Archivio Autore: Palau Giovannetti Pietro - Pagina 16
LOCAZIONI
"Presa Diretta" dimentica l'altra metà degli 'ndranghetisti.
Oltre i clan, le faide ed il controllo dei territori in cui si insedia, la ‘ndrangheta è molto di più:
è controllo e direzione dei Palazzi del Potere.
L’intreccio tra criminalità e politica non è più uno scoop, tuttavia Presa diretta, trasmissione di approfondimento generalmente serio e attento, inspiegabilmente ci rappresenta ancora un sistema mafioso vecchio stampo, un sistema che è ancora contro lo Stato e non dentro lo Stato.
Per l’intera durata della trasmissione, si sta in attesa che sia denunciato il grado allarmante di infiltrazione della ‘ndrangheta nelle Istituzioni tutte. Invece, la morale del servizio trasmesso è che la forza della criminalità risiede unicamente nel vincolo parentale.
Non è solo una questione di tradizione di famiglie/clan, è una questione di intreccio inestricabile tra Potere mafioso e Potere istituzionale. Ed in questo risiede la vera forza di una associazione mafiosa, il carattere distintivo tra una banda di delinquenti senza remore ed un gruppo criminale capace di controllare l’intero territorio nazionale.
Il servizio non può che apparire riduttivo del fenomeno mafioso, a chi ha trascorso notti insonni per il terrore di pagare al più alto prezzo la ferma e incorruttibile opposizione alla concessione di appalti da parte di Enti statali ai clan della zona.
Sottacere l’altra metà della realtà mafiosa è poco rispettoso degli onesti cittadini, calabresi e non, che ogni giorno resistono, senza eroismi e senza far clamore, e non accettano di intraprendere il facile e promettente cammino suggerito dalla criminalità politicizzata o dalla politica corrotta.
Francesca Maria Angela Borgese
Nuovo stop da parte dei giudici tributari alle cartelle esattoriali
Nuovo stop da parte dei giudici tributari alle cartelle esattoriali spedite per posta e senza l’intermediazione di un agente notificatore.
Ciò è quanto emerge da alcune recenti sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce e della Commissione Tributaria Regionale di Milano (Sent. CTP di Lecce n. 436/02/10 e Sent. CTR di Milano n. 61/22/10), secondo le quali risulta addirittura “inesistente” la notifica della cartella inviata a mezzo posta direttamente dai dipendenti di Equitalia e senza l’ausilio dei soggetti puntualmente individuati dalla legge (art. 26, comma 1, DPR n. 602/73), ossia:
- gli Ufficiali della riscossione;
- gli Agenti della Polizia Municipale;
- i Messi Comunali, previa convenzione tra Comune e Concessionario;
- altri soggetti abilitati dal Concessionario nelle forme previste dalla legge.
D’altronde, secondo i giudici della Commissione Tributaria Regionale di Milano “Lo scopo della notifica dell’atto ha natura sostanziale e non processuale e viene raggiunto solo con la materiale e regolare notifica dell’atto nel domicilio fiscale o reale del contribuente…”
Viene ritenuta, dunque, sempre fondamentale la compilazione della relata di notifica da parte dell’agente notificatore, anche in caso di notifica a mezzo posta.
Proprio in merito a ciò, i Giudici di Milano chiariscono che “La relata di notifica è prevista come momento fondamentale nell’ambito del procedimento di notificazione … e non è integralmente surrogabile dall’attività dell’ufficiale postale, sicchè la sua mancanza … non può essere ritenuta una mera irregolarità”.
Infatti, continuano i Giudici “La mancata compilazione della relata determina … non la semplice nullità della notifica, bensì la giuridica inesistenza della stessa, patologia non sanabile in senso assoluto”.
La Commissione, infine, conclude rifiutando l’ipotesi del Concessionario di sanatoria dell’atto per raggiungimento dello scopo (un po’ come dire, anche se la cartella è stata inviata illegittimamente alla fine tutto si è sanato), in quanto si chiarisce che ciò non vale per gli atti giuridicamente inesistenti – come in questo caso – ma al massimo per quelli nulli.
