Archivio Autore: Palau Giovannetti Pietro - Pagina 15

Immigration is not a crime.

Da Brescia a Milano, migranti «sospesi» per la regolarizzazione

Ieri Brescia, oggi Milano, domani in tutta Italia», cantano e sperano gli immigrati raccolti sotto la ciminiera di via Imbonati, a pochi passi da piazzale Maciachini, periferia Nord di Milano densamente abitata da stranieri. Sopra i loro occhi, a circa quaranta metri d’altezza sette ragazzi protestano da due giorni: chiedono una «sanatoria per tutti», perché «immigration is not a crime», spiega uno striscione pendente dall’ex camino industriale della farmaceutica «Carlo Erba».

Dopo Brescia, anche a Milano i migranti manifestano per ottenere la regolarizzazione. Sospesi, sulla ciminiera, ci sono cinque egiziani, un argentino e un marocchino, tutti sotto i quarant’anni. Sul piazzale un gazebo, due tende e un centinaio di persone a dargli sostegno. Fa freddo, soprattutto di notte, ma loro dicono di voler andare avanti fino a quando non avranno dal governo le risposte che aspettano. A mediare è la prefettura. Le richiesta sono sei, dice Najat Tantaoui, combattiva portavoce del Comitato Immigrati in Italia, presidente dell’associazione Dialogo, titolare di una cartoleria e mamma di quattro bambini «nati in Italia e che si sentono italiani, cosa di cui sono fiera». Sei richieste, dicevamo. Innanzitutto un passo indietro rispetto alla «sanatoria truffa del 2009», quella che permetteva di mettere in regola colf e badanti. Continua Najat: «Molti di noi da lavoratori hanno cominciato a pagare i contributi Inps ma aspettano ancora la regolarizzazione. Tanti altri invece hanno denunciato i datori di lavoro che chiedono di essere pagati per avviare le pratiche». Una sorta di pizzo sui documenti. Ma non ci sono solo colf e badanti. C’è la richiesta del diritto di voto per chi è residente da almeno cinque anni. Il diritto di cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia. Il prolungamento dei termini di scadenza del permesso di soggiorno quando si perde il lavoro. Riprende Najat: «Quelli che hanno perso il posto per via della crisi hanno solo sei mesi per trovare un’altra occupazione. Scaduto il permesso devono andare via. Noi chiediamo un proroga di due anni». Infine «il riconoscimento dei rifugiati politici come esseri umani».

Migliaia a Brescia
Rivendicazioni simili a quelle avanzate dai cinque stranieri di Brescia che da più di una settimana si trovano su una gru nel cantiere della metropolitana di piazzale Cesare Battisti, in centro città. Sono saliti a 35 metri d’altezza dopo lo sgombero di un loro presidio e gli scontri con le forze dell’ordine. Dopo il «no» del prefetto alla richiesta di permesso di soggiorno, con loro ieri alcune migliaia di persone hanno manifestato con un corteo. Nella folla c’era anche un gruppo di genitori di Adro, il comune famoso per la scuola in cui sono stati collocati circa 700 simboli del sole delle Alpi. La giornata di proteste migranti ha fatto registrare anche una manifestazione a Sassari, dove qualche giorno fa due stranieri sono stati aggrediti. Circa duecento persone hanno sfilato dietro lo striscione «No violenza, no razzismo».

7 novembre 2010

di Giuseppe Vespo

da www.unita.it

QUESTORE INTIMA SFRATTO ULTRAOTTANTENNI NOSOCOMIO TINCHI

Dopo oltre 130 giorni di occupazione del tetto del nosocomio di Tinchi sembra che gli eventi stiano precitando senza alcuno scampo per i degenti tra cui alcuni vecchi partigiani bisognosi di cure da parte della struttura.

Il Questore ha infatti notificato un’ingiunzione di sgombero come denunciato da alcune associazioni locali e dal professor Pietro Tamburrano, uno dei manifestanti che hanno deciso questa forma estrema di protesta per chiedere un futuro certo per l’ospedale di Tinchi, documentando lo sperpero di denaro pubblico nel nosocomio pisticcese.

Ecco l’appello dei Comitati civici.

Siamo asserragliati dal 1° luglio 2010 sul tetto più alto dell’Ospedale di Tinchi, fiore all’occhiello della sanità pubblica in provincia di Matera, chiuso dopo ristrutturazioni milionarie per essere ceduto a una fondazione privata.

Il Questore di Matera ci sta notificando, dopo 130 giorni e notti di presidio ininterrotto, un’ingiunzione di sgombero tanto arbitraria quanto illegittima.

Temiamo da un momento all’altro un blitz delle forze di polizia.

Siamo fortemente allarmati soprattutto per l’incolumità dei tanti vecchietti, fra cui alcuni ex-partigiani ultraottantenni, che presidiano ininterrottamente il tetto più alto di quest’ospedale illegalmente chiuso da sìddette “Istituzioni”.

LA REPUBBLICA E’ FINITA!!!!

LA MAFIA HA PRESO IL DIRETTO CONTROLLO DELLE ISTITUZIONI!!!!

SIAMO IN UNO STATO FASCISTA DOVE I CITTADINI SONO CONSIDERATI SPAZZATURA!!!! 

Per saperne di più:

Antonio Forcillo – addetto comunicazione

(338-5867165)

MORIRE DI T.S.O.: NON DEVE ACCADERE PIU' A NESSUNO!

CAGLIARI. COME UN ONESTO AMBULANTE POSSA VENIRE CONDANNATO A MORIRE DI MALAGIUSTIZIA E MALASANITA’ PER DIFENDERE IL PROPRIO LAVORO.

Era il 15 giugno 2006 quando Giuseppe Casu fu ricoverato contro la sua volontà presso il reparto psichiatrico dell’ospedale Santissima Trinità di Cagliari dove morì legato al proprio letto di contenzione 7 giorni dopo.

Dopo oltre 4 anni di menzogne e spudorate falsità smontate una per una dal pm Giangiacomo Pilia e dai periti nominati dal giudice Simone Nespoli, l’iter processuale è finalmente approdato al rinvio a giudizio dei sanitari.

Ma vediamo con ordine i fatti.

“Se ne va anche l’ultimo ambulante”, titolava l’articolo apparso su “L’Unione Sarda” il 16 giugno 2006, il giorno dopo il trasferimento coatto di Giuseppe Casu all’ospedale Santissima Trinità (chiamato anche “Is Mirrionis”).

La giunta regionale, all’epoca, aveva intrapreso una vera e propria battaglia contro gli ambulanti, non risparmiando multe da capogiro.

Al signor Casu ne erano state comminate due da 5mila euro ognuna a 24 ore di distanza, motivo che gli avrebbe fatto perdere le staffe e che avrebbe spinto i Carabinieri ad eseguire il trattamento sanitario obbligatorio (TSO), ovvero il ricovero coatto presso l’ospedale cagliaritano. 

In passato il signor Casu aveva subito dei ricoveri per esaurimento nervoso, ma mai nessuno forzato.

Il 22 giugno la morte di Casu, legato disumanamente senza alcuna ragione al proprio letto di contenzione.

L’autopsia eseguita presso il nosocomio “Is Mirrionis” ed effettuata dall’anatomopatologo Antonio Maccioni stabilisce che la causa del decesso dell’allora 60enne fu un’embolia polmonare.

La procura di Cagliari apre un’inchiesta e la morte del signor Casu si tinge subito di mistero.

Il giudice monocratico Simone Nespoli dispone il sequestro dei reperti anatomici, oltre a quello delle cartelle mediche.

Sono proprio gli organi a destare qualche sospetto: non sarebbero quelli del signor Casu ma apparterrebbero ad un uomo realmente morto di embolia polmonare.

L’ospedale Santissima Trinità viene così investito dalla bufera. Il primario del reparto di psichiatria, dottor Giampaolo Turri, viene sospeso dall’ASL 8 di Cagliari mentre il medico curante Maria Rosaria Cantone si dimette immediatamente. Turri verrà poi reintegrato e l’ASL 8 annuncia che vi sono stati errori dei medici ma che non vi saranno punizioni. Resta da chiarire la posizione del primario di anatomia dottor Antonio Maccioni soprattutto riguardo allo scambio degli organi del signor Casu e in merito ai risultati della perizia contestati dalla pubblica accusa e dai periti di parte, in netta contrapposizione con la linea adottata dai legali di Maccioni e dei relativi periti.
Lo scorso 29 settembre si è arrivati alla prima resa dei conti: i periti super-partes Rita Celli, Elda Feyles e Guglielmo Occhionero, nominati dal giudice Simone Nespoli, smentiscono la difesa e danno ragione alle tesi esposte dal pm Gian Giacomo Pilia. Non fu un’embolia polmonare a causare il decesso di Giuseppe Casu, come sostenuto dal primario Turri, dalla dottoressa Cantone e dall’anatomopatologo Maccioni e come suggeriva l’autopsia che, come dimostrato dall’accusa, era quella di un altro uomo.

Il decesso del signor Casu è stato provocato da “una contenzione troppo prolungata e da un evento cardiaco acuto, prevedibile e prevenibile”, come si legge dalla relazione di 55 pagine. Nel resoconto peritale vengono mosse critiche alla fase diagnostica e all’assistenza fornita al signor Casu.
Le conclusioni degli esperti sono lapidarie: “nel caso del paziente Casu non ricorre quasi mai il requisito del pericolo di vita che avrebbe motivato una contenzione. Delirava e dunque al più avrebbe delirato con maggiore intensità. E non risulta in letteratura che mai nessuno sia morto per delirio o allucinazioni”. 
I periti parlano senza mezzi termini di sequestro di persona e lo fanno sotto un profilo strettamente giuridico. Affrontando la questione della contenzione fisica hanno escluso che Casu sia stato ucciso da una trombo-embolia polmonare legata alla lunga immobilità, come invece avevano diagnosticato i medici del Santissima Trinità subito dopo l’improvvisa morte dell’ambulante. I periti Elda Feyles, specialista in anatomia e istologia patologica, Guglielmo Occhionero, psichiatra, e Rita Celli, medico legale, hanno innanzitutto individuato le norme: gli articoli 13 e 32 della Costituzione sulla inviolabilità della libertà personale e sul consenso all’atto terapeutico, il codice deontologico di medici e infermieri sulla contenzione fisica e farmacologica come evento straordinario e motivato, il codice penale: se c’è uno stato di necessità la misura di contenzione, sempre proporzionale al pericolo attuale di un danno grave non altrimenti evitabile, non solo può ma deve essere applicata se non si vuole incorrere nel reato di abbandono di incapace. I periti sono sicuri: «La contenzione fisica è ammessa solo allo scopo di tutelare la vita o la salute della persona… qualora la contenzione fosse sostenuta da motivazioni di carattere disciplinare o per sopperire a carenze organizzative o per convenienza del personale sanitario si possono configurare i reati di sequestro di persona, violenza privata, maltrattamenti».

