del Consiglio superiore della magistratura adottata successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

CAPO VII – DISPOSIZIONI FINALI

Art. 22. Disposizioni finanziarie

1. All’onere derivante dalle disposizioni di cui agli articoli 18 e 20, pari a euro 550.000,00 per l’anno 2014 e a euro 100.000,00 a decorrere dall’anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

2. Alle minori entrate derivanti dalle disposizioni di cui agli articoli 3, 6 e 12, valutate in euro 4,3 milioni, si provvede con le maggiori entrate di cui all’articolo 19.

3. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 23. Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara’ presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi’ 12 settembre 2014

NAPOLITANO

Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri

Orlando, Ministro della giustizia

Padoan, Ministro dell’economia e delle finanze

Visto, il Guardasigilli: Orlando

Prescrizione crediti e cartella esattoriale non opposta: no applicazione analogica art. 2953 cc

Prescrizione crediti e cartella esattoriale non opposta: no applicazione analogica art. 2953 cc

Corte d’Appello Lecce, sez. lavoro, sentenza 14.03.2014 n° 668 (Cristiano Ditonno)

“Alla luce di un più approfondito esame della materia, non può che ritenere che solo il credito derivante da una sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c. (che in quanto norma di carattere eccezionale, non può estendersi per analogia a casi semplicemente assimilabili), mentre, se la definitività del credito non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dalla norma specifica (Cass. 10.12.2009 n. 25790)” (C. App., Sez. Lav., Sent. N. 668/2014 del 14/03/2014).

Il caso

Con ricorso depositato il 13/04/2011 e pedissequo decreto emesso dal Tribunale di Brindisi, Sezione Lavoro, la sig.ra XXXX proponeva opposizione avverso un’intimazione di pagamento notificatale dall’Equitalia Sud s.p.a., relativa a cartella di pagamento avente ad oggetto contributi previdenziali INPS insoluti e maturati nel 2001. Il ricorso si fondava sull’eccepita mancata notificazione della propedeutica cartella di pagamento e sulla prescrizione del credito previdenziale. Si costituivano in giudizio INPS, S.C.C.I. s.p.a. ed Equitalia e contestavano gli assunti attorei, chiedendo il rigetto del ricorso. Con sentenza del 27/11/2013, il Tribunale di Brindisi, ritenuta fondata l’eccezione di prescrizione, accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava l’atto opposto.

Proponeva appello l’Equitalia SUD S.p.A., rilevando che il termine prescrizionale del credito previdenziale, poiché intimato con cartella di pagamento “passata in giudicato”, era decennale e, per l’effetto, chiedeva la riforma della sentenza di primo grado, con ogni giuridica conseguenza. Il Concessionario faceva leva sul precedente giurisprudenziale conforme della stessa Corte adita ed emesso nel 2012 (C. App., Sez. Lav., Sentenza 1149/2012) e chiedeva, per l’effetto, la revisione della sentenza di primo grado. Si costituivano in giudizio le parti resistenti e, in particolare, la difesa della contribuente eccepiva e deduceva l’infondatezza dell’appello, chiedendone l’integrale rigetto.

Con sentenza 14 marzo 2014, n. 668 la Corte d’Appello di Lecce rigettava il ricorso in appello e condannava l’appellante alla refusione delle spese di lite.

La decisione

Il provvedimento in commento si inserisce nell’annosa questione giuridica inerente l’applicabilità o meno dell’art. 2953 c.c. alle cartelle di pagamento notificate dall’Equitalia e cristallizzatesi, per mancata opposizione, in un credito irretrattabile.

Non risulterà sconosciuta ai più la teoria, di scuola prettamente giurisprudenziale, secondo la quale all’irretrattabilità del credito censito nella cartella di pagamento non opposta nei termini si applicherebbe l’effetto del citato art. 2953 c.c.

Secondo tale impostazione, dal c.d. “passaggio in giudicato” della cartella esattoriale, discenderebbe la trasformazione della prescrizione propria dei crediti in quella ordinaria, indipendentemente dalla natura degli stessi. Sicché, anche laddove il credito si prescriva per sua natura in un termine più breve, quest’ultimo si trasformerebbe in decennale per applicazione analogica della norma.

L’impostazione de qua ha trovato conferma in diversi precedenti giurisprudenziali, soprattutto nell’ambito delle Commissioni Tributarie Provinciali, ed è stata recentemente avallata dalla stessa Corte d’Appello di Lecce con la nota sentenza n. 1149/2012.

Secondo la sentenza citata, infatti, il termine da osservare per la prescrizione dei crediti di qualsivoglia natura è quello ordinario decennale, “vertendosi in tema di crediti cristallizzati nel loro ammontare e nella loro esigibilità al momento della notifica delle cartelle presupposte” (C. App., sent. 1149/2012).

Conforme a tale ricostruzione è il costante orientamento della Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi, in base al quale, “la cartella di pagamento non impugnata nei termini di Legge e, come tale, divenuta definitiva, è soggetta al termine decennale di prescrizione … da quando è stata notificata” (Comm. Trib. Prov. Br., Sez IV, sentenza 24 gennaio 2012, n. 111).

In senso diametralmente opposto si è espressa, invece, la gran parte della giurisprudenza ordinaria civile di primo grado, ritenendo assolutamente inapplicabile l’art. 2953 c.c. alla cartella di pagamento, non rivestendo, quest’ultima, la medesima natura giuridica della sentenza, pur accomunandola in taluni peculiari aspetti.

Ad esempio, la sentenza 6 marzo 2014, n. 509 emessa dal Tribunale di Brindisi, Sezione Lavoro, G.L. dott.ssa Raffaella Brocca, ha sancito che “la cartella esattoriale non è titolo giudiziale ed è regolata dallo stesso termine di prescrizione del credito da essa portata. Pertanto, la prescrizione della cartella esattoriale è decennale solo qualora ci si trovi dinanzi ad una sentenza passata in giudicato (c.d. actio iudicati si veda l’art. 2953 c.c.). In tal caso il termine di prescrizione muta da quello ordinario precedente (breve – quinquennale) – previsto per il singolo tributo – in quello decennale …” (Trib. Br., Sez. Lav., sentenza 6 marzo 2014, n. 509; cfr. Trib. Br., Sez. Lav., sentenza 24 marzo 2014, n. 651).

Con la sentenza in rassegna viene compiuto un ulteriore passo in avanti nell’interpretazione della norma, atteso che la stessa si pone in totale distonia rispetto al punto di vista interpretativo che aveva indotto invece la Corte d’Appello di Lecce alla soluzione opposta, nella già richiamata sentenza n. 1149/2012 e risulta altresì innovativa se comparata alle altrettante decisioni in materia, ancorché conformi nella parte dispisitiva.