Alla luce di quanto illustrato, dunque, appare irrinunciabile per Equitalia il rispetto della seguente procedura per poter effettuare la notifica delle cartelle a mezzo posta:
A) l’Ufficiale della riscossione (o gli altri soggetti previsti dall’art. 26, comma 1, del DPR n. 602/73) riceve la cartella da Equitalia e compila la relata di notifica, indicando l’ufficio postale da cui parte l’atto e apponendo la propria firma;
B) l’Agente postale consegna la cartella ai legittimi destinatari (ossia ai soggetti indicati dall’art. 26, comma 2, DPR n. 602/73).
A sostegno di tale procedura è intervenuta recentemente anche la sezione V° della Commissione Tributaria Regionale di Milano (sent. n. 141 del 17/12/2009), la quale ha sostenuto che “laddove la legge (riferendosi esplicitamente all’art. 26 del DPR n. 602/73) parla di NOTIFICAZIONE di un atto, anche a mezzo posta, la legge stessa intende riferirsi ad una trasmissione dell’atto effettuata non direttamente, MA TRAMITE L’INTERMEDIAZIONE DI UN SOGGETTO ALL’UOPO SPECIFICAMENTE ABILITATO, che assume valore essenziale ai fini del riscontro o meno della fattispecie notificatoria, comportante l’essenzialità della relata di notificazione … Per contro, quando la legge abbia consentito che la trasmissione per posta avvenga senza il tramite di un soggetto abilitato, ha specificamente parlato di invio per posta dell’atto, direttamente fatto dall’autore dello stesso al suo destinatario, nel qual caso non vi è luogo a relata di notifica, come espressamente previsto dall’art. 16, comma 3 del D.lgs. n. 546/92 e dall’art. 14, parte prima, della legge n. 890/1982”.
Non resta dunque che attendere le prossime pronunce della Suprema Corte al riguardo.
da altalex.it
Commissione Tributaria Regionale
Lombardia – Milano
Sezione XXII
Sentenza 15 aprile 2010
ha emesso la seguente
SENTENZA
La società xxx srl in data 05.04.2007 veniva a conoscenza, a seguito di verifica presso gli uffici di Esatri Spa, dell’esistenza della cartella di pagamento n.xxx per un importo pari a E. 9.153,63 relativa ad iva anno 2003 comprensiva di sanzioni , non notificata alla stessa da parte dell’agente preposto alla riscossione per conto dell’Agenzia delle Entrate di Milano 4.
In data 16.04.07 la società contribuente depositava, presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Milano ricorso contro la cartella esattoriale non notificata ed iscrizione a ruolo motivando che “….la cartella di pagamento essendo un atto di natura recettizia, al fine del perfezionamento della fattispecie costitutiva richiede l’essenzialità della sua notificazione…Come specificato dall’art. 148 c.p.c., applicabile anche in materia tributaria ex art. 26 ,comma 1, D.P.R. 602/1973, l’agente della notificazione certifica l’eseguita notificazione – mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alle copie dell’atto – Per le notificazioni a mezzo del servizio postale è applicabile l’art. 3 della legge 890 del1982 il quale dispone che “ L’ufficiale giudiziario ( o altro agente abilitato ex art. 26 D.P.R. 602/1973 ) scriva la relazione di notificazione sull’originale e sulla copia dell’atto, facendo menzione dell’ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandata con avviso di ricevimento…il vizio di notificazione ridonda in vizio dell’atto e non è suscettibile di sanatoria alcuna, non potendo in ogni caso trovare applicazione gli art. 156 e seguenti c.p.c. che, secondo l’attuale insegnamento della S.C. di Cassazione, valgono solo per gli atti processuali e non riguardano quelli sostanziali, come la cartella di pagamento…”concludeva chiedendo di dichiarare illegittimi ed annullare sia l’iscrizione a ruolo che la cartella di pagamento impugnata .
In data 14/06/07 si costituiva, presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, L’Agente delle Entrate Ufficio di Milano 4 depositando atto di costituzione in giudizio ai sensi ex art. 23 D.Lgs. 546/92 con il quale contrastava l’eccezioni proposte dalla società contribuente e concludeva chiedendo in via preliminare dichiarare improponibile il ricorso per carenza di legittimazione passiva dell’Ufficio di Milano 4, e per l’effetto estromettere lo stesso dal giudizio. In via subordinata rigettare il ricorso perché infondato.