Non solo, i periti negano che la contenzione a letto sia da considerare un trattamento sanitario vero e proprio: «In generale, per prestare le prime cure il medico deve intervenire e vincere la resistenza solo se il paziente si trova in vero pericolo di vita. Nei casi psichiatrici quel pericolo non c’è quasi mai perché raramente esiste un pericolo di vita rispetto a una malattia mentale. Non risulta che mai nessuno sia morto di allucinazioni o delirio». I periti valutano dunque «eccessivo» legare a letto un paziente anche se per impedirgli il suicidio o costringerlo a curarsi. Di lì la conclusione: «La diretta coercizione non è fra le prestazioni richiedibili allo psichiatra. E visto che l’organigramma del nuovo assetto della psichiatria non prevede figure di personale di custodia (come prima della legge Basaglia che ha chiuso i manicomi), essendo venuta meno tale esigenza che caratterizzava la vecchia normativa manicomiale, il ricorso all’uso della forza fisica è esterno al rapporto terapeutico».

Lo scorso 11 ottobre vi è stata un’udienza durante la quale i periti super-partes e quelli dell’accusa hanno confermato quanto ribadito il 29 settembre e restano dunque in piedi i rinvii a giudizio a carico del dottor Turri e della dottoressa Cantone, che dovranno rispondere di omicidio colposo il prossimo 29 novembre.

Il procedimento bis, invece, riguarda l’operato del dottor Maccioni accusato di avere collaborato a coprire gli errori di Turri, occultando e sostituendo i reperti anatomici di Giuseppe Casu. Il signor Casu non morì per via di un’embolia polmonare ma a causa di un’evento cardiaco, accentuato dai farmaci somministrati e dalla contenzione. Una morte evitabile.

La famiglia Casu è stata supportata, durante questi quattro anni, da associazioni e comitati che hanno fornito aiuto psicologico ed economico. La figlia Natascia dal canto suo ha fatto di tutto per tenere viva la memoria di suo padre e, tramite il blog www.veritaxmiopadre.blogspot.com, informa i propri lettori su quanto è accaduto e quanto sta accadendo.

L’Azienda Sanitaria Locale se ne lava le mani e afferma che il dottor Turri è andato in pensione alla fine del 2009.

L’ospedale non rilascia dichiarazioni giacché vi sarebbe in corso un procedimento.

Natascia Casu, la combattiva sorella, ha invece rilasciato un’intervista al Tgcom, che pubblichiamo integralmente.

 “Finalmente c’è giustizia”

Natascia Casu non si è mai arresa, davanti alle difficoltà all’apparenza insormontabili e commenta a Tgcom il rinvio a giudizio di Giampaolo Turri, primario del reparto di psichiatria dell’ospedale cagliaritano Santissima Trinità e della dottoressa Maria Cantone che aveva in cura suo padre. “Non deve più accadere a nessuno”, è il messaggio che la famiglia Casu vuole arrivi a tutti gli italiani.

Natascia, ci vuole raccontare quali speranze ha acceso questa nuova e per certi versi inattesa decisione?
Più che accendere riesce a tenere viva la nostra solita speranza di capire perchè mio padre è morto.

Un ricovero coatto che non aveva modo di esistere, una contenzione disumana, interrogazioni parlamentari rimaste senza risposta… Come ha fatto a non perdere la forza di continuare?
C’è una forza che si chiama amore, per un padre, per un uomo,  per la voglia di conoscere la verità, per il senso di giustizia, per la speranza che non capiti più a nessuno. E un trattamento inumano perché non mi stancherò mai di dire che per me legare una persona, per così tanto tempo poi, è solo tortura.
Chi era suo padre?
Semplicemente un uomo, con luci e ombre di tanti uomini. Ma non è importante chi fosse, importa il trattamento che ha subito un uomo al posto del quale poteva esserci chiunque.
Manca ancora un tassello importante: qualcuno ha cercato di imbrogliare le carte facendo scomparire e poi miracolosamente riapparire la cartella clinica di suo padre, cercando di fare sparire anche il materiale autoptico… Questo iter processuale a che punto è?
Umanamente è impossibile che gli autori di questi reati la passino franca. Per quanto riguarda il “mistero” della cartella clinica diciamo che semplicemente ne ho appreso i fatti dai giornali, poi, dopo breve, hanno spiegato che non si era trovata subito. Appena ritrovata è stata subito consegnata al tribunale. Per quanto riguarda l’inchiesta bis è entrata nel vivo da poco. Fino ad ora si stanno discutendo le perizie dei tecnici informatici già consegnati al tribunale. Quelle dei periti del pm, e quelli dei periti di parte della difesa. Questo perchè il pm aveva disposto il sequestro del computer centrale del reparto di anatomia patologica. Posso dire che aver saputo della sparizione e sostituzione delle parti anatomiche con quelle di un altro uomo, è stato come sentirlo morire due volte.
Il movimento che l’ha affiancata, le persone che sono state vicine a lei e alla sua famiglia, in questo caso, danno un esempio all’Italia intera: “l’unione fa la forza” è un motto antico ma sempre valido. 
Esatto! Si possono avere tutti i più buoni propositi di volontà, di combattività, di consapevolezza di avere dei diritti per il quale lottare ma da soli non si va da nessuna parte. E questo sia dal punto di vista morale, che da quello concretamente pratico materiale. E a questo proposito colgo l’occasione per ringraziare anche quanti, fuori dal comitato, continuano a sostenerci economicamente…un grazie di vero cuore.
Quale idea si è fatta di tutta questa storia? Cosa pensa in merito agli intrecci che sono emersi?
Con molta onestà, quando morì mio padre, non pensavo potessero esistere, prima, durante e dopo anche altre simili, se non anche peggiori storie di morti assurde. E’ tutto tremendamente reale anche se mi è sembrato come trovarmi d’improvviso, da spettatore di un giallo, a esserne, mio malgrado, protagonista e, come ho detto prima, per quanto riguarda i vari avvicendamenti, è stato come se mio padre fosse morto due volte…
Sinceramente mi fa spavento pensare che certe cose, possano anche solo lontanamente accadere realmente e non solo nei film.

di Giuditta Mosca

 

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Cause da assegnare

Materia Regione Foro Tipo atto Scadenza Note
Civile Lombardia Bergamo Atto di citazione   Risarcimento danni
Lavoro Lazio Roma Ricorso cassazione 31/12/10 Licenziamento, mobbing,discriminazione razziale
Lavoro Lombardia Milano Ricorso   Licenziamento e risarcimento danni
Penale Lombardia Brescia Rinvio a giudizio   Reato di diffamazione 595 c 3°, 597 cp c 3°, resp. professionale
Penale Lombardia Rho Interrogatorio ex art. 357 c.p.p.  16/11/10 Reato di diffamazione ex art. 81 cpv, 595, cp

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15 OTTOBRE 2010 NAPOLI IN PIAZZA CONTRO LA CAMORRA

Napoli: Fiaccolata per la legalità

Venerdì 15 ottobre 2010 – Ore 18.00 – Piazza Madonna dell’Arco, Miano ex birreria Peroni

Dopo la feroce aggressione di stampo camorristico al Segretario regionale dell’Unione Inquilini, presso la sede di Mianella, diciamo basta alla violenza che dilaga nei nostri territori.

“ACCENDIAMO LA SPERANZA…… non spegniamo quella luce che resta sempre accesa”

FIACCOLATA PER LA LEGALITA’

“…la paura circonda i quartieri
tanto da far serrare le porte
ma non la speranza
che l’innocenza dei bambini
possa dar loro un futuro”

(Federica, III^ media)

A seguito della pesante aggressione, nella sede del sindacato nel quartiere di Miano ad opera di 4 camorristi inviati a picchiare il segretario dell’Unione Inquilini di Napoli, Mimmo Lopresto si è sviluppata una vasta rete di solidarietà che ha promosso per venerdì 15 ottobre una fiaccolata anticamorra.

Contro la camorra

battere la violenza e l’illegalità che soffocano il nostro territorio

fermare il degrado delle nostre periferie

vivere finalmente liberi da ogni forma di sopraffazione

difendere la nostra dignità di cittadini onesti

garantire un futuro di “normalità” ai nostri figli

Perché tutti, cittadini e istituzioni, facciano fino in fondo la propria parte

PROMUOVONO : Unione Inquilini, Confederazione Unitaria di Base, Parrocchia di S. Francesco Caracciolo, Comunità Cristiana di Base del “Cassano”, Ass. Scuola di Pace, Libera, Cantiere Futuro, Associazioni in Movimento,

ADERISCONO : Rosa Russo Jervolino (Sindaco di Napoli), Luigi De Magistris eurodeputato IDV, Vincenzo Acampora Presidente Iacp Napoli e componente Giunta Nazionale Federcasa, Associazione Rosso Democratico, FlaicaUniti CUB, Comunisti Uniti Campania, Associazione S.Maria delle Grazie Barra, PRC SEL Giovani Comunisti, Associazione Campo Libero, A.N.P.I Associazione Nazionale Partigiani Sez. Napoli, Coordinamento Giovani Diplomati Disoccupati Scampia,Francesco Maranta, Associazione (R)ESISTENZA Anticamorra, Umberto Ranieri Responsabile per il Mezzogiorno del Pd, Gridas Scampia, Ovidio Attanasio Coord.Reg. Giovani Idv Campania Vice Segretario Nazionale Giovani Idv, CGIL Camera del Lavoro di Napoli, Nicola Oddati Assessore alla Cultura del Comune di Napoli, Leonardo Impegno Presidente del Consiglio Comunale di Napoli, Avv. Fabio Maria Ferrari Coordinatore Area Legale Civile Comune di Napoli, Associazione Legal Team Italia, Luigi Rispoli Presidente Consiglio Provinciale di Napoli, Vincenzo Vanacore Presidente delle cooperative sociali L’uomo e il legno e Altro Mondo, Franco Brescia per la Comunità Cristiana di Base del Vomero, Giovanni Russo Spena e Giorgio Tecce della Direzione nazionale Prc, G. D’Alessandro ; segretario Prc Napoli, Giuliano Pennacchio Dipartimento Nazionale Lavoro- Welfare di Rifondazione Comunista Rosario La Rossa associazione di scampia VODISCA (voce di scampia), Movimento per la Giustizia Robin Hood, Avvocati senza Frontiere.