Difatti, la Corte ha dichiarato l’inapplicabilità in via analogica dell’art. 2953 cit. alle cartelle esattoriali, in vista della sua specialità nell’ordinamento giuridico.

La tesi esposta appare condivisibile. L’art. 2953 cit., infatti, dispone che “i diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni”. La norma riferisce, cioè, il dedotto effetto giuridico esclusivamente e tassativamente al passaggio in giudicato della sentenza. Né, peraltro, l’ordinamento giuridico italiano prevede una norma analoga che alleghi il medesimo effetto giuridico ad altri atti, men che meno alla c.d. irretrattabilità della cartella di pagamento.

Stando al tenore della predetta disposizione, l’effetto de quo risulterebbe, piuttosto, limitato alle ipotesi di condanna al pagamento dei crediti accertati da una sentenza passata in giudicato. In tal caso e per effetto della sentenza, si assiste ad una vera e propria novazione oggettiva del credito, la cui natura diviene irrilevante ai fini della determinazione del termine prescrizionale, avendo il provvedimento natura di titolo di credito efficace, ex legge, per dieci anni.

Di converso, la cartella di pagamento è atto che differisce dalla sentenza, essendo piuttosto uno strumento, analogo al precetto privatistico, per esigere i crediti in concessione ad Equitalia ed alle altre analoghe società di recupero.

Per di più, l’art. 2953 c.c. – che è norma speciale – non potrebbe applicarsi in via analogica ad altre fattispecie diverse dalla sentenza, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 12 preleggi. La Corte di Cassazione escluse espressamente tale possibilità, evidenziando, di converso, che “la norma dell’art. 2953 c.c. non può essere applicata per analogia oltre i casi in essa stabiliti, onde al riconoscimento del diritto, da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere, non può essere riconosciuto altro effetto che quello interruttivo della prescrizione propria del diritto medesimo” (Cass. Civ., 29 gennaio 1968, n. 285).

Sebbene il precedente di Legittimità risalga a quasi un lustro addietro, ad oggi non è stato mai messo in discussione se non da sparute sentenze di merito, la cui motivazione è apparsa a dir poco emblematica e sfuggente. Tali ultime risultano, peraltro, in contrasto con alcune più recenti pronunce della Corte di Cassazione, secondo la quale, “la notifica della cartella di pagamento non costituisce il primo atto con il quale viene esercitato il potere di accertamento, atteso che tale potere ha già trovato compiuta attuazione nella emissione dell’atto impositivo (avviso di accertamento) divenuto definitivo per mancata opposizione (fatto incontestato) qualificandosi, pertanto, la cartella come atto consequenziale meramente esecutivo che assolve alla funzione di precetto (consistendo nell’accertamento del mancato pagamento del debito tributario e nell’intimazione al contribuente l’effettuazione del versamento dovuto entro un termine ristretto, con l’avvertenza che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata), e si colloca in quanto atto della procedura esecutiva in un momento successivo a quello della definizione del rapporto giuridico sostanziale di natura tributaria” (Cass. Civ., Sez. V, sentenza 6 luglio 2012, n. 11380). A ciò si aggiunga che “l’ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di auto accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato: la decorrenza del termine per l’opposizione, infatti, pur determinando la decadenza dall’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito (qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o di diritto privato), con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 cod. civ. ai fini della prescrizione” (Cass. Civ., Sez. V., sentenza 25 maggio 2007, n. 12263). Da ciò, discenderebbe, sempre secondo la giurisprudenza di Legittimità, che “una volta divenuto definitivo l’atto di accertamento (ed esaurito quindi l’esercizio del potere impositivo (a fronte del quale sta il diritto del contribuente alla determinazione di una imposta “giusta” ex art. 53 Cost.), la pretesa vantata dalla Amministrazione finanziaria si cristallizza nel diritto soggettivo di credito, il cui esercizio (corrispondente ora al potere di riscossione a fronte del quale sussiste soltanto la esigenza che le modalità di esecuzione coattiva non si traducano in una un’inammissibile vessazione del contribuente) rimane assoggettato, in assenza di diversa specifica previsione normativa, all’ordinario termine di prescrizione dei diritti ex artt. 2934 ss. c.c.(Cass. Civ., Sez. V, sentenza 6 luglio 2012, n. 11380).

Sicché, nell’interpretazione maggioritaria, l’art. 2953 cit. è applicabile solo laddove il diritto di credito sia divenuto definitivo in seguito ad una pronuncia giurisdizionale passata in giudicato; diversamente, dovrà applicarsi la prescrizione breve (Corte cass. SU 10.12.2009 n. 25790 cfr. Cass. civ. Sez. V, Sent., 19 luglio 2013, n. 17669). Infatti, la Corte a Sezioni Unite, in materia di sanzioni amministrative, ha di recente osservato che “il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 cod. civ., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Roma, 28/10/2006)”.

Risulta, quindi, parzialmente condivisibile l’orientamento di parte della giurisprudenza di merito che lega la mancata applicazione del termine di cui all’art. 2953 cit. esclusivamente all’assenza di analogia tra la cartella di pagamento non opposta e la sentenza passata in giudicato. A tal proposito, il Tribunale di Brindisi aveva, infatti, affermato che “la cartella esattoriale non opposta non può assimilarsi ad un titolo giudiziale, e, pertanto, non può applicarsi al credito ivi contenuto la prescrizione decennale conseguente ad una sentenza di condanna passata in giudicato, ex art. 2953 c.c. La perentorietà del termine fissato dall’art. 24 comma 5 d.l.vo n. 46/99 determina effetti analoghi al giudicato ma, in assenza di un’espressa previsione legislativa in tal senso, non possono ritenersi del tutto equiparabili al giudicato di formazione giudiziale (cfr. Cass. n. 12263/07 e Cass. S.U. n. 25790/09)” (infra multis, Trib. Brindisi, Sez. Lav., G.L. Francesco De Giorgi 27/11/2012 n. 4078/2012). In senso conforme, si era pronunciato, ad esempio, il Tribunale di Torino, secondo il quale “la cartella esattoriale può essere assimilata all’ingiunzione fiscale che, in quanto espressione del potere di accertamento e di autotutela della P.A., ha natura di atto amministrativo, e, pur cumulando in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, risulta priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato: ne consegue che la decorrenza del termine per l’opposizione, pur determinando la decadenza dall’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, con conseguente inapplicabilità degli effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi (art. 2953 c.c.)(Trib. Torino, Sez. III, 10/05/2013, Br.Ga. c/ Comune di Torino + altri, in Leggi d’Italia Professionale, Dea Professionale, massima redazionale 2013). Del medesimo tenore è la sentenza del Tribunale di Cosenza. Secondo una nota pronuncia del Tribunale cosentino, infatti, “non può ritenersi che il termine sia decennale in conseguenza della mancata opposizione avverso le cartelle, perché questa produce il solo effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non rende applicabile, ai fini della prescrizione, l’art. 2953 c.c., che riguarda solo le pronunce giudiziali, solo queste idonee al giudicato (cfr. Cass. 12263/2007, SU 25790/2009)” (Trib. Cosenza, Sez. Lavoro, sentenza 8 maggio 2013, in Leggi d’Italia Professionale, Dea Professionale, massima redazionale 2013).