In data 27/02/08 si costituiva, presso la segreteria della Commissione Tributari Provinciale di Milano, Equitalia Esatri Spa depositando controdeduzioni ex art. 23 D.Lgs. 546/92 con il quale contrastava l’eccezioni proposte dalla società contribuente e concludeva chiedendo previo declaratoria di difetto di legittimazione passiva di Equitalia Esatri Spa in relazione alle attività riservate all’Ente impositore, rigettare il ricorso nei confronti di Equitalia Esatri Spa in quanto infondato.
In data 19/03/08 la Commissione Tributaria Provinciale di Milano sezione 26 con sezione 62 depositata in segreteria il 09/04/08 respingeva il ricorso e confermava le iscrizione a ruolo.
In data 26/05/09 la società contribuente depositava appello presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Milano con varie motivazioni, concludeva chiedendo l’annullamento e/o comunque riformare in toto la sentenza impugnata con ogni conseguente pronuncia e statuizione.
In data 27/07/09 L’ufficio depositava presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Milano controdeduzioni all’appello del contribuente chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
In data 17/03/10 l’Equitalia Esatri Spa depositava presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Milano controdeduzioni all’appello del contribuente chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
In data 02/04/10 la società contribuente depositava memorie illustrative presso la segreteria della Commissione Tributaria Regionale di Milano.
Il ricorso è stato trattato all’udienza pubblica del 15/04/10, sentito il relatore e il contribuente in persona del Dott. xxx il quale si riporta a quanto esposto negli atti e deposita giurisprudenza, il difensore dell’ufficio in persona della sua delegata a stare in giudizio Dott. xxx , la quale chiede il rigetto dell’appello e si oppone alla produzione di giurisprudenza da parte del contribuente.
Esaminati gli atti del giudizio, la controversia è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i motivi d’appello il contribuente ha censurato l’oggetto della motivazione della sentenza impugnata chiedendo la riforma con l’accoglimento dell’appello proposto.
Nel merito, questo collegio, rileva che dalla comunicazione in atti depositata dalla Equitalia Esatri Spa, e precisamente dall’avviso di ricevimento postale risulta che in data 12.12.07 la raccomandata n. xxx 31-4 è stata consegnata al portiere il quale ha sottoscritto la ricevuta stessa con firma illeggibile. È evidente che essendo la cartella di pagamento un atto amministrativo unilaterale recettizio, per la sua efficacia deve essere portato a conoscenza del contribuente mediante notifica a termini del combinato disposto degli art.26, comma ultimo, D.P.R. 29 settembre 1973 n.602 e art. 60 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600.
Lo scopo proprio della notifica della cartella di pagamento, non preceduta dalla notifica dell’avviso di accertamento, è quello di portare a conoscenza del contribuente che l’ufficio finanziario ha accertato nei suoi confronti un maggior credito di imposta di cui chiede il pagamento, e non quello di porre il contribuente nelle condizioni di ricorrere avverso tale accertamento, anche se ne costituisca un antecedente.
Lo scopo della notifica dell’atto ha natura sostanziale e non processuale e viene raggiunto solo con la materiale e regolare notifica dell’atto nel domicilio fiscale o reale del contribuente, in questo ultimo caso direttamente a mani del contribuente.
Ne consegue che l’atto amministrativo non notificato al domicilio risultante dalla dichiarazione annuale relativa all’anno di imposta di pertinenza, va ritenuto giuridicamente inesistente con conseguente prescrizione del credito d’imposta e decadenza dal diritto di chiederne il pagamento al contribuente da parte dell’amministrazione finanziaria, in caso di scadenza dei termini di legge.
La proposizione del ricorso avverso tale atto non sana il vizio per raggiungimento dello scopo in quanto la sanatoria prevista dagli art. 156 ss, c.p.c. vale solo per gli atti processuali e non per quelli sostanziali come gli atti impugnabili nel processo tributario, tra i quali rientra la cartella di pagamento.