Si chiede di far pervenire la propria adesione alla seguente email:

caracciolininapoli@virgilio.it

unioneinquilininapol@libero.it

La denuncia del C.S.M.: “C’è una questione morale tra le toghe. Si dimettano coloro che sono implicati nella vicenda “P3”

“Cherchez il Magistrato”.

di Adriano Fontani

Cherchez la femme” è la famosa frase di un investigatore francese che voleva dire che non esiste trama criminosa o delitto in cui non ci sia di mezzo una donna: cercatela!

A seguire le mille trame della “Sporca Italia”, storie talvolta di crimine e malaffare organizzato altre volte di “semplici” intrallazzi, clientelismi, raccomandazioni e interessamenti “interessati”ci si rende rapidamente conto che non ve n’è una dove non ci sia dentro un Magistrato o Giudice, spesso di alto livello. La conferma a questa regola non scritta è arrivata immancabile dalle vicende di questi ultimi mesi, dalle indagini legate alla “cricca” vicina alla Protezione Civile per la ricostruzione post terremoto de L’Aquila come a quelle, di ieri e l’altro ieri, legate alla cosiddetta “P3”, sospetta associazione criminosa segreta per condizionare sentenze, appalti e quant’altro che coinvolge altissimi personaggi del partito di maggioranza, del governo e, appunto, della Magistratura.

Tanto che perfino l’ineffabile Capo dell’ANM (Associazione Nazionale Magistrati, il privatissimo sindacato unico dei Magistrati Italiani), Luca Palamara, famoso per difendere sempre e comunque i magistrati anche quando sono indifendibili, davanti all’ennesimo caso di Alti Magistrati implicati in una trama poco chiara (la cosiddetta P3) ha prima ammesso: “C’è una questione morale tra le toghe” (Q.N. del 13-7-2010) per poi aggiungere 2 giorni dopo (15-7-2010) “Si dimettano dalla Magistratura coloro che sono implicati nella vicenda “P3”.

Tanto che l’ex Magistrato ed ex Presidente della Repubblica (ed in tale veste Presidente del CSM, organo di autogoverno della Magistratura) Oscar Luigi Scalfaro, che a suo tempo ebbe forti conflitti istituzionali con il primo governo Berlusconi, richiamò i suoi ex colleghi “Isolate i colleghi indegni. Un PM non può candidarsi politicamente nel territorio dove ha indagato” (“CorrSera” 26-3-2010, 9), con riferimento alla scandalosa candidatura alle Regionali 2009 in Puglia di un PM pugliese che aveva perfino indagato fino al giorno prima, da Magistrato, sui suoi avversari politici.

Tanto che l’ex Giudice e considerato il Capo del cd. “partito dei giudici”, l’ex Presidente della Camera ed esponente di spicco della sinistra Luciano Violante 2 anni fa sbottò, pure lui: “Basta, questa Magistratura ha troppo potere”.

Dunque “Cherchez il Magistrato” che è sempre in mezzo a qualche vicenda poco chiara, penalmente rilevante o moralmente riprovevole, dunque. Ecco un elenchino sommario che ci aiuta.

Prima di iniziare il lungo elenco ricordiamo la nutrita pattuglia di Magistrati, oltre a quelle dei giornalisti, dei Politici, degli alti graduati dell’arma dei CC,… presente nella disciolta loggia massonica deviata P2. Se la memoria non mi tradisce (non ne sono certissimo) vi era pure addirittura perfino l’allora Vicepresidente del CSM.

  1. La Procura di Firenze porta avanti le indagini sulla “cricca” di affari poco chiari legati alla Protezione Civile ed alla ricostruzione post terremoto in Abruzzo. Indagini che hanno visto indagato lo stesso Bertolaso e che hanno portato in carcere personaggi potentissimi come il Presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici Angelo Balducci ed il Provveditore alle opere Pubbliche della Toscana Fabio De Santis. Indagini che hanno tirato in ballo uno dei Coordinatori Nazionali del PdL e colonnelli di Berlusconi, Denis Verdini. Dalle intercettazioni emerge il ruolo del Procuratore aggiunto della Repubblica di Roma Achille Toro accusato di aver favorito in itinere gli indagati tenendoli aggiornati sullo sviluppo delle indagini, tanto che pare che qualcuno si preparasse ad emigrare. Achille Toro si dimise immediatamente dalla Magistratura onde evitare sanzioni.
  2. In alcune delle tante intercettazioni relative alla suddetta “cricca” legata alla ricostruzione post terremoto in Abruzzo emergono strane telefonate, interessamenti e sospetti conflitti di interesse di 2 alti Magistrati: Giuseppe Tesauro, Giudice della Corte Costituzionale e Mario Sancetta, Giudice della Corte dei Conti. Entrambi soci in società immobiliari con tal Antonio Di Nardo, imprenditore e dipendente del ministero delle Infrastrutture, in stretti rapporti con quell’imprenditore De Vito Piscicelli divenuto famoso per aver confessato via telefono la sua risata alla prospettiva di fare affari sui morti del terremoto. Di Nardo che, secondo certi rapporti del ROS, sarebbe in stretti rapporti con la criminalità organizzata campana. Sancetta parla al telefono con un socio di Di Nardo, Lamino e promette interessamento per di attivare i suoi contatti per ottenere commesse per le imprese di Di Nardo (suo socio) e Lamino in Abruzzo. Altrettanto i ROS hanno accertato un giro di telefonate tra il Giudice Tesauro ed il suo socio Di Nardo: Tesauro si interessa per una licenza di una sua azienda (fonte: “CorrSera”, Mercoledì 17 febbraio 2010).
  3. Processo conclusosi in data 12-7-2010 presso l’8° Sezione Penale del Tribunale di Milano con la condanna a 14 anni del Generale Giampaolo Ganzer capo del reparto di èlite dell’Arma dei carabinieri, quel ROS che ha condotto e sta conducendo le indagini su quasi tutte le più grandi inchieste di questi anni, incluse quelle quelle qui esposte. Condannato per aver organizzato importazioni, traffici e spacci di grossi quantitativi di droga, in collaborazione coi narcotrafficanti di mezzo mondo, per poter poi fare brillanti operazioni all’unico fine di mettersi in mostra, raccogliere encomi, fare carriera ed acquisire potere. Sotto accusa, in uno stralcio di processo che sarà celebrato a parte, finisce il PM di Bergamo Mario Conte, accusato di aver fatto da sponda autorizzando queste strane “operazioni coperte” volute ed organizzate appunto dal generale Ganzer (fonti: “CorrSera” e “Q.N” di martedì 13-7-2010).
  4. Luglio 2010, scoppia lo scandalo della cd. “P3”. Secondo gli investigatori un potentissimo comitato segreto di pressioni, affari ed intrallazzi, una sorta di loggia massonica segreta trasversale come appunto la P2 in grado di condizionare grossi appalti come quello dell’eolico in Sardegna, nomine di Giudici, decisioni della Corte Costituzionale,…: “sodalizio criminale” lo definiscono i giudici. Vengono indagati per associazione a delinquere e ci finiscono dentro il fondatore di Forza Italia e già condannato in 2° grado di supporto esterno in Associazione Mafiosa il Senatore Marcello Dell’Utri, il ViceMinistro dell’Economia Nicola Cosentino (che si dimette in data 14 luglio), il Coordinatore Nazionale di Forza Italia Denis Verdini, mentre vengono addirittura arrestati per le stesse accuse il noto faccendiere Flavio Carboni, e 2 suoi amici, il Giudice Tributario Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino. Ma l’elenco dei Magistrati coinvolti si allunga ben presto quando emergono altri partecipanti ad una strana cena del “sodalizio criminale” svoltasi nella casa romana di Denis Verdini. Oltre a Verdini, Dell’Utri ed il trio degli arrestati Carboni-Martino-GiudiceLombardi sono accusati di aver partecipato a quella cena altri 3 Magistrati: Antonio Martone, avvocato di Stato in Cassazione (che si dimette subito, come fece in Procuratore Toro, per evitare sanzioni), Giacomo Caliendo, ex membro del CSM e sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia ed il Capo degli Ispettori dello stesso MGG Arcibaldo Miller. Ma non bastano 4 alti Magistrati implicati nella vicenda (Lombardi, Martone, Caliendo e Miller): ce ne finiscono dentro altri 2. L’avvocato Generale della Cassazione Oscar Fiumara, che avrebbe ricevuto da un altro Giudice (quello arrestato, Lombardi, con tanto di eloquenti telefonate) il dono di alcune per bottiglie di vino pregiato come ricompensa per aver sostenuto lo spostamento dalla Commissione Tributaria alla Cassazione a sezioni unite del processo per 400 milioni di tasse non pagate dalla Mondadori nel 1991. Il presidente della corte di Appello di Milano Alfonso Marra, trasferito d’ufficio dal CSM in data 15 luglio in seguito allo scandalo: il suo nome compare nelle intercettazioni in quanto la sua nomina a tanto importante incarico sarebbe stata frutto delle pressioni della “P3” di Flavio Carbone (fonte: “CorrSera”, martedì 13-7-2010).