L’orientamento sopra riportato appare parzialmente condivisibile, poiché, a prescindere dalla non assimilabilità della cartella di pagamento alla sentenza, gli effetti dell’art. 2953 c.c. non possono e non devono mai essere applicati in via analogica, trattandosi di norma speciale, come chiarito dalla stessa Corte di Cassazione, sia pur nel lontano 1968.

Proprio in tale direzione, si pone la sentenza in commento, laddove, nel riformare il proprio precedente giurisprudenziale, espressamente evidenzia che “alla luce di un più approfondito esame della materia, non può che ritenere che solo il credito derivante da una sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c. (che in quanto norma di carattere eccezionale, non può estendersi per analogia a casi semplicemente assimilabili), mentre, se la definitività del credito non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dalla norma specifica (Cass. 10.12.2009 n. 25790)”.

Sotto tale aspetto, pur nella singolarità del repentino mutamento di orientamento, la Corte d’Appello sottolinea un elemento innovativo della vexata questio, affermando l’inapplicabilità dell’istituto dell’analogia all’art. 2953 cit. in vista del suo carattere eccezionale, esattamente come gli Ermellini ebbero ad evidenziare con la sentenza n. 285/1968 citata.

Si auspica che tale tribolato orientamento sia presto sposato universalmente, così da rendere certezza al diritto e garanzia di effettività della macchina giudiziaria.

Per approfondimenti:

(Altalex, 22 agosto 2014. Nota di Cristiano Ditonno

 

Corte d’Appello di Lecce

Sezione Lavoro

Sentenza 4 marzo 2013 – 14 marzo 2014, n. 668

N. 668/14 SENT.

N. 249/13 R.G.

N. 3702 Cron.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Lecce – Sezione Lavoro

Riunita in Camera di Consiglio e composta dai seguenti Magistrati:

1) Dott. Vittorio Delli Noci Presidente Rel.

2) Dott. Giuseppe Viggiani Consigliere

3) Dott.ssa Caterina Mainolfi Consigliere

ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile in materia di lavoro, previdenza ed assistenza, in grado di appello, iscritta al n. 249/2013 del Ruolo Generale, Sez. Lav. App., promossa

DA

EQUITALIA SUD S.p.a., già Equitalia E.TR S.p.a., in persona del suo Amministratore Delegato dott. B. Mineo, con sede in Roma, rappresentata e difesa dall’avv. Omissis, come da mandato in atti.

APPELLANTE

CONTRO

Omissis, rappresentata e difesa dall’avv. Omissis, come da mandato in atti.

NONCHE’

I.N.P.S. e S.C.C.I. S.p.a., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro-tempore, rappresentati e difesi dall’avv. Omissis, come da procura generale alle liti indicata in atti.

APPELLATI

OGGETTO: Opposizione avverso intimazione di pagamento.

APPELLO avverso sentenza del Tribunale di Brindisi n. 4078/12 del 27.11.2012.

Alla udienza del 4.3.2014 la causa è stata decisa sulle conclusioni come in atti riportate.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 13.4.2011 Omissis proponeva opposizione avverso la intimazione di pagamento relativa alla cartella esattoriale n. 024 2003 001462817000, notificata da Equitalia E.Tr. S.p.a. il 14.3.2003 per contributi dovuti all’INPS in relazione all’anno 2001.

A sostegno della opposizione, eccepiva la mancata notifica della cartella esattoriale e la prescrizione del credito vantato; concludeva per l’annullamento dell’atto opposto.

Si costituivano l’INPS, la S.C.C.I. S.p.a. ed Equitalia e contestavano la fondatezza della opposizione.

Il Tribunale di Brindisi, quale Giudice del Lavoro, con sentenza del 27.11.2012, ritenuta fondata l’eccezione di prescrizione, accoglieva la opposizione e, per l’effetto, annullava l’atto di intimazione opposto, compensando le spese.

Proponeva appello Equitalia Sud S.p.a., già Equitalia E.Tr. S.p.a., con ricorso depositato l’8.2.2013 e rilevava che, nella specie, i termini prescrizionali erano decennali, con la conseguenza che non si era verificata la prescrizione come riconosciuta dal giudice di primo grado.

Chiedeva, pertanto, in riforma della impugnata sentenza, il rigetto della opposizione come a suo tempo proposta.

Si costituiva la Omissis con memoria depositata il 28.1.2014 e contestava la fondatezza dell’appello, del quale chiedeva l’integrale rigetto.

L’INPS e la S.C.C.I. S.p.a. resistevano.

Alla odierna udienza di discussione, la causa veniva decisa, sulla base delle conclusioni di cui in atti, come da separato dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello è infondato.

Ed invero, alla fattispecie in esame va applicata la prescrizione quinquennale, così come correttamente ritenuto dal primo giudice.

La società appellante sostiene l’applicabilità della prescrizione decennale ex art. 2953 c.c., sul presupposto che i crediti vantati sarebbero portati da una cartella di pagamento non opposta, assimilabile – a suo dire – ad un giudicato civile.

In contrario, però, va rilevato che l’art. 2953 c.c. parla di “sentenza di condanna passata in giudicato”, alla quale non può assimilarsi la cartella di pagamento opposta.

In proposito, la S.C. ha affermati, in caso più o meno analogo, che “l’ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di autoaccertamento e di autonomia della P.A., ha natura di atto amministrativo che cumula in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, ma è priva di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato”, con la conseguenza della inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione (Cass. 25.5.2007 n. 12263).

Questa Corte non ignora il proprio precedente citato dalla società Equitalia, ma, alla luce di un più approfondito esame della materia, non può che ritenere che solo il credito derivante da una sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c. (che, in quanto norma di carattere eccezionale, non può estendersi per analogia a casi semplicemente assimilabili), mentre, se la definitività del credito non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dalla norma specifica (Cass. 10.12.2009 n. 25790).