Nello specifico, la disciplina della riscossione delle imposte vigenti in epoca antecedente alla riforma introdotta dal D.Lgs 26/02/1999 n.46, la cartella di pagamento svolge la funzione di portare a conoscenza dell’interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli, entro un termine stabilito a pena di decadenza della pretesa tributaria, ed ha un contenuto necessariamente più ampio dell’avviso di mora, la cui notifica è prevista soltanto per il caso in cui il contribuente, reso edotto dell’imposta dovuta, non ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento nei termini indicati dalla legge (Cass. Civ. 27/07/2007 n. 16412).
La legge non consente all’Amministrazione finanziaria di scegliere se utilizzare indifferentemente la cartella di pagamento e l’avviso di mora, che operano su piani nettamente distinti, ma detta una precisa sequenza procedimentale, nella quale l’esercizio della pretesa tributaria si dipana dall’atto impositivo alla cartella di pagamento (che in alcuni casi, come quelli previsti dagli articoli 36bis e 36ter del DPR 600/73, è essa stessa un atto impositivo) ed all’eventuale avviso di mora, e nel cui ambito il mancato rispetto della sequenza determina sicuramente un vizio della procedura di riscossione che incidendo sulla progressione di atti stabilita dalla legge a garanzia del contribuente, determina l’illegittimità dell’intero processo di formazione della pretesa tributaria (Cass. Civ. SS UU n. 16412/2007).
Questo collegio ritiene che la relata di notifica è prevista come momento fondamentale nell’ambito del procedimento di notificazione sia dai codici di rito che dalla normativa speciale e non è integralmente surrogabile dall’attività del’ufficiale postale, sicchè la sua mancanza, anche nella notificazione a mezzo del servizio postale, non può essere ritenuta una mera irregolarità, nella specie deve escludersi che la nullità della notificazione possa esser stata sanata dal tempestivo ricorso proposta dalla contribuente.
La mancata compilazione della relata in violazione dell’articolo 148 cpc, determina non la semplice nullità della notifica, bensì “la giuridica inesistenza” della stessa patologia, non sanabile in senso assoluto. La notifica oltre ad essere disciplinata dagli articoli 148 e 149 del cpc e dal principio base della notifica degli atti impositivi contenuto dalla lettera e) dell’art. 60del DPR 600/73 e anche disciplinata dalla legge n.890/82 per le “notificazioni di atti a mezzo posta” secondo la quale – art. 1 – l’Ufficiale giudiziario – agente notificatore – può avvalersi del servizio postale per la notificazione nel rispetto delle seguenti fasi:
– compilazione della relata di notifica dell’atto impositivo indicando l’ufficio postale da cui parte l’atto
– art.149 del c.p.c. e art. 3 della legge n. 890/1982, apposizione della propria sottoscrizione sulla relata di notifica
– art. 148 del c.p.c. inserimento dell’atto da notificare nella busta al cui esterno deve essere riportata anche la sua sottoscrizione
– art. 3 legge n. 890/1982 compilazione dell’avviso di ricevimento
– art. 2 della legge n. 890/1982 consegna della busta all’ufficio postale
L’obbligo di indicare, nella relata di notifica, gli elementi sopra indicati oltre ad essere sancito dall’art. 160 del c.p.c. è stato ribadito anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 5305/1999, si è così espressa:
“Qualora nell’originale dell’atto da notificare la relazione sia priva delle sottoscrizioni dell’ufficiale giudiziario, la notificazione deve ritenersi inesistente e non semplicemente nulla, non essendo configurabile una notifica in senso giuridico ove manca il requisito indefettibile per l’attestazione dell’attività compiuta”.
Tale situazione, come confermato dalla richiamata giurisprudenza della Cassazione, integra, a parere di questo Collegio, una condizione di inesistenza della notifica a fronte della quale non è richiamabile l’applicazione della sanatoria del raggiungimento dello scopo previsto dall’art. 156 del c.p.c. solo per i casi di nullità con conseguente annullamento, in accoglimento dell’appello, della cartella impugnata.
In conclusione, il Collegio ritiene, meritevole di accoglimento l’appello della società contribuente
P.Q.M.
1) La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – Milano in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie l’appello del contribuente, ammettendo la produzione documentale dello stesso.
2) Spese compensate.
Così deciso in Milano in data 15/04/2010
Il Relatore
Il Presidente
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Inquinamento mitili del Golfo di Trieste
Segnalazione casi s.o.s. Avvocati
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Al Papa non piace il Vangelo? "La mia casa è casa di preghiera, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri".