“Cherchez il Magistrato”, dunque. E ne troverete sempre. In abbondanza. Purtroppo.

Da Sporca Italia

http://sporcaitalia.mondoraro.org/2010/07/17/%E2%80%9Ccherchez-il-magistrato%E2%80%9D/

Firenze. Caso Sannino Belgrave. Oltre cento procedimenti.

La vicenda nasce dall’intreccio di due cause civili (8753/81 e  2421/89) presso il Tribunale di Firenze, che causa denegata giustizia si sono moltiplicate in maniera esponenziale, sino a diventare un centinaio. L’intera vicenda è trattata sul sito creato dalle stesse vittime: www.casosannino.com di cui qui riportiamo i passi essenziali. Per gli allegati rinviamo i lettori al sito dei coniugi Sannino . In calce l’elenco dei cento procedimenti.

Questa è la storia autobiografica di Gino Sannino e sua moglie Zionela Belgrave.

E’ una storia incredibile di corruzione, frode ed ingiustizia. E’ una storia di due persone, le cui vite sono state sistematicamente distrutte da persone disoneste aiutate da avvocati, pubblici ufficiali e giudici ugualmente disonesti. E’ uno scandalo contro una famiglia comune, perseguitata senza tregua e che rischia di essere annientata. Una realtà che accade qui di fronte ai nostri occhi.

Ventuno anni fa Gino Sannino e Zionela Belgrave decisero di realizzare il loro futuro e quello dei loro figli, di 4 e 8 anni, in Italia, investendo quanto avevano per acquisire una proprietà sulle incantevoli colline toscane, in Vicchio del Mugello, Città natale di Giotto e Beato Angelico.

Foto della proprietà contesa, vista del lago dall’ingresso.

Con grande entusiasmo ed impegno ristrutturarono la vecchia casa, costruirono locali e realizzarono quanto necessario per avviare un’attività di bar, pizzeria e pesca sportiva che chiamarono “Lago Due Torrenti di Sannino Gino”.

La proprietà aumentò notevolmente di valore per le opere e migliorie fatte e anche perché il terreno fu dichiarato edificabile dopo l’approvazione del Piano Regolatore del Comune di Vicchio, che prevedeva la costruzione di un complesso turistico sportivo. Nel 1987 per realizzare il progetto di edificazione fu costituita la società “I Due Torrenti Srl” nella quale nel 1988 si associò il Sig. Antonio Tangocci, acquistando il 25%. 

Presto Tangocci volle avere più partecipazione nella società, ma non ci fu accordo e, insoddisfatto per la propria condizione di socio minoritario, si rivolse al Tribunale denunciando Gino, che era l’amministratore della società, accusandolo d’irregolarità nell’amministrazione. Sucessivamente, Tangocci perse il 23% perché si rese moroso nei versamenti di capitale, rimanendo con il 2%. Nel frattempo il Tribunale di Firenze nominò un amministratore giudiziario, il Dr. Roberto Scialdone, assistente del giudice incaricato della procedura Dr. Sebastiano Puliga. (Per sapere chi è Puliga si rimanda al sito dei coniugi Sannino).

In luogo di compiere il suo dovere legale e salvaguardare gli interessi della società, risultò che l’unico obbiettivo di Scialdone era quello di arricchirsi, abusando della fiducia a lui data dal Tribunale. Per ottenere questo tentò di portare la Due  Torrenti al fallimento per costringerla a disfarsi delle sue proprietà.Per realizzare questo eseguì manovre illegali come:

  1. Falsificare il bilancio, includendo debiti non esistenti a carico della società; (sul sito dei coniugi alcune delle voci contestate e le prove di falsità);
  2. Stima inferiore del valore dei beni immobili sociali, falsa perizia;
  3. Fatturare alla società suoi onorari di amministratore eccessivamente alti. Per la srl era impossibile pagare questi onorari e conseguentemente Scialdone divenne il maggior creditore della società. La I Due Torrenti aveva una modesta entrata di circa 20 mila euro l’anno e Scialdone, per lo stesso periodo, ne riscosse 50 mila per alcune ore di lavoro alla settimana; (vedi sul sito le notule Scialdone e gli incassi della Società. Vedi anche le notule della moglie di Scialdone, da lui incaricata per conto della I Due Torrenti);
  4. Chiudere l’attività commerciale per aggravare ulteriormente la situazione economica.

Intanto il giudice incaricato, Sebastiano Puliga, non mostrò nessun interesse in tutto questo.Contemporaneamente accadeva che due funzionari del Tribunale di Firenze, i signori Antonio Rinaldi e Angela Catanese, offrirono aiuto a Gino e Zionela dicendo di poter intercedere per loro davanti il giudice Puliga, loro amico. L’intervento dei due funzionari non sarebbe stato a titolo di puro favore, ma volevano che Gino vendesse loro i suoi diritti in un altro procedimento pendente davanti lo stesso giudice Sebastiano Puliga. Gino e Zionela, terrorizzati dall’idea che la liquidazione dei beni della I Due Torrenti, che Scialdone aveva già chiesto al Tribunale, avrebbe comportato la perdita della loro casa e attività commerciale, accettarono la proposta dei due cancellieri. Più tardi vennero a sapere del coinvolgimento dei giudici della causa nella vicenda, in quanto che venne accertato che 40 milioni per comprare i diritti di causa a Gino le diede uno dei giudici nei procedimenti, il dr. Valentino Pezzuti. (Leggi qui un provvedimento che spiega l’intreccio delle due vicende giudiziarie) (Leggi sul sito dei coniugi la relazione della Squadra Mobile)

Quanto promesso dai cancellieri non successe e la società I Due Torrenti fu posta in stato di liquidazione alla fine del 1992.

Il Puliga nominò liquidatore giudiziario il dr. Alessandro Lozzi (leggi sul sito chi è il dr. Alessandro Lozzi).

Trascinati dalla crisi provocata e per non perdere tutto, nel 1993 Gino e Zionela dovettero svendere la loro quota sociale (98%) per appena 150.000 euro (contro un valore reale all’epoca di più di un milione di euro), e dovettero anche accettare la condizione di un pagamento in cambiali che il compratore, tale Franco Marcucci, esigeva. Lozzi, come Scialdone, non mirava affatto a curare gli interessi della Società, ma al contrario si adoperò a fare tutto per far riconfermare lo stato di liquidazione dalla Corte di Appello, alla quale si era rivolta Zionela con ricorso. Per questo, si mise d’accordo con i vari soggetti interessati, Tangocci e Scialdone, Marcucci ed un tale Sandro Boni di Vicchio del Mugello nonché il notaio fiorentino Ernesto Cudia. Quest’ultimo, ingannava Zionela dicendole che un’assemblea, fondamentale per la decisione della Corte, non sarebbe stata tenuta il giorno della convocazione
Zionela, rassicurata dalle dichiarazioni del pubblico ufficiale, non andò all’assemblea, che invece fu fatta e data per deserta (vai al sito per vedere i documenti). In questo modo la banda ottenne dalla Corte di Appello il provvedimento loro necessario per mantenersi il controllo totale della società, circoscrivendo Zionela di ostacoli e minacce ancora più incisive, fino a farle firmare addirittura la cessione del 98% come se le quote fossero già state pagate (idem per cessione delle quote).

In questo momento si compie il culmine della frode subita da Gino e Zionela da parte di Antonio e Miranda Tangocci, Sandro Boni, Franco Marcucci e dei pubblici ufficiali Ernesto Cudia, Roberto Scialdone, Alessandro Lozzi e Sebastiano Puliga.

Ma il pagamento, come dimostrano i documenti, non fu mai effettuato perché il Marcucci, firmatario delle cambiali, che sono ancora insolute ed in possesso dei coniugi Sannino, non era altro che un prestanome di Sandro Boni.Sandro Boni dice di avere agito in buona fede e che la frode la aveva fatta soltanto il Marcucci. Per questo rifiuta di pagare, anche se Marcucci (oggi defunto) per tutelarsi aveva  fatto sottoscrivere a Sandro Boni un contratto che lo impegnava a pagare in sua vece quanto dovuto a Gino e Zionela (leggi qui la clausola del contratto).

Da quasi 20 anni Gino e Zionela conducono una battaglia legale che prosegue tutt’ora. Il caso non è andato a giudizio nonostante che i coniugi Sannino abbiano le cambiali protestate in loro possesso e che prove inconfutabili, emergenti da indagini ufficiali confermino quanto loro hanno denunciato (scarica dal sito le relazioni di polizia). E’ così che dopo dodici anni Gino e Zionela non hanno ottenuto la soluzione del caso.Il caso fu condotto da giudici e funzionari corrotti, come il dr. Sebastiano Puliga che fu trasferito da Firenze a Milano per delitti come concussione, corruzione e associazione per delinquere (scarica dal sito il provvedimento del CSM e relazione della Squadra Mobile) Anche il Lozzi è inquisito per gli stessi delitti, ed è stato in prigione recentemente in ambito alla vicenda del fallimento dell’Hotel Sheraton di Firenze. Lo stesso Lozzi fu scarcerato ma il Tribunale del Riesame fiorentino ordinò nuovamente il suo arresto. (scarica dal sito il provvedimento del Tribunale del Riesame).

Durante tutto questo tempo, le domande legali di Gino e Zionela non sono state prese in considerazione, mentre quelle contro di loro hanno marciato senza problemi ne ritardi, fino al punto che i Boni hanno potuto avere l’ordine per poter sfrattare Gino Sannino e la sua famiglia dalla loro casa. Questo è potuto accadere in virtù di una sentenza della Corte d’Appello di Firenze che annulla un vecchio atto di uso della casa, la cui validità legale era decaduta, stante che fu sostituito con il contratto di vendita del 98% di quota. Gino e Zionela erano obbligati a consegnare la casa solo dopo avere riscosso quanto stabilito nel contratto, cosa mai accaduta. (scarica dal sito il contratto fra Zionela e Marcucci) e il contratto fra il Franco Marcucci e Sandro Boni).