Ogni altra questione rimane assorbita.

Le spese del presente grado di giudizio sostenute dalla Omissis vanno accollate alla società appellante, con distrazione.

Le spese verso l’INPS e la S.C.C.I. S.p.a. vanno compensate, anche in considerazione del fatto che gli enti suindicati si sono costituiti il giorno prima dell’udienza.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Lecce – Sezione Lavoro;

Visto l’art. 427 c.p.c.;

definitivamente pronunciando sull’appello proposto con ricorso dell’8.2.2013 da Equitalia Sud S.p.a. nei confronti di Omissis, dell’INPS e della S.C.C.I. S.p.a. avverso la sentenza del 27.11.2012 del Tribunale di Brindisi, così provvede:

Rigetta l’appello,

Condanna la società appellante al pagamento, in favore della Omissis, delle spese di questo grado, liquidate in € 1.100,00 ex D.M. n. 140/12, oltre accessori come per legge, con distrazione in favore dell’avv. Omissis.

Così deciso in Lecce il 4.3.2013.

IL PRESIDENTE EST.

IL FUNZIONARIO GIUDIZIARIO

Depositato in Cancelleria

14 MAR 2014

Il Funzionario Giudiziario

Parlano di noi sul Corriere della Sera

Ieri e’ stato pubblicato un articolo sul Corriere che parla della nostra associazione, nella sezione cronaca di Milano dal titolo: “<Non esistono cause perse> Gli avvocati che si ispirano a Gandhi”.

Ci fa piacere questo momento di celebrita’ e questo piccolo riconoscimento per gli sforzi giornalieri che tutti noi volontari dell’associazione, a cominciare dal nosto Presidente, dedichiamo per le persone piu’ deboli, spesso senza difese.

Sara’ passato inosservato e va bene cosi’, non abbiamo bisogno di conferme per quello che facciamo, ma solo per informavi di quello che hanno scritto, riportiamo la scannerizzazione dell’articolo.

Matteo Gioiaarticolo

LA VERA STORIA DELL’ESTORSIONE DELLA VILLA DI ARCORE

Il dramma dei Marchesi Camillo e Anna Casati Stampa e la vera storia di Villa San Martino di Arcore raccontati a “Stelle nere”. Un’estorsione e un patrocinio infedele rimasti impuniti.

Nel tragico destino della coppia e dell’amante di lei, come ombre nella notte, appaiono, sinistre, le rapaci figure del giovane Avv. Previti e del suo patron Berlusconi.

Annamaria, ancora minorenne, eredita l’ingente patrimonio dei genitori, la cui gestione è affidata all’amico di famiglia, Avv. Giorgio Bergamasco, allora esponente del Partito liberale, che ne diventa il tutore.  Tra i suoi collaboratori di studio, vi è il rampante Avv. Previti, il quale riesce a carpire la fiducia della giovane Annamaria, sebbene avesse dapprima assistito le sue controparti, i coniugi Fallarino, nella dura contesa ereditaria volta a mettere le mani sull’ingente patrimonio di famiglia.

La ragazza si ritrova un’eredità pari a due miliardi e 403 milioni di lire tra beni mobili, immobili e gioielli. Decide di lasciare alle sue spalle lo scandalo e l’Italia; approda, nel 1972 in Brasile affidando i suoi beni – senza limitazioni di mandato – al suo ex tutore, Bergamasco che, nelle more era diventato ministro del governo Andreotti.

Il giovane avv. Previti, nella qualità di vice tutore riceve l’incarico di vendere Villa San Martino «con espressa esclusione degli arredi, della pinacoteca, della biblioteca e delle circostanti proprietà terriere».

Ed è così che Villa Arcore cade nelle mani del faccendiere titolare della Edilnord e della Fininvest attraverso la mediazione di Previti.

La biblioteca ricca di diecimila volumi viene affidata a Marcello Dell’Utri.

Arredi e parco con scuderia sono affidati allo stalliere mafioso Vittorio Mangano.

Il valore del solo bene immobile era allora stimato circa 1 miliardo e 300 milioni di lire ma fu ceduto per soli 500 milioni di lire  virtualmente corrisposti in titoli azionari (di società all’epoca non quotate in borsa). L’ereditiera non riuscì mai a monetizzare i titoli azionari e fu costretta ad un accordo tramite lo stesso Previti con Berlusconi, che riacquistò i titoli per soli 250 milioni di vecchie lire per un immobile che all’inizio degli anni ottanta era idoneo a garantire un prestito di 7,3 miliardi di lire pari al suo valore di stima.

Le deduzioni sulla triste vicenda sono aristoteliche.

Nessuna ombra sembra più coprire questa triste storia, se non quella della giustizia che fatica a splendere.

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-29817bbc-869f-4e8a-ac73-95b9f1e8dae7.html#p=0

http://www.unita.it/speciali/silviostory/l-146-acquisto-della-villa-a-arcore-un-giallo-da-agatha-christie-1.49917

 

A.L.E.R. MILANO UN’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE DI STAMPO MASSOMAFIOSO INTERNAZIONALE. 16 ARRESTI E PERQUISIZIONI

DA MILANO A TRIPOLI LE MANI DEI PARTITI DI REGIME SULLE CASE POPOLARI LUMBARD. PERQUISITA LA SEDE DI VIALE ROMAGNA E ARRESTATA LA DIRETTRICE DEGLI APPALTI ALER, MONICA GOI.

Ne avevamo denunciato la gestione fraudolenta, sin dagli anni ’90, con le prime class action all’italiana, “ante litteram”, a tutela dei diritti abitativi degli assegnatari degli alloggi popolari, mettendo in luce un vero e proprio sistema criminale di complicità all’interno delle istituzioni regionali e della magistratura di regime, protesa a difendere ad oltranza gli interessi affaristici di Aler e i suoi padrini politici. Inascoltati, abbiamo denunciato con nomi e cognomi politici e magistrati collusi, che negli ultimi 30 anni hanno depauperato uno dei più grandi patrimoni immobiliari pubblici, gettando, ogni anno, in mezzo alla strada, migliaia di anziani e di famiglie bisognose, attraverso pretese gonfiate di canoni e spese e leggi regionali truffa ad «castam».