Papa Benedetto XVI in Sicilia per celebrare il 17° Anniversario dell’uccisione di Padre Puglisi, lasciato solo dalla dalla Chiesa e dallo Stato. Ma scatta la protesta per gli striscioni oscurati dalla Digos in maniera sommaria e illegittima.
Forse al Papa non piaceva quella frase del Vangelo di Matteo?
In calce la storia dello scomodo <parrinu> che insegnava a ragionare con la propria testa.
La visita del pontefice, in occasione del diciassettesimo anniversario dell’uccisione di padre Pino Puglisi, durerà dieci ore. Già dall’alba i pullman di fedeli provenienti da tutta l’isola hanno cominciato ad affollare le aree di sosta: “Siciliani non rassegnatevi al male”
Una visita che costerà circa due milioni e mezzo di euro, 500.000 dei quali a carico del Comune di Palermo, che li attingerà dal fondo di riserva. Arriva Benedetto XVI e non accennano a placarsi le polemiche che da settimane infuriano nel capoluogo siciliano.
La visita del pontefice, in occasione del diciassettesimo anniversario dell’uccisione di padre Pino Puglisi, durerà in tutto dieci ore, ma già dall’alba i pullman di fedeli provenienti da tutta la Sicilia hanno cominciato ad affollare le aree di sosta. E arriva il primo allarme, quello dell’Amia, l’ex municipalizzata che si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti: “C’è chi abbandona sacchetti di rifiuti indifferenziati per strada”, scrive in una nota la società che parla “di una vera e propria emergenza, con la formazione di enormi accumuli di rifiuti in una parte di Palermo che sarà interessata dalla visita del Santo padre”. In realtà, nulla di nuovo, visto che la raccolta differenziata dei rifiuti è stentatamente partita solo in una piccola parte della città, che continua a navigare tra cumuli di sacchetti e cassonetti trasbordanti.
Il papa è arrivato a Punta Raisi alle 9.15, ha raggiunto piazza Giovanni Paolo II, e, a bordo della papamobile si è diretto al Foro Italico dove ha celebrato l’Angelus: “Non rassegnatevi al male. Oggi sono in mezzo a voi per testimoniare la mia vicinanza ed il mio ricordo nella preghiera” ha detto il pontefice. “Sono qui per darvi un forte incoraggiamento a non aver paura di testimoniare con chiarezza i valori umani e cristiani, così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione”. Ai centomila fedeli, il papa ha augurato un futuro di serenità e pace: “Sono venuto per condividere con voi gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni” consapevole tuttavia che a Palermo, e in tutta la Sicilia, “non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni: penso, in particolare, a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale e, come ha ricordato l’Arcivescovo, a causa della criminalità organizzata”. L’anniversario dell’omicidio di padre Puglisi, il cui ricordo è vivissimo nel cuore dei palermitani, non poteva prescindere dalla condanna della mafia, come già fece, a suo tempo, Giovanni Paolo II, con parole durissime.
Alle 17.00 è previsto un incontro con il clero e i seminaristi, alle 18.00 un incontro con i giovani a piazza Politeama. Ripartirà alle 19.15 per Ciampino. I costi della visita papale che hanno suscitato indignazione e polemiche non riguardano le spese per la sicurezza del pontefice ma i costi vivi sostenuti dall’amministrazione comunale e da quella regionale. Passi per i 200.000 spesi per le transenne (il percorso di Benedetto XVI è di circa 22 km), passi per i 15.000 euro per il noleggio dei 10 maxischermi per il Foro Italico e piazza Politeama e i 50.000 euro per il noleggio dei 400 gabinetti chimici, possibile che il solo palco al Foro Italico costi 200.000 euro? Più altri 150.000 euro per “abbellire” il palco, più altri 300.000 euro per l’impianto di amplificazione e ancora altri 150.000 per l’impianto di luci. Strano, tra l’altro, il confronto con il costo del palco a piazza Politeama, dove il papa incontrerà i giovani: “solo” 50.000 euro e altri 50.000 di piante.