Ma grazie ad avvocati infedeli, corrotti o fratelli massoni, quella fondamentale circostanza non fu trasmessa tempestivamente e correttamente ai magistrati giudicanti. A Gino e Zionela non fu possibile trovare un legale che facesse loro un ricorso alla Suprema Corte, soprattutto perché il fascicolo di causa era “sparito” dalla cancelleria (vedi dal sito l’attestazione del cancelliere).Oggi il problema vero, a questo punto, si è rivelato la negazione della magistratura incaricata a promuovere il processo, trovandosi Gino e Zionela davanti un ostacolo per loro insormontabile che solo la magistratura stessa può risolvere ma che, evidentemente, non vuole farlo. A questo punto la domanda sorge spontanea:

Per quale motivo la magistratura italiana non vuole fare questo processo?
A chi si vuole coprire e per chè?
Chi è l’interessato che guida i fili in questa vicenda?

Col passare degli anni i Boni hanno avuto tutto il tempo per disperdere i beni defraudati alla famiglia Sannino, usando una serie di società di capitale, italiane e straniere, controllate e rappresentate da membri della famiglia Boni di Vicchio del Mugello e di Borgo San Lorenzo.
(vedi dal sito lo schema delle società coinvolte e relazione P.G. sulle società).

Andiamo avanti con la storia.

Il 6 ottobre 2004, l’amministratore della società Residenze Toscane Srl, Maurizio Boni (nipote di Sandro Boni), accompagnato dall’ufficiale giudiziario Sergio Plini, dal suo avvocato Francesco Grignolio e da carabinieri dei comandi di Vicchio e di Borgo San Lorenzo, si presentarono per sfrattare la famiglia Sannino. Gino, totalmente disperato, si cosparse di benzina e fu sul punto di darsi fuoco. Furono momenti molto tesi e angosciosi perché Gino veramente era disposto a morire prima di accettare l’ingiusto sfratto. Passati alcuni momenti, l’ufficiale giudiziario decise di sospendere lo sfratto trasmettendo in seguito tutto al giudice perché desse istruzioni di come procedere.
Due mesi dopo dal primo tentativo di sfratto, il 3 dicembre del 2004, senza sapere che i loro movimenti erano controllati, Gino e Zionela sono andati a Firenze.  Approfittando della loro assenza e, dopo avere montato due posti di controllo lungo la strada che porta a casa Sannino, il maresciallo capo dei Carabinieri di Vicchio, seguito dall’ufficiale giudiziario, Maurizio Boni, Sauro Boni, Sandro Boni e Filippo Boni, diverse persone sconosciute e numerosi carabinieri, in borghese ed altri con il mitra, diverse pattuglie e altri veicoli, invasero della casa della famiglia Sannino Belgrave.

Il figlio, che tranquillamente dormiva in altra ala dell’immobile, fu preso brutalmente e cacciato a forza di casa. I carabinieri non lo lasciarono chiamare subito l’avvocato e fu ammanettato quando insisteva per entrare nella casa per prendere documenti dei suoi genitori. Alla fidanzata, che era presente, non lasciarono telefonare ai genitori per chiedere aiuto e le fu assegnato un carabiniere che vigilava che non si allontanasse.

I Boni e tutta quella gente sconosciuta ebbero abbastanza tempo per mettere mano a documenti importanti di cause pendenti contro gli stessi Boni e negli effetti personali de la famiglia. Svuotarono la casa. Smantellarono la cucina e il riscaldamento, rovistarono e stiparono tutto in sacchi della spazzatura o in scatole in modo che molte cose si ritrovarono rotte o inservibili. Furgoni e macchine andavano e venivano portando tutti gli oggetti personali della famiglia Sannino ad in luogo sconosciuto. Fu soltanto dopo insistere e dopo avere completato lo svuotamento della casa, che ebbero la “considerazione” di informare Gino e Zionela che tale luogo era un magazzino dei Boni a Vicchio e che i custodi dei loro documenti ed effetti personali erano gli stessi Boni. Portarono via persino il furgone di lavoro di Gino con una gru rifiutandosi di informare per quale motivo ne dove. Misero sbarre. Murarono porte e finestre.

Il figlio tentò di comunicare con Gino e Zionela, ma per cominciare i carabinieri non gli permisero di usare il telefono. Quando poté farlo telefonò ripetutamente al legale incaricato de la causa, Avv. Stefano Magherini di Borgo San Lorenzo, ma questo riattaccava o semplicemente non rispondeva. Chiamò diverse volte il luogo dove Gino e Zio erano andati e fu risposto o semplicemente lo facevano aspettare senza trasferire la telefonata a qualcuno che potesse rispondere. Finalmente, permisero al figlio di parlare con un ufficiale il quale in seguito fece in modo che Gino e Zionela fossero informati di ciò che stava accadendo.

Gino e Zionela cercarono subito di arrivare alla casa, ma non ci arrivarono perchè una pattuglia di carabinieri li bloccò, impedendogli di allontanarsi in modo di non fargli  vedere il crimine che si stava commettendo nella loro abitazione. Sul posto arrivarono una vicina della famiglia sfrattata e il Sindaco di Vicchio che furono testimoni di quanto accaduto e delle modalità usate. L’ufficiale giudiziario responsabile dell’operazione effettuata non informò di niente i coniugi Sannino. L’ufficiale giudiziario permise soltanto che Zionela leggesse una parte dell’ordinanza del giudice della che imponeva che l’operazione dovesse essere effettuata senza dare avviso a nessuno dei due coniugi. 

Gino e Zionela non hanno avuto un nessun documento ufficiale, vuoi  l’elenco dei loro effetti personali e neanche la copia dell’ordine di sfratto.Questa è stata un’operazione più idonea per un criminale pericoloso, un fuggitivo o un terrorista che per due cittadini comuni. I due coniugi mai si sarebbero immaginati che il potere dei Boni potesse arrivare a coinvolgere a tal punto pubblici ufficiali di vari livelli, cominciando per dal giudice che dette il via libero per procedere in tal modo, l’ufficiale giudiziario, il maresciallo capo e i semplici carabinieri. Tutte queste autorità acconsentirono ad ogni modo che lo sfratto avvenisse con tanto vandalismo. Il potere dei Boni è ovviamente più grande di quello dei diritti costituzionali fondamentali delle persone.Tutto questo accade ad una famiglia che ha solo cercato di far valere i propri diritti per poter conservare gli unici beni che possiede.Ancora impotenti e confusi Gino Sannino e la sua famiglia si domandano com’è possibile che in un paese civilizzato del ovest europeo si permetta che ci sia tanta ingiustizia per tanti anni e come sia possibile che i suoi diritti legali e fondamentali siano violati così palesemente e con tanta furia? Perchè tanta intimidazione e persecuzione durante tanto tempo?. Solo perchè non lasciarono al gruppo Boni e complici rubare la loro proprietà in pace? 

E NOI CI DOMANDIAMO COM’E’ POSSIBILE CHE, ANCHE CON PROVE DI FRODE, SI PERMETTA AD UNA PERSONA IMPADRONIRISI DI UNA PROPRIETA SENZA PAGARLA?

“Inademplendi  non  est  ademplendum” 

In altre parole: Quello che non hai pagato non è tuo. 

Il primo fra Gino Sannino, Pietro Bartoli e l’Ing. Giovanni Tognozzi, e il  secondo promosso da Antonio Tangocci socio di minoranza della I Due Torrenti Srl. Il magistrato istruttore delle due cause nel periodo della truffa era l’ex giudice Sebastiano Puliga. I collegi nelle due cause insieme a Puliga lo formavano i giudici Valentino Pezzuti e Armando Sechi.

ECCO L’ELENCO DEI 100 PROCEDIMENTI

(IN BLU I PROCEDIMENTI DOVE I CONIUGI SANNINO SONO PARTE OFFESA O DANNEGGIATA)

1)  1989/2421 – Tribunale di Firenze (dott. Puliga) denunzia ex-art.2409 c.c. di Antonio Tangocci contro l’amministratore unico della I Due Torrenti Srl Gino Sannino. ACCOLTA.

2)  1992/2105 – Tribunale di Firenze (dott. Puliga), ricorso presentato da Belgrave per la revoca dell’amministratore giudiziario Scialdone nominato nel procedimento 2421/89. RESPINTO.

3)  1992/R.G.N.R. 3680 –  Procura di Firenze (dott. Maresca).  Esposto di Belgrave nei confronti di Scialdone ed il socio Tangocci. Esito: ARCHIVIATO.

4)  1992/R.G. 4256 –  Procura e Tribunale di Firenze (dott. Maresca).  Querela di Scialdone nei confronti di Belgrave che fu rinviata a giudizio per calunnia. Il processo iniziò dopo sei anni ma non si concluse perché gli atti furono rispediti al pm (dott. Canessa). Nessuna indagine, nessun interrogatorio. Il pm non trasmise gli atti al tribunale per continuare il processo ma chiese l’archiviazione. ARCHIVIATO.

5)  1993/12-V.G. 2556 cron. – C. Appello Firenze (relatore dott. di Nubila), ricorso Belgrave avverso l’ordinanza di liquidazione della I Due Torrenti Srl emessa da Sebastiano Puliga. RESPINTO.

6)  1993/09-12 Settembre 1993 – Procura e Tribunale di Firenze (dr. Cosentino – dr. Bonfiglio – gip dott. gatta) denuncia Belgrave per furto dei documenti originali sulle trattative di vendita delle quote della soc. I Due Torrenti Srl a Marcucci Franco. Nessuna indagine. Esito: ARCHIVIATO.

7)  1993/RG 3732/93 riunito al 102/94 (m.21) – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Marziani- dott. Crivelli). Querela di Marcucci nei confronti di Belgrave e suo avvocato. ARCHIVIATA.

8)  1993/RG.T. 604 – Tribunale di Firenze (dott. Abiosi), ricorso proposto da Marcucci Franco per sequestro dei titoli rilasciati a Belgrave in pagamento delle quote. RESPINTO.

9)  1993/Sequestro N. 197 –  Tribunale di Firenze (dott. D’amora). Ricorso per sequestro di quote promosso da Belgrave. ACCOLTO. Risultato negativo perché le quote erano state subito  acquistate dalla soc. Edil Pitti Srl dei Boni.