Ora si ha notizia del fallimento di Asset, società controllata al 100% da A.L.E.R. SpA, che ha perso milioni di euro all’anno, attraverso operazioni illegali all’estero, contrarie alle finalità istituzionali di assicurare alloggi popolari alle famiglie meno abbienti di Milano e Lombardia, mascherate da investimenti in Libia per ristrutturare i palazzi storici dell’ex dittatore Gheddafi (tra cui il Palazzo di Giustizia di Tripoli, l’ex Ente Tabacchi, etc.), come se Aler fosse una solida multinazionale dell’edilizia, e non già un Ente preposto alla sola tutela e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico regionale. Operazioni perciò costituenti una vera e propria distrazione di denaro pubblico e costituzione di fondi neri all’estero nelle mani sporche  delle “famiglie” politiche che gestiscono il business immobiliare pubblico (Vedasi grafico).

I cittadini per bene si domandano indignati – non ancora a quanto pare i magistrati della Procura milanese: “Ma come l’Aler invece di ristrutturare le case popolari dei milanesi, che lascia cadere a pezzi da decenni, va a sperperare il denaro dei contribuenti nei palazzi di Gheddafi…? Ma non è finita da tempo la guerra in Libia e la Milano da bere…? Ma quale investimento del menga! Altro che Aler, sono solo dei  «lader», che rubano impunemente alla povera gente con l’avvallo compiacente dei giudici …“.     

Parimenti è stata preannunciata nei giorni scorsi dal Sindaco Pisapia e dal Presidente di Regione Lombardia Maroni, la costituzione di una nuova società mista, a partecipazione pubblica, denominata “newco”, che nel giro di due mesi dovrebbe sostituirsi alla gestione fallimentare di Aler S.p.A., già commissariata dal 2013, sulle cui attività fraudolente si cerca in tal modo di gettare un velo pietoso per coprirne le responsabilità penali, civili e amministrative, ovvero i conti in rosso e le consulenze d’oro, in favore degli amici degli amici.

Un buco da oltre 345 milioni di euro, creato da una gestione scellerata e criminale dei circa 68mila alloggi popolari (40mila di Aler e 28mila di proprietà di Palazzo Marino), su cui la magistratura aveva sinora omesso qualsiasi indagine, seppure siano emerse altre voragini e rapporti collusivi tra pubblico e privato, anche nelle precedenti gestioni, già sconsideratamente affidate dal Comune di Milano, dal 2003 al 2009, alla a dir poco chiaccherata “Romeo Gestioni S.p.A.” (di sospetta vicinanza alla camorra che secondo la Corte dei Conti aveva già procurato danni all’erario per oltre 87 milioni di euro derivanti da una gestione “inefficiente e inefficace” del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli, nel periodo dal 1997 al 2007), nonché alla Edilnord Gestioni Spa, e GEFI S.p.A., attraverso cui, come affermava con soddisfazione, all’epoca, il Vice Sindaco, Riccardo De Corato [ammettendo che Milano era uno dei pochi casi in Italia di gestione dell’edilizia residenziale pubblica da parte di privati], che la nuova gestione avrebbe “elevato la qualità e gli standard del patrimonio immobiliare pubblico, rientrando nella volontà del Comune di finalizzare investimenti per nuove case e interventi di risanamento”. Interventi, invero, poi, deviati sulla Libia, facendo sparire oltre 80 milioni di euro, tramite Asset, un enorme buco nero ora ricaduto sulle spalle di Aler. Due società apparentemente distinte, ma un’unica mostruosa creatura a due teste, come Ortro, nell’antica mitologia greca (figlio del gigantesco demone Tifone e della serpentiforme Echidna), società entrambe infatti amministrate dagli stessi ex presidenti Luciano Niero e Loris Zaffra e gestite dall’ex storico e potentissimo direttore generale di Aler, Avv. Domenico Ippolito.   

Ironia della sorte, l’annuncio di Maroni e Pisapia è arrivato a ridosso della perquisizione nella sede di Viale Romagna e dell’arresto di Monica Goi, responsabile degli appalti pubblici di Aler S.p.A., nonché lo stesso giorno del rinvio a giudizio dell’ex assessore regionale alla casa, Domenico Zambetti, già arrestato nel 2012, con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e voto di scambio (per cui è stato rinviato a giudizio anche Alfredo Celeste, ex sindaco di Sedriano). I furbetti Maroni e Pisapia hanno, anche, preannunciato, per addolcire la pillola, una riduzione dei canoni di locazione, dando atto della necessità di contenere le morosità, ma senza toccare le tabelle degli stipendi dei dirigenti, a partire dai 190mila euro del direttore generale, Avv. Domenico Ippolito, responsabile della truffa libica, e degli altri 16 manager, tra architetti e semplici geometri, che si portano a casa dai 90 mila ai 130mila euro lordi l’anno.

Per queste ragioni vediamo con sospetto le nuove compagini societarie e avvicendamenti nella gestione del patrimonio pubblico residenziale lombardo, annunciate e costruite di soppiatto da Maroni e Pisapia, che vedono, tra l’altro, alla guida dell’Aler di Monza, Francesco Magnano,  geometra del pluripregiudicato e arcinoto faccendiere del mattone Silvio Berlusconi.

Chiediamo quindi alle forze sane della Società civile e della magistratura, anche in sede contabile, di fare piena luce sulle attività illecite dell’Aler e sui bilanci degli ultimi 10 anni, attraverso cui ad avviso di vari osservatori ha costituito fondi neri all’estero per il finanziamento illecito dei partiti e operazioni di corruzione su scala internazionale.

Oltre sei milioni di euro. Per la precisione ben € 6.094.219,50, in meno di cinque anni, è quanto ha speso solo Aler Milano, in consulenze d’oro, spacciate per “attività tecniche, comunicazione, pareri legali, gestione del patrimonio del Comune e formazione”. Scorrendo l’elenco dal 2009 al 2013, pubblicato sul sito dell’azienda, i nomi dei beneficiati, legati a boss della politica, si ripetono, tra i tanti primeggiano quelli degli accoliti della “famiglia” del senatore Pdl Ignazio La Russa.