Dalle prime luci dell’alba di ieri sono comparsi anche striscioni con la scritta: ”Con Ratzinger contro matrimoni gay e relativismo”. Gli striscioni che compaiono in particolare per le vie del centro, via Roma, via Libertà, via Notarbartolo, via Autonomia Siciliana, via Duca della Verdura, sono stati affissi dagli aderenti a Giovane Italia, il movimento giovanile del Popolo della Libertà, “da sempre in prima linea nella difesa di quei valori non negoziabili, quali vita e famiglia, indicati dal Papa”. Gli stessi striscioni che lo stesso movimento aveva tirato fuori in occasione del primo Gay Pride siciliano, a giugno di quest’anno, che aveva portato in piazza 10.000 persone.
Su uno terrazzo, proprio di fronte al palco al Foro Italico, avrebbe dovuto esserci uno striscione, con una frase tratta dal Vangelo di Matteo, che invece non c’è. Un gruppo di palermitani lo aveva esposto ieri notte, dopo averci lavorato per giorni. Sullo striscione si leggeva: “La mia casa è casa di preghiera, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri”. Le forze dell’ordine sono intervenute immediatamente, hanno prima tentato di farsi ammettere in casa, ma erano sprovvisti di un qualsivoglia ordine di un magistrato e sono stati lasciati sulla porta. Sono quindi intervenuti i vigili del fuoco, su richiesta delle forze dell’ordine, e sono saliti con le scale mobili a strappare lo striscione. Ci sono riusciti solo per metà, l’altra metà (ma praticamente inservibile) è stata ritirata dalle persone in casa.
“E’ un regime, neppure in casa nostra possiamo esprimere liberamente il nostro pensiero” afferma Franca Gennuso, una delle persone presente nella casa “incriminata”, tenuta sveglia tutta la notte da continue telefonate delle forze dell’ordine che tentavano, con le buone e con le cattive, di persuaderli a ritirare lo striscione.
“La verità è che non vogliono sbavature. Vogliono dare l’immagine di una visita perfetta, tra un consenso perfetto”.
E’ chiaro che è tutt’altro che così.
PADRE PINO PUGLISI (3P): UN UOMO, LASCIATO SOLO DALLA CHIESA E DALLO STATO, CHE INSEGNAVA A RAGIONARE CON LA PROPRIA TESTA.
15 settembre 1993. A Palermo, nel quartiere di Brancaccio, con un solo colpo alla nuca, Padre Pino Puglisi viene ucciso dalla mafia.
Quando i suoi quattro sicari arrivano è a pochi passi da casa sua, nel giorno del suo 56° compleanno. Non si stupisce, non sembra sconvolto. Sorride.
Fino a quel giorno molti non hanno mai sentito parlare di lui. Non è uno dei cosiddetti “preti antimafia”, non ha mai cercato visibilità, clamore; non è mai stato in prima fila nei cortei agitando striscioni carichi di verità miste a luoghi comuni sulla mafia, sui cittadini collusi, sulla bella faccia nascosta di una Sicilia che non trova la forza di rinascere.
“3P” – come lo chiamavano in molti per via di quella divertente allitterazione in Padre Pino Puglisi – è un insegnante di religione, un parroco come tanti, il figlio di un calzolaio, cresciuto nello stesso quartiere covo della mafia che gli darà la morte.
In molti non sospettavano l’importanza straordinaria della sua opera.
Dal giorno del suo assassinio comincia a svelarsi quella “piccola rivoluzione” ignorata da tanti ma non dalla mafia.
Padre Pino aveva capito di non poter minimamente ledere quel tessuto intriso di cultura dell’illegalità con i grandi proclami, le teorie, le belle parole. La sua innata passione per i giovani gli aveva permesso di intuire che l’unico modo di scalfire l’onnipotenza della mafia in quel territorio era quello di volgere lo sguardo ai più piccoli, ai figli incolpevoli dei criminali, che non conoscono altra realtà se non la legge di ”Cosa nostra”, le sue barbariche norme, il suo potere.
Sono bambini addestrati da sempre, con gli stessi rituali, a divenire nuova linfa, nuovi potenti o semplice manovalanza.
La sfida alla mafia comincia così, sottraendole un bene prezioso: i bambini.