10)  1993/Sequestro N. 215 –  Tribunale di Firenze (dott. D’amora). Ricorso per sequestro di credito promosso da Belgrave. ACCOLTO E POI REVOCATO.

11)  1993/RG.T. 9301 – Tribunale di Firenze (ultimo g.i. dott. Pompei): Citazione Belgrave per risoluzione dei contratti. IN PRIMO GRADO DA 16 ANNI.

12) 1994/10021- E – Borgo San Lorenzo (dott. Magnelli) pignoramento di somme promosso da Belgrave. SOSPESO.

13)  1994/1677/94 –  Tribunale di Firenze (dott. Riviello): Opposizone a decreto ingiuntivo. Il fascicolo di Belgrave intervenuta nella causa e che aveva pignorato le somme, era sparito ed il giudice dott. Emanuele Riviello non ritenne di doverlo trovare decidendo in favore di Mariotti. Il procedimento continuò e venne riunito alla 9301/93. IN PRIMO GRADO DA 15 ANNI.

14)  1994/468 RG- Procura di Firenze (dott. Maresca, dott. Pappalardo)– Proc. Generale Corte Appello Firenze. Denunzia Sannino e Belgrave al Presidente della Repubblica. Esito: NESSUNA NOTIZIA.

15) 1994/908/94 m.22 Procura e Tribunale di Siena (dott.Pasca). Denuncia Marcucci. Indagato Sannino. Rinvio a giudizio. Reato percosse. Esito: ASSOLTO.

16)  1994/N.R.C. 15092 – Tribunale di Firenze Sez. Borgo S. Lorenzo: Ricorso Toscana Invest Srl contro i coniugi Sannino per rientro nel possesso dei terreni e della casa. RESPINTO.

17)  1994/R.G. 10.380 + altri Procura Circ. di Firenze (PM dott. Massimo Bonfiglio). Denuncia querela dei coniugi Sannino. Indagati: Boni Sandro, Marcucci Franco. ARCHIVIATO

18)  1994/R.G.N. 3.858 – Tribunale di Firenze (dott. Mariotti), citazione deI Boni per annullamento atto di comodato per uso della casa da parte della famiglia Sannino. RESPINTO.

19) 1994/RG 10603 – Tribunale di Firenze (dott. Prodomo): Citazione Belgrave. Simulazione cessione credito, accertamento di credito. Convenuti: Edil Pitti Srl, Marcucci, Mariotti. Riunita alla 9301/93. IN PRIMO GRADO DA 15 ANNI.

20)  1994/RG.T 5863 – Tribunale di Firenze (dott. Patrizia Pompei): citazione della Toscana Invest Srl per asseriti danni creati alla società. Domanda riconvenzionale di Sannino. RESPINTE TUTTE LE DOMANDE.

21)  1994/RG.T 5864 – Tribunale di Firenze (dott. Colomo): Citazione di Sandro Boni (Toscana Invest Srl) per asseriti danni creati alla società. domanda riconvenzionale Belgrave. UNA ACCOLTA E ALTRA RESPINTA.

22)   1995/1677 –  C. Appello di Firenze (dott. di Nubila), ricorso Sannino avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n.2254/95 (dott. Puliga). TRANSAZIONE.

23)   1995/27.05.1995 – Tribunale di Prato (dott. Manna) Citazione Sannino per dichiarazione di nullità ex-art.1261 c.c. dell’atto di cessione dei diritti della causa 8753/81. TRANSAZIONE.

24)   1995/6336/94-63 – Tribunale di Firenze Sez. Borgo San Lorenzo (dott. Di Pietro). Querela Boni Sandro. Indagati Sannino e Belgrave. Reato ingiuria. Esito: ASSOLTI.

25) 1996/2386/96R – Tribunale di Firenze (dott. Pietro Suchan) – 2095/95 N.R – 255/96 R.G.GIP- Procura, Tribunale e Corte di Appello di Bologna (dott. Grassi – dott. Persico) denuncia Sannino e Belgrave nei confronti di Puliga, Pezzuti, Rinaldi, Catanese, Scialdone, Lozzi, Cudia, Marcucci, Boni. ARCHIVIATE le posizioni dei magistrati. Chiesto il rinvio a giudizio dei cancellieri Catanese e Rinaldi. Stralciata la posizione degli altri e trasmesso a Firenze dove fu SUBITO ARCHIVIATA dietro richiesta del PM dott. Bonfiglio. Il procedimento contro cancellieri fu assegnato ad altro Gip dott. Sibilia (4130/97 – 2329/97) – ASSOLTI TUTTI.

26) Domanda per sequestro della proprietà chiesto dai coniugi Sannino al procuratore di Bologna dott. Persico. RIGETTATA.

27)  1996/R.G. 259/C – Tribunale di Firenze sez. Borgo S. Lorenzo/Pontassieve: Residenze Toscane Srl (Maurizio Boni) per togliere l’uso di una strada. Convenuti Sannino e Belgrave, Esito: RESPINTO.

28) 1996/R.G. 3285 m.21 – Procura di Firenze (dott. Canessa): querela Belgrave nei confronti di Franco Marcucci. Reato calunnia. Interrogatori pm a indagati: nessuno. Esito: Richiesta di archiviazione dopo sette anni. Dopo sette anni venne ARCHIVIATA.

29) 1997 R.G.N.R. 16077; 732/98 gip – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Bonfiglio): stralcio dal proc. 2095/95 N.R trasmesso dalla Procura di Bologna, indagati Boni, Marcucci, Scialdone ed altri. Nessuna indagine, nessun interrogatorio. ARCHIVIATA.

30)  1997/3289 m.21 Procura e Tribunale di Bologna (dott. Persico), riscritto al n. 4130/97 m.21 (dott. Persico), e poi riscritto al n. 5625/97 m.21 (dott. Persico), riunito al n. 2095/95, una parte trasmessa a Firenze il 20.12.97. Denuncia dei coniugi Sannino. Esito: ARCHIVIATA LA POSIZIONE DEI MAGISTRATI, CHIESTO GIUDIZIO PER CANCELLIERI, il Gip fu cambiato. Il nuovo Gip dott. Sibilia ha ASSOLTO I CANCELLIERI.

31) 2000/913 Ricorso di appello del Procuratore Generale alla sentenza del Gip Sibilia che assolveva i cancellieri Rinaldi e Catanese. Esito: NON LUOGO A PROCEDERE per prescrizione dei reati.

32)  1997/620 C. – Appello Firenze (dott. Bruno), domanda di appello del Boni per  la sentenza di assoluzione di Sannino (proc.6336/94-63).  ACCOLTA.

33) 1997/N. 200/97 C – Tribunale di Firenze sez. Pontassieve: attore Residenze Toscane Srl convenuti Sannino e Belgrave per asseriti impedimenti a completare una domanda di condono. ACCOLTO.

34) 1997/R.G. 3055, Procura e Tribunale di Firenze RNR PM – 101164/97 –GIP (dott. Pappalardo – dott. Crivelli) Proc. Firenze: Denuncia coniugi Sannino Belgrave. Indagati Scialdone, Lozzi, Boni, Marcucci, Vitartali Augusto, Vitartali Aldo, Ardino, d’Isanto, Tangocci. Reati individuati: Truffa in concorso aggravata, appropriazione indebita continuata, false comunicazioni sociali, impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita. Indagini: nessuna. Interrogatorio pm a indagati: nessuno. Esito: ARCHIVIATA.

35)  1997/R.G. D.P.447 – Tribunale di Firenze (Sechi, Puliga e Riccucci) ricorso del giudice Valentino Pezzuti per togliere il suo nome dalla sentenza che definì parzialmente la causa 8753/81 vinta dal cancelliere Rinaldi. ACCOLTA.

36) 1997/RG.T 4630 –  Tribunale di Firenze (giudice Elisabetta Materi): Citazione Belgrave per risoluzione degli atti di trasferimento dei beni e delle quote I Due Torrenti Srl. RESPINTA.

37) 1998/1425 (dott. Nencini) Querela di Boni Filippo nei confronti di Sannino per ingiuria. Nessuna indagine. RINVIO A GIUDIZIO E CONDANNA.

38) 1998/21447 C. – Cassazione. Ricorso Sannino avverso la sentenza sopra indicata. Esito: RESPINTO.

39) 1998/2167/98R – 101848/98 gip – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Bocciolini – dott. De Luca). Proc. Firenze. Denuncia dei coniugi Sannino. Indagati Boni Sandro, Sauro e Maurizio, Scialdone,  Tangocci, Tangocci Miranda, Marcucci, Lozzi, Cudia. Reati: truffa in concorso, associazione per delinquere, estorsione, usura. Indagini: furono fatti i primi atti e poi interrotti. Chiesta archiviazione in meno di un mese. ARCHIVIATA.

40) Istanza dei coniugi Sannino al Procuratore dott. Bocciolini per il sequestro della proprietà. NESSUNA RISPOSTA.

41)  1998/N.37350/98 C – Cassazione, Sez. V. Ricorso Sannino per l’archiviazione del procedimento 3055/97. RESPINTO.

42) 1998/R.G. 2533/98R – Procura di Firenze (dott. Canessa). Querela Belgrave nei confronti di Sandro Boni. Reato calunnia. Indagine nessuna. Esito: ARCHIVIATA.

43) 1998/R.G. 6596 –  Tribunale di Firenze (dott. Elisabetta Materi): Citazione Belgrave per risoluzione contratti. Convenuta Edil Pitti Srl, ripetizione di citazione perché il legale non aveva convenuto la Edil Pitti nella causa sopra e il giudice non aveva accettato nè la chiamata in causa della Edil Pitti nè la domanda di riunione dei due procedimenti. Esito: RIGETTO.

44) 1998/RG 4705 – 3820/98gip  Procura e Tribunale di Bologna (dott. Persico, dott. Grassi). Denuncia Sannino per la correzione di sentenza. Indagini: nessuna. Interrogatorio pm a indagati: nessuno. Esito: ARCHIVIATA.