Le perquisizioni nella sede di Aler e i 16 recenti arresti di funzionari pubblici disposti nei giorni scorsi dalla Procura di Milano aprono un nuovo squarcio sul rapporto tra pubblico e privato in Lombardia e sui perversi intrecci di interessi nella “malagestio” della cosa pubblica, riconducibili agli apparati dei partiti e alle consorterie massonico-mafiose e parareligiose, tra cui spicca la Compagnia delle Opere (braccio economico di Comunione e liberazione), al vertice del cui sistema vi sarebbe l’intoccabile ex Presidente di Regione Lombardia, Roberto Formigoni. Inchiesta che ha aperto le porte del carcere per ora ai gregari di importanti aziende pubbliche lombarde, tra cui Aler Milano, e di manager di aziende ospedaliere per i reati di “corruzione e atti contrari ai doveri d’ufficio, turbata libertà degli incanti”, in relazione ad appalti illeciti tra il 2006 e il 2012. In un passaggio finale dell’ordinanza del gip milanese Giuseppe Gennari, titolare della nuova inchiesta della Procura di Milano, si legge che più delle mazzette, è una “rete” di relazioni basata sulla “appartenenza politica” e sul “sentire  comune”, a farsi “sistema” e a condizionare la  realtà imprenditoriale, facendo pagare il prezzo dell’inquinamento del mercato alla collettività. Dimenticando l’interesse pubblico al quale ogni singolo funzionario deve essere solo preposto, in favore dell’interesse privato del compagno di cordata. Comportamenti ben più  pericolosi – chiosa il Gip – della banale corruzione per denaro perché radicati su un comune sentire che non ha prezzo”.

La “corruzione per appartenenza”, siamo d’accordo con il Gip di Milano, è molto più pericolosa di ogni altra forma corruttiva, perché non lascia tracce ed ha impedito sino ad oggi anche alla magistratura, in quanto potere corporativo e autoreferenziale (in larga parte controllato dalla massomafia),  di mettere a nudo questo sistema criminoso di malaffare che denunciamo inascoltati da oltre 25 anni. Auspichiamo quindi che la Procura di Milano questa volta non si faccia fermare e proceda ad indagare a tutto campo nei confronti della gestione fraudolenta di Aler, anche in relazione alle operazioni estere in Libia, delle consociate Asset, Finasset S.r.l. e Finasi S.p.A., perseguendo tutti i responsabili a norma di legge per i reati di false comunicazioni sociali e falso in bilancio (artt. 2621 e 2622 c.c.), corruzione aggravata (artt. 318 ss c.p.), truffa e insolvenza fraudolenta (artt. 640 e 641 c.p.), bancarotta fraudolenta prefallimentare, patrimoniale e documentale (artt. 216 co. 1 nn. 1 e 2 e 223 L.F.), associazione per delinquere (art. 416 c.p.) e responsabilità amministrativa ex D.lgs n. 231/01, con riserva di costituirci parte civile quale Associazione anticorruzione e antimafia, nonché di agire con una class action a tutela degli assegnatari delle case popolari e della conservazione del patrimonio immobiliare pubblico della Regione Lombardia.

Lo Staff di Avvocati senza Frontiere

Postato 30 gennaio 2014

Belpietro e Libero rinviati a giudizio per diffamazione aggravata: dipinsero come “Pazzo che aggredì Berlusconi”, il presidente di Avvocati senza Frontiere e Movimento per la Giustizia Robin Hood

cccce836fa484694df9439c2924a662dCorreva l’anno 2011, giorno 10, del mese di maggio, nell’infausta era del ventennio dell’ex Cavaliere  dell’Apocalisse, quando sul quotidiano filoberlusconiano “Libero”, apparve un articolo a comando, a firma anonima “A. Sca.”, dall’eloquente titolo: “un pazzo aggredisce Berlusconi”, finalizzato con tutta evidenza a screditare la reputazione e l’immagine di Pietro Palau Giovannetti, Presidente di Avvocati senza Frontiere e della scomoda Associazione Movimento per la Giustizia Robin Hood, il quale, invero, Berlusconi non l’aveva neppure visto, e l’aggressione l’aveva solo subita.

La scandalosa aggressione, subita da Pietro Palau Giovannetti, ad opera di due agenti della Digos, come molti potranno ricordare, fece il giro dei web e dei telegiornali di tutto il mondo, che ripresero in diretta il brutale fermo illegale nei confronti del Presidente dell’Associazione no profit Avvocati senza Frontiere – Movimento per la Giustizia Robin Hood, mentre cercava pacificamente di fare presente alla claque dell’ex Presidente del Consiglio, che i veri abusi giudiziari sono quelli di cui nessuno parla, nei confronti degli anziani sfrattati dalle case popolari dell’Aler, dei fallimenti e delle aste giudiziarie pilotate dalla mafia giudiziaria, per favorire le banche e i partiti di regime che controllano il business della giustizia (tra i tanti video e articoli vedasi ad esempio: youtu.be/lMVy5VMhxRYyoutu.be/SomtfHFN6NQ www.lavocedirobinhood.it/Articolo.asp?id=216 ).

Oggi, nel giorno della decadenza dell’ex Premier,  le frasi ingiuriose e non veritiere contestate dalla Procura di Milano per cui il Gip, respingendo ogni infondata eccezione di incompetenza territoriale, ha disposto il rinvio a giudizio di Belpietro, quale direttore responsabile, e dell’articolista, identificato in Andrea Scaglia, sono le seguenti: “Tutti i pazzi portano a Silvio… Palau Giovannetti come ogni lunedì appostato davanti all’uscita laterale del Palazzo di giustizia milanese. L’esagitato di turno… si guadagna il quarto d’ora di celebrità”; “è agitatore – qualcuno preferisce provocatore –  in servizio permanente effettivo”; “è avvocato… Dichiara di aver subito oltre 750 procedimenti penali e richieste risarcitorie miliardarie. Parla di procedimenti farsa istruiti a suo carico dalle procure di mezza Italia, come anche di due singolari perizie psichiatriche”; E insomma ha accumulato anni di condanna tanto che adesso rischia davvero la cella”.

E’ stato in buona sostanza accolto l’intero impianto accusatorio di Avvocati senza Frontiere, secondo cui l’articolo dal titolo: “Al circo del Tribunale un pazzo aggredisce Berlusconi”, contiene notizie completamente false, tali da far apparire la vittima dell’unica vera aggressione realmente accaduta quel dì, in occasione del processo Mills, come “pazzo” e/o “provocatore in servizio permanente effettivo”, che addirittura “ogni lunedì” si sarebbe “appostato davanti all’uscita laterale del Palazzo di Giustizia del tribunale milanese”.

Pseudonotizie artatamente costruite dall’articolista – si legge nella querela disponibile on line – per denigrare ancor più gravemente l’immagine pubblica delle Associazioni espressamente citate nell’articolo e la persona del loro legale rappresentante, Dott. Pietro Palau Giovannetti, quali l’avere “aggredito” il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, riferendo, tra l’altro, fatti e circostanze del tutto estranei alla cronaca del giorno, che non hanno alcun collegamento con quanto realmente avvenuto all’uscita del Tribunale e con le dichiarazioni effettivamente rese da Pietro Palau Giovannetti, tuttora in rete, che sono di dominio pubblico.