Sui ragazzi di strada si posa lo sguardo di “3P”, il suo sorriso. Padre Pino è un uomo esile, piccolo, è un “parrinu”, lontano anni luce da quegli uomini che hanno imparato a guardare con ammirazione e rispetto. Eppure qualcosa comincia a legare le loro vite. Quel prete li ascolta, li chiama per nome, li accoglie, impara a conoscerne la storia, le paure, i sogni. Il suo è un vero e proprio metodo pedagogico che si rivela efficace. I bambini cominciano ad apprendere che esistono regole, princìpi, valori, cominciano a sentirsi amati. Con un lavoro faticoso e paziente Padre Pino oppone la gratuità dei suoi gesti alla logica del potere e del denaro, offre una presenza che diventa “segno”, testimonianza, che apre a nuove prospettive di vita, che fa scorgere altre strade oltre a quella del furto, dello spaccio, del servile rispetto per i potenti e gli uomini d’onore. Chiede con insistenza al Comune che i luoghi simbolo del degrado, gli scantinati dove si svolge il mercato dello spaccio e della prostituzione, vengano trasformati in una scuola per i suoi ragazzi.
Ad aiutarlo non ci sono istituzioni, partiti, gerarchie ecclesiastiche.
Nel suo lavoro quotidiano lo affiancano i volontari del Centro Padre nostro, il Comitato intercondominiale di Via Hazon, il vice parroco, poche suore, talvolta i suoi allievi di liceo, figli della Palermo perbene, che ha trascinato, con la sua passione, in quel posto malfamato a scoprire un altro volto della loro città.
Sono anni terribili per Palermo, anni in cui la mafia sente sul collo il fiato corto di uomini come Falcone e Borsellino che, con la loro integrità e tenacia, corrodono inesorabilmente la sua invulnerabilità. Sono gli anni delle bombe, delle stragi, di una società che scopre di potersi ribellare.
La mafia non può tollerare che Padre Puglisi agisca all’interno del suo ventre, che le strappi i bambini, che predichi contro il crimine e l’illegalità sull’altare. E’ una Chiesa diversa quella che lui propone. Una Chiesa che non protegge i latitanti, che non ama i fuochi pirotecnici al termine delle processioni religiose.
E’ una Chiesa che non piace alla mafia.
L’irritazione cresce e con essa l’isolamento attorno a Padre Pino. Occorre fermarlo. Nel quartiere si diffondono le voci sulla presenza di poliziotti infiltrati all’interno del Centro Padre nostro. Arrivano le intimidazioni ma “3P” prosegue con fermezza nel suo lavoro. La solitudine, le sconfitte, la stanchezza non lo fermano. Prova a fermarlo, con un colpo alla nuca, Salvatore Grigoli, mentre lui sta sorridendo.
Difficile dire se la mafia sia riuscita nel suo intento. La vicenda di Padre Puglisi procede oltre la soglia di quel giorno. Dopo la sua morte molte persone lo hanno “incontrato” e questo incontro ha cambiato le loro vite. La Chiesa ha avviato il processo per la beatificazione, la giustizia ha accertato la responsabilità dei fratelli Graviano come mandanti del delitto; Salvatore Grigoli è divenuto collaboratore di giustizia ed ha iniziato un cammino di conversione. Si è assistito ad un proliferare di iniziative, Brancaccio ha avuto la sua scuola ma molto altro è rimasto incompiuto.
Bianca Stancanelli, giornalista e autrice di un’appassionata biografia di Don Puglisi, indica forse il rischio più grande “Gli eroi solitari ci piacciono perché ci assolvono: la nostra normalità si compiace del loro eroismo, vede nella loro sconfitta il migliore dei motivi per astenersi non dal coraggio soltanto, ma da ogni gesto di umana resistenza”.
Qual è oggi il ruolo che siamo disposti a dare a questa insolita figura di prete e di uomo? Un “martire”, un “santino”? Il suo abito sacerdotale aiuta in quest’opera di emarginazione. Il tempo, scorrendo, se ne rende complice.
Aldilà di tutto questo resta lo sguardo profondo di “3P” che, silenziosamente, senza clamore, continua a offrire nuove prospettive, nuovi scenari.
di MariaConcetta Montagna
http://www.lavocedirobinhood.it/Articolo.asp?id=70