45) 1999/5490 r.g. m.22 Procura e Tribunale di Firenze (PM dott. Tei). Querela Boni Filippo e Lago Viola Sas di Boni Diletta e C. del 18.03.1999. Indagini: nessuna. Rinviato a giudizio Sannino. IL PROCESSO NON FU TENUTO per difetto di querela rilevato dal legale dei Boni.

46) 1999/5490 r.g. m.22 (PM dott. Piras)Proc. Firenze. Querela esporta da Boni Filippo e Lago Viola Sas di Boni Diletta e C. del 18.03.1999 nei confronti dei coniugi Sannino. Indagini: nessuna. NESSUNA NOTIZIA.

47) 1999/653  Procura Siena – 21601/00 – 104069/00 gip Procura di Firenze (PM dott. Francesco Fleury, GIP dott. Grazia Aloisio) denuncia Belgrave nei confronti di Marcucci, Boni ed altri. Reati individuati: calunnia; furto aggravato; Trasmesso a Firenze da Siena. Indagini: nessuna; ARCHIVIATO.

48) 1999/R.G. 20418 – Tribunale di Firenze sez. Pontassieve (dott. Alessandro Nencini): citazione Boni Sandro contro Sannino per danni relativi a condanna per ingiurie. ACCOLTA.

49) 1999/R.G. 2195/99 Mod.21 Procura e Tribunale di Firenze (dott. Fleury, dott. Cannizzaro): Denuncia coniugi Sannino. Indagini: La polizia giudiziaria (Guardia di Finanza) rileva associazione per delinquere ed altro, chiede misure cautelari, sequestri ed altro; Esito: ARCHIVIATO.

50) Richiesta di sequestro (gip Cannizzaro) presentata dai coniugi Sannino al Procuratore nel procedimento 2195/99. NON ACCOLTA.

51) 1999/R.G. 352 Mod.21 – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Suchan): denuncia dei coniugi Sannino nel 1999 corredata di fotografie documentali dei soggetti denunciati (parenti Boni) colti in flagranza. Dalle indagini dei Carabinieri sono emersi ipotesi di reato di associazione per delinquere ed altro. Indagati Scialdone, Lozzi, Cudia, Boni ecc. Il procedimento è stato smembrato in diversi fascicoli. Sono stati rinviati a giudizio i gestori del Lago e poi ASSOLTI dal Tribunale di Firenze sez. Pontassieve. La Procura di Bologna (dott. Cieri) chiese l’archiviazione per parte del procedimento. ARCHIVIATO.

52) 2000/14510 Procura di Bologna (dott. Materia). Denuncia di Sannino. Procedimento che era stato trasmesso alla Procura di Perugia per competenza e restituito alla Procura di Bologna iscritto al n.3910/04 (dott. Cieri). Indagati i magistrati: Puliga Sebastiano, Bonfiglio Massimo; Pappalardo Francesco, Pezzuti Valentino, il notaio Cudia Ernesto. Reati: abuso d’ufficio. ARCHIVIATO.

53) 2000/16916 Procura di Bologna (dott. Persico). Parte offesa Sannino. NESSUNA NOTIZIA.

54) 2000/3129/00 m.45. – Parte offesa Sannino. Procura di Genova. Trasmessa alla Procura di Bologna in data 19.04.2001 per competenza. NESSUNA NOTIZIA.

55) 2000/4830 – Tribunale di Firenze (dott. Miraglia). Citazione Belgrave per la revocatoria e risoluzione di contratti. Convenuti: Toscana Invest, Residenze Toscane, Edil Pitti, Boni Sandro, Marcucci Franco, Lago Viola sas di Boni Diletta e C. Esito: RESPINTA.

56) 2000/6894 – 111630/00 Procura e Tribunale di Firenze (dott. Suchan)  – Denuncia Sannino nei confronti di Rinaldi per reati fiscali. ARCHIVIATO.

57) 2000/N.R. 4642 Procura e Tribunale di Firenze (dott. Bonfiglio): Stralcio dal proc. 2195/99 Mod.21. Indagati: Scialdone, Tangocci Antonio e Miranda, Bonechi. Reati: abuso d’ufficio, calunnia, interesse privato, falsa perizia. ARCHIVIATA.

58) 2000/RG 913 –  Corte di Appello Bologna, appello proposto dal PM e dal PG contro la sentenza n.737/99 che assolveva i cancellieri Rinaldi e Catanese. Esito: I reati più gravi non vennero riconosciuti e il solo rimasto, abuso d’ufficio, era prescritto. NON LUOGO A PROCEDERE.

59) 2001 503 e 504 riuniti, Corte di Appello di Firenze, ricorso di Maurizio Boni (amministratore Residenze Toscane Srl) avverso la sentenza del comodato. ACCOLTO.

60) 2001/1050/01 m.45 Procura e Tribunale di Firenze (dott, Fleury – Gip Cannizzaro), procedimento aperto dalla Procura in relazione all’indagine spletata dalla Guardia di Finanza per esposto dei coniugi Sannino. Interrogatori pm: nessuno. ARCHIVIATA.

61) 2001/16827 m.21 Procura di Firenze (dott. Prodomo). Denuncia Boni Maurizio ex art.20 L.47/85. Indagato: Belgrave. NESSUNA NOTIZIA.

62) 2001/20633/01 m.44 – Procura di Genova – 15698/02 – Procura di Bologna (dott. Cieri). Esposto Sannino del 15.11.2001 indagati Puliga, Pezzuti, Catanese, Rinaldi, Scialdone, Lozzi, Boni, Cudia. Trasmessa per competenza alla Procura di Bologna in data 05.01.02. ARCHIVIATO.

63) 2001/6102 – Trib. Firenze (dott. Breggia): Decreto ingiuntivo promosso da Belgrave e causa di opposizione della la Edil Pitti. ACCOLTA LA DOMANDA DELLA EDIL PITTI.

64) 2001/104069 Procura e Tribunale di Firenze (dott. Soresina). Indagato Marcucci. Reato calunnia a danni di Sannino. Rinvio a giudizio. Esito:Il PROCESSO NON TENUTO perché Marcucci morì nel 2001.

65) 2001/8699. Procura di Bologna (pm. Persico). Sannino parte offesa. PENDENTE al 14.10.2002.

66) 2002/1194/02 – Corte Appello Firenze (dott. Bruno Rados): ricorso Sannino avverso sentenza giudice Patrizia Pompei per crediti. RESPINTO.

67) 2002/1254 Corte di Appello Firenze: Ricorso Sannino e Belgrave avverso la sentenza del giudice Elisabetta Materi nella 4630/97. IN CORSO.

68) 2002/2561 m.45. Procura di Bologna (dott. Persico). Sannino parte offesa. ARCHIVIATO.

69) 2002/3272 m.44 – Procura di Genova. Stralcio dal proc. 20633/01 m.44. Trasmessa per competenza alla Procura di Bologna in data 02.12.03. NESSUNA NOTIZIA.

70) 2002/3575 m.45 – Procura di Firenze (dott. Fleury). Stralcio dal proc. 20633/01 m.44. Trasmesso alla Procura di Bologna (dott. Cieri) per competenza. Indagati Scialdone , Lozzi , Boni , Cudia . Reati: falsità continuata, ideologica e materiale, in atti pubblici. ARCHIVIATO.

71) 2002/636 Procura di Bologna (dott. Materia). Trasmesso alla Procura di Ancona in data 15.01.02. Indagati: Pulig , Pezzuti, Persic , Lozzi, Scialdone . La Procura di Ancona ha comunicato al legale che ha ritrasmesso a Bologna. In seguito a richiesta di archiviazione del PM Cieri venne ARCHIVIATO.

72) 2002/8013 – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Fleury, dott. Nannucci – dott. Cannizzaro). Stralcio dal proc. 20633/01 m.44. Procedimento a carico del dott. Persico. Esito: NON LUOGO A PROCEDERE.

73) 2003/7400, 111321/03 m 21 – Procura e Tribunale di Firenze (dott. Fleury – dott. De Luca). Stralcio dal proc. 20633/01 m.44. Indagati: Lozzi Alessandro, Scialdone Roberto. Reati: abuso d’ufficio. ARCHIVIATO.

74) 2003/R.G./A/343 C. Appello Firenze: ricorso Belgrave contro sentenza sopra causa 5864/94. RESPINTO.

75) 2003/R.G. 1681/03 –  Procura di Bologna- Stralcio dal proc. 2352/99 Mod.21proveniente da Firenze. Indagati: sconosciuti. Reati: sconosciuti. Stato: NESSUNA NOTIZIA.

76) 2003/R.G. 20319 – Tribunale di Firenze Sez. Pontassieve citazione Sandro Boni nei confronti di Sannino e il quotidiano “Il Galletto”. RESPINTO.

77) 2003/R.G.AA.CC.73 cron. 1077 – Corte di Appello Genova, fra Sannino e Ministero di Giustizia, per la lunga durata del procedimento 8753/81. LIQUIDATI 2.900 EURO PER 22 ANNI DI CAUSA.

78) 2004 –  Procura di Firenze procedimento penale a carico dell’ufficiale giudiziario Plini Sergio per le modalità adoperate per lo sfratto della famiglia Sannino il giorno 03.12.2004. NESSUNA NOTIZIA.

79) 2004/20483- Tribunale di Firenze Sez. Pontassieve (dr. Nencini). Opposizione dei coniugi Sannino allo sfratto. RESPINTO.

80) 2004 – Procura di Firenze – Procedimento penale nei confronti di Sannino per essersi opposto allo sfratto il giorno 06.10.2004. NON SI HANNO NOTIZIE.

81) 2004/728 T.A.R. (dottori Vacirca, Migliozzi e Massari) ricorso della Residenze Toscane Srl (Maurizio Boni) contro il provvedimento di sospensione degli atti esecutivi emanato dalla Prefettura di Firenze. In parte dichiarato CESSATO e in parte dichiarato INNAMISSIBILE.

82) 2005/814 m45. Procura di Genova (PM dott. Lari) Esposto coniugi Sannino. BLOCCATO ALL’UFFICIO DEL PM DA 4 ANNI.

83) 2004Tribunale di Firenze Sez. Pontassieve (dr. Nencini, dott. Anselmo) Ricorso coniugi Sannino contro le modalità adoperate per eseguire lo sfratto il giorno 3.12.2004. RESPINTO.