Un’evidente operazione di discredito a livello mediatico, concertata ed attuata per smorzare il clamore suscitato dall’aggressione subita dagli Agenti della Digos, nei confronti della vera vittima, ovvero per «disincarnare» [utilizzando l’espressione utilizzata dai cugini de “Il Giornale”, in altro calunnioso articolo], “la nuova icona del popolo filo-giudici “…

Nella denuncia-querela, tra l’altro, si legge che Pietro Palau Giovannetti, da oltre 25 anni, ha prestato la sua vita al fine di affermare la Giustizia, libera da ogni condizionamento, potere, collusione di natura politico-affaristica, risultando tali attività evidentemente scomode a chi opera per arrestare la crescita della legalità e la piena attuazione del principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alle legge.

In quest’ottica, nella nota diffusa da Avvocati senza Frontiere, il diritto all’informazione è perciò strumentale all’affermazione della legalità, nonché alla soddisfazione dei bisogni di giustizia sociale e uguaglianza di fronte alla legge, nella specie rappresentati da una corretta e plurale informazione sulle attività di Associazioni, movimenti e organizzazioni non governative che si adoperano per il rispetto dei diritti umani, svolgendo una funzione critica rispetto agli schieramenti ideologici e all’informazione dei gruppi di potere dominanti, che malvedono chi è indipendente dai partiti.

La libertà di stampa non deve più venire utilizzata ad usum delphini per manipolare le coscienze, censurando le voci “fuori dal coro”, secondo quanto immaginato nel piano Rinascita della P2, che è oggi di fatto penetrato nel tessuto connettivo dell’informazione, allo scopo di condizionare il sistema politico italiano, assoggettando i cittadini a forme di governo sempre più autoritarie.

Thomas Jefferson, autore dell’emendamento alla Costituzione, allegata alla dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, che garantisce l’assoluta libertà di stampa e d’espressione del libero pensiero, nel 1785 ebbe a dichiarare: “Un governo dispotico deve sempre mantenere  una sorta di esercito permanente di giornalisti e scrittori che, senza alcun riguardo per la verità o quella che dovrebbe essere  la verità,  mettano sui giornali quello che potrebbe servire ai suoi ministri. Questo è sufficiente ad ingannare la massa popolare che non ha così più i mezzi per distinguere il falso dal vero”.

Nonostante il dovuto rinvio a giudizio, siamo favorevoli alla depenalizzazione di tutti i reati ideologici, compresa la calunnia, a patto che si adottino misure e sanzioni più severe, anche da parte degli Ordini professionali dei giornalisti, volte a garantire una informazione libera e corretta e una esemplare censura dei comportamenti contrari alla verità, ponendo al pubblico ludibrio quella stampa prezzolata che si presta ad organizzare campagne diffamatorie verso chiunque sia inviso a poteri dispotici e corrotti.

Per ulteriori info: http://it.wikipedia.org/wiki/Avvocati_senza_frontiere

Decreto_rinvio_giudizio

Costituzione_parte_civile_Palau Querela_Palau_Libero

DA ROMA AD ATENE UNITI CONTRO LA DITTATURA FINANZIARIA!

PER L’EUROPA DEI CITTADINI E NON DEI BANCHIERI!

arcuri

Sabato 30 novembre 2013
    Sala conferenze Hotel Massimo d’Azeglio
  Via Cavour 18 Roma

ASSEMBLEA CONSULTA NAZIONALE ANTIUSURA/ANTICRISI

Sabato 30 p.v., dalle ore 10 alle 18, si svolgerà l’Assemblea delle Associazioni aderenti alla Consulta Nazionale Antiusura e Anticrisi che intendono richiamare l’attenzione sull’assoluta impunità di cui godono le caste dominanti che non pagano mai per i loro errori, in forza di vincoli occulti di stampo lobbystico-massonico-finanziario, e lanciare un’iniziativa referendaria per azzerare il debito pubblico come in Islanda, sollecitando misure di sospensione dei procedimenti esecutivi per le prime case e le aziende in difficoltà.

L’Assemblea è aperta a tutti i rappresentanti della Società civile e ai cittadini che si adoperano a tutela della legalità, nonché ai parlamentari, che vogliono contribuire a dare corpo a questa battaglia di civiltà, per riappropriarsi della Sovranità nazionale e del futuro del nostro Paese, spezzando l’assordante silenzio di regime sulle iniziative delle Associazioni anticrisi, antiracket, antisignoraggio e antimafia, che si battono, nell’indifferenza dei media asserviti ai poteri forti, per fermare la neo-dittatura finanziaria, ricercando soluzioni diverse dal mantra dei sacrifici e di nuove tasse sempre crescenti, poste a carico more solito delle classi meno abbienti.

Nella stessa giornata di sabato 30 p.v. ad Atene si svolge la Conferenza Internazionale sul debito, la Sovranità monetaria e la democrazia, promossa dal Fronte Popolare Unito, con la partecipazione di economisti, storici, attivisti, giornalisti e movimenti provenienti da tutto il mondo, tra cui Associazioni italiane aderenti alla Consulta (per info: epam.international.relations@gmail.com). L’obiettivo è quello di rendere consapevoli i cittadini di tutta Europa che esistono altri modelli di sviluppo economico-sociale e soluzioni non austere per uscire dalla crisi, smascerando la funzione di asservimento del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).

In considerazione della fase costituente e dell’ampiezza dei temi da trattare su cui confrontarsi, a partire dalle basi programmatiche, Vi preghiamo di preparare interventi scritti, contenuti in 6/7 minuti, tenuto conto che devono intervenire circa 30 rappresentanti di Associazioni diverse, a cui poi seguirà il dibattito con microfono aperto alla cittadinanza e alla stampa e agli eventuali parlamentari che vorranno intervenire a titolo personale.

Gli interventi pervenuti per tempo verranno scambiati via mail tra i rappresentanti della Associazioni in modo da favorire un più proficuo confronto e dibattito e divulgati alla stampa.

PROGRAMMA

Ore 10,00 Apertura e presentazione delle Associazioni partecipanti
Ore 10,20 Interventi Rappresentanti o delegati Associazioni iscritte (1^ parte)
Ore 13-14 Pausa pranzo
Ore 14-15 Interventi Rappresentanti o delegati Associazioni iscritte (2^ parte)
Ore 15-17 Dibattito e Microfono aperto a cittadini, parlamentari e mass media
Ore 17-17,30 Proposte e mozioni eventuali da sottoporre a votazione
Ore 17,30-18 Conclusioni

N.B.: Le testate giornalistiche e radiotelevisive e i privati cittadini potranno partecipare solo dalle ore 15 e devono fare espressa richiesta per venire accreditati, dandocene tempestiva conferma via mail, comunicando i nomi dei partecipanti, in quanto i posti sono limitati: movimentogiustizia@yahoo.it – Tel. 02-36582657
https://www.facebook.com/events/160513997488093/permalink/164554773750682/
Sottolabanca...

A VALLO DELLA LUCANIA SI MUORE DI MALAGIUSTIZIA

Da Vallo della Lucania un’altra storia di malagiustizia, un’altra odissea giudiziaria, finita in tragedia, senza giustizia. Cambiano solo le vittime, gli autori siedono sempre in Procura.
A scriverci è la Signora Martino Concettina, per richiamare l’attenzione sul caso della sua famiglia che si protrae da oltre 7 anni, nel corso dei quali Funicello Raffaele, il suo caro marito è morto stroncato da un infarto, non riuscendo a darsi pace per le ingiustizie subite.
Una storia costellata di abusi edilizi, denunce, esposti, sequestri e dissequestri, illecite connivenze istituzionali e assoluta inerzia del P.M. di Vallo della Lucania, e delle varie A.G. adite che, anziché tutelare la legalità e il rispetto dei diritti, appaiono protese a favorire ad oltranza gli interessi dei forti in danno delle parti più deboli che credono fermamente nella giustizia.
La vedova Martino ci racconta che il marito è morto senza ricevere risposte dalle Autorità preposte alle quali si era fiduciosamente rivolto, confidando fino alla fine nella giustizia e nei valori di legalità. E’ morto amaramente perché sono rimaste lettera morta tutte le sue numerose denunce presentate presso i Carabinieri di Perdifumo, la Guardia di Finanza di Casalvelino Marina e la Procura della Repubblica di Vallo della Lucania che ancora oggi a quanto pare non hanno ancora preso gli opportuni provvedimenti, circa gli abusi edilizi segnalati.
La triste vicenda trae origine dalla violazione di elementari norme edilizie ed urbanistiche da parte del confinante, violazioni non opportunamente e tempestivamente sanzionate dal Comune di Montecorice e degli altri Uffici tecnici preposti, che si sono invece adoperati per coprire gli abusi edilizi, lasciando mano libera di rompere con martelli pneumatici il muro di confine della casa di abitazione della famiglia Funicello, costruita con i sacrifici di una vita di lavoro.
I lavori di costruzione e completamento del fabbricato del confinante devono ritenersi infatti in contrasto con la normativa in vigore poiché hanno per oggetto una zona a rischio sismico, denominata Vecchi Centri, tra l’altro sottoposta a tutela ambientale e vincoli paesaggistici.
A fronte di ciò il Comune di Montecorice, anziché rilevare e sanzionare l’abuso perpetrato, assume falsamente in ogni sede che il fabbricato in questione sarebbe “conforme alla normativa edilizia ed urbanistica vigente”, tanto da influire sulla decisione del Tribunale Collegiale di Vallo della Lucania, che ha provveduto a dissequestrare l’immobile di proprietà di G.G., senza tenere in considerazione i punti cardini oggetto del sequestro come la violazione della normativa sismica, consentendo al confinante la prosecuzione di una costruzione abusiva quant’anche essa sia in contrasto con il piano di fabbricazione e il DPR 380/2001, come accertato dai CTU nominati dalla Procura ing. A.A. e Geometra D.D..
Vi sono altresì da sottolineare ulteriori aspetti inquietanti di connessioni ed interessenze che hanno molto probabilmente inquinato le indagini: ed infatti, la vedova Funicello si domanda come mai l’Ufficio Tecnico del Comune di Montecorice, nella persona del Geometra G.G., ha rilasciato false attestazioni, e forse una delle ragioni è da ricercarsi nei rapporti di parentela tra la figlia di quest’ultimo geometra collaboratrice dell’Ingegnere A.V., che risulta aver redatto gli elaborati progettuali relativi alla costruzione posta in essere dal confinante del Funicello o probabilmente il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Montecorice geometra G.G., tende a far si che vengano assolti gli imputati nel Procedimento Collegiale nr. 180/10 visto che tra gli indagati troviamo anche l’ing. A.V. marito di G.F, che a sua volta risulta, anche essere nipote di terzo grado del Tecnico Comunale Geometra G.G..
La signora Martino, denuncia perciò il fatto che, nonostante le macroscopiche illeicità commesse, i lavori continuano ininterrottamente e nessuno faccia nulla per fermarli, nonostante il fatto che il fabbricato in questione sia stato dissequestrato solo in relazione ad alcuni dei motivi per il quali era stato posto sotto sequestro, mentre permangono in essere le violazioni attinenti alla normativa sismica, al doppio della volumetria realizzata, al fatto che in quella zona è prevista la demolizione senza ricostruzione, tutti aspetti di gravi violazioni legislative, incomprensibilmente “dimenticati” forse dal P.M. che ha autorizzato il dissequestro o dall’Organo Collegiale del Tribunale di Vallo della Lucania che lo ha disposto, consentendo ad oggi la continuazione di quei reati già contestati e la prosecuzione di un’opera illegittima che, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, avrebbe dovuto comportare, oltre al risarcimento del danno, la demolizione del fabbricato.
Il povero Sig. Funicello, pressoché ogni settimana, si recava in Procura con il suo legale per cercare di capire le ragioni del contegno omissivo assunto dalla Magistratura, che consentiva la prosecuzione dei lavori, senza nessuno che si ponesse il problema di fermarli.
Probabilmente, tutto ciò, è stato stressante a tal punto da distruggere l’equilibrio psicofisico del defunto Sig. Funicello, il quale si è trovato esposto quotidianamente al rumore insopportabile dei martelli pneumatici che danneggiavano il muro di confine dell’abitazione di sua pertinenza senza poter fare alcunché e con il pensiero di essere stato abbandonato dalla Giustizia e dalle Istituzioni a cui si era rivolto.
La vedova Funicello si appella perciò anche al Presidente della Repubblica e al Ministro della Giustizia, affinché si faccia luce e chiarezza sulle responsabilità del caso, e sull’impunità conseguente all’intervenuto sostanziale affossamento di tutte le numerose denunce presentate dal marito e dalla medesima, nonché delle relative indagini.
Questa è la non lusinghiera “fotografia” della giustizia italiana amministrata nella costiera cilentana che emerge dalla vicenda sopra narrata.