84) 2004/1252 – 8082/04 Proc. Bologna (PM dott. Cieri). Esposto dei coniugi Sannino. Proveniente dalla Procura di Firenze. Indagati Boni Sandro, Boni Sauro, Boni Maurizio, Boni Filippo e Boni Diletta. Reato: ricettazione. Richiesta archiviazione dal PM Bolognese benché non risultassero indagati magistrati. ARCHIVIATO.

85) 2004/R.G. 4556 – 8487/04 (8787/04?) Procura e Tribunale di Firenze (dott. Suchan – dott. Crivelli): stralcio dal proc. 2352/99 Mod.21. Indagato Boni Filippo. ARCHIVIATO.

86) 2005/2022 m.21/b – Procura di Firenze (dr. Merlo) – procedimento penale indagato Sannino, parti offese  Boni Filippo e Boni Maurizio. ARCHIVIATO.

87) 2005/R.G. 64221 – Tribunale di Roma citazione per danni di Sannino nei confronti di Rinaldi. PENDENTE.

88) 2005/653 m.21/b (dott. Emma Cosentino)-denuncia di Maurizio Boni amministratore della Residenze Toscane s.r.l. e Filippo Boni nei confronti della famiglia Sannino per occupazione d’immobile. Chiesto al PM dott. Cosentino l’allontanamento coatto della famiglia dalla casa, RICHIESTA RESPINTA. ARCHIVIATO.

89) 2006/7879 m21 – (dott. Turco) nuova denuncia di Maurizio Boni amministratore della Residenze Toscane s.r.l. per occupazione di immobile. Chiesto da parte del PM il sequestro della proprietà domanda rigettata dal gip Crivelli. Rinviato a giudizio Sannino. Il giudice Magnelli condanna Sannino. IN APPELLO.

90) 2006/RG 1732 – Procura e Tribunale di Firenze (PM dott. Tei) denuncia dei coniugi Sannino nei confronti dei Boni per ricettazione ed altro. ARCHIVIATA.

91) 2006/10312 RG – Tribunale di Firenze (dott. Susanna Raimondo) citazione della Residenze Toscane Srl (Boni Maurizio) per reintegra nel possesso d’immobile. ACCOLTO ANCHE SE ERANO SCADUTI I TERMINI PER LA PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA.

92) 2006/4547 m 21- Procura e Tribunale di Firenze (PM dott. Bocciolini – dott. Frizillo) querela dell’ufficiale giudiziario Sergio Plini contro Sannino per il sito web casosannino.com. Rinvio a giudizio Sannino. RITIRATA LA QUERELA.

93) 2007 – (dott. Antonello Cosentino) reclamo dei coniugi Sannino contro decisione dott. Raimondo nel proc.10312 per reintegra nel possesso. RESPINTO.

94) 2007 – denuncia coniugi Sannino al Ministero, alla Procura antimafia e al CSM  per diniego di giustizia. NESSUNA NOTIZIA.

95) 2007 – (dott. Patrizia Pompei, dott. Cosentino e dott. Fantoni) ricorso per sequestro della proprietà presentato da Belgrave nella causa 9301/93. NON ACCOLTO.

96) 2007/6786 – Tribunale di Firenze (dott. Grazia Aloisio) ricorso per sequestro della proprietà presentato da Belgrave. NON ACCOLTO.

97) 2008/R.G. 1339 – Corte di Appello di Firenze, ricorso Belgrave avverso la sentenza del g.i. Patrizia Pompei sulla querela di falso proposta in causa 9301/93. PENDENTE.

98) 2007 – querela di Maurizio Boni amministratore della Residenze Toscane srl nei confronti dei coniugi Sannino per diffamazione – PENDENTE.

99) 2009 – Tribunale di Firenze (dott. Monteverde – dott. Governatori) ricorso per sequestro della proprietà e contestuale chiamata di terzo nella causa 9301/03 presentato da Belgrave. NON ACCOLTO.

100) 2009 – Querela di falso presentata da Sannino nella causa 1254/A/2002 (dott. Bellagamba, dott. Romoli, dott. Trovato) – NON AUTORIZZATA.

Da: www.casosannino.com

Siena: Persecuzione scolastico-politico-religiosa

Caso Fontani. Un maestro scomodo ai politici locali per le sue attività di denuncia contro il quale si è scatenata una vera e propria persecuzione e isolamento subito dopo tre significative circostanze ed eventi:

a) dopo aver promosso un’inchiesta-intervista a Rai-3 Ambiente Italia (trasmessa il 5 maggio 2007) in cui denunciava, con nomi e cognomi, i «mini» conflitti di interesse di 3 autorevoli compagni di partito del Sindaco e della Dirigente Scolastica, consiglieri comunali e leader di partito locali, nelle tante lottizzazioni di Comuni limitrofi della Val d’Arbia e tutti strettamente connessi con l’attività scolastica del Maestro Fontani (Monteroni e Murlo dove insegna ora, Buonconvento e Montalcino dove insegnava prima);

b) dopo aver denunciato sulla stampa ad ottobre 2007 lo scandalo di una serie di smaccati favoritismi che denominò «Lo Scuolabus degli amici del Sindaco di Murlo» (comune limitrofo che fa parte del suo stesso ISC), che penalizzava seriamente un bambino di 6 anni iscritto alla prima classe;

c) dopo aver fondato nel 2007 un Comitato nazionale contro il mobbing e bossing scolastico, vera piaga endemica e sociale della scuola pubblica italiana, iniziativa che ebbe una larga eco sulla stampa nazionale in coincidenza del primo incontro fondativo che si tiene a Siena il 15 giugno 2007.

Per concludere, ai primi di luglio del 2008, al Maestro Fontani, già oggetto di un pesante procedimento disciplinare che potrebbe portare al suo licenziamento o comunque alla sospensione dal servizio e dallo stipendio e di un procedimento cautelare per il secondo trasferimento d’ufficio in 3 anni, la massima autorità operativa scolastica statale, il Direttore Generale Ufficio Scolastico Regionale della Toscana, Cesare Angotti, notificava la richiesta di 250.000 euro di risarcimento danni morali ed esistenziali.

Di seguito riportiamo la recente interrogazione parlamentare che riassume l’odissea scolastico-giudiziaria del maestro di Siena. 

Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-03687
Atto n. 4-03687
Pubblicato il 21 settembre 2010
Seduta n. 425

PERDUCA , PORETTI – Al Ministro della giustizia. -Premesso che, a quanto risulta agli interroganti:

Una feroce ed intensa persecuzione scolastica e politica, originata da una chiara e gravissima discriminazione religiosa assecondata dalla scuola pubblica, è in corso a carico del maestro di scuola primaria della Provincia di Siena Adriano Fontani a far data dal settembre 2004;

tale sua odissea è testimoniata dalle sue denunce sulle tante e gravi ingiustizie patite e sui mille abusi del mondo della scuola “post-autonomia”, documentati anche a seguito della vasta casistica raccolta dal Comitato nazionale contro il mobbing e bossing scolastico da lui promosso che ha adesioni già in 15 diverse regioni italiane, ingiustizie e abusi finiti decine e decine di volte, fin dagli inizi, sulla migliore stampa italiana nazionale, quotidiana (“Corriere della sera”, “la Repubblica”, “Quotidiano Nazionale”, “l’unità”) e periodica (“Panorama”), sulle migliori testate televisive (TG1, TG5, RaiNews 24) e radio (Radio Radicale, RadioRai1-Radio anch’io), e hanno pure avuto vasta eco in Parlamento (due interrogazioni alla Camera presentate in data 10 marzo 2005 e 29 luglio 2008, un’audizione nella Commissione Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni della Camera in data 16 luglio 2007, un interesse dei senatori della 7a Commissione Istruzione ad acquisire elementi conoscitivi sulla vicenda);

dalla fine del 2004, per motivi scolastico-religiosi (ma poi soprattutto politici) ben documentabili, il maestro Fontani viene sommerso dalla scuola da monumentali quanto squadristiche e volutamente false ispezioni preconfezionate (le ultime due, una di 800 pagine, 2005, e una di 400 pagine, nel 2008, con relativi allegati: tutte con gravi conseguenze per lui sotto forma di punizioni disciplinari, sospensioni dal servizio, trasferimenti d’ufficio, visite d’idoneità, minacce di licenziamento) da una lunga serie di ripetuti, pretestuosi e persecutori procedimenti disciplinari privi di ogni fondamento (tre in un solo mese tra ottobre e novembre 2007, a difesa dai quali pure il difensore civico della Regione Toscana Giorgio Morales scrisse quattro mesi dopo una documentata quanto inutile lettera a favore del Fontani a tutta la filiera gerarchica scolastica locale, provinciale, regionale e nazionale), oltre che da centinaia di rendiconti scritti – tutti falsi, tendenziosi e calunniosi – che, redatti e protocollati dalla scuola, controllano ogni sua minima mossa in ogni minimo dettaglio, movimento, posizione del corpo, tono di voce, espressione testuale, interlocuzione, partecipazione a manifestazioni, riunioni, assemblee o altre iniziative perfino esterne alla scuola, fuori e dentro la scuola, nella vita reale e sul web, a partire dal 1990;

tutte le due fasi della suddetta persecutoria vicenda scolastica del Fontani si sono svolte in scuole di tre comuni limitrofi (Buonconvento-Montalcino, nel periodo compreso tra il 2004 e il 2006, e Monteroni d’Arbia, nell’anno scolastico 2007/2008) sotto due dirigenti scolastici che al contempo erano pure entrambi esponenti di spicco ed amministratori locali del partito politico egemone nei Comuni menzionati (Montalcino-Buonconvento: Mauro Guerrini che era stato al contempo due volte Sindaco del paese e membro del direttivo provinciale del partito, e deputato della fondazione Monte dei Paschi di Siena; Monteroni d’Arbia: Maria Donata Tardio che era al contempo consigliere comunale di maggioranza e membro del direttivo provinciale del partito);

tale persecuzione è diventata particolarmente intensa e feroce dal gennaio 2005, quando il primo ispettore scolastico inviato sul posto (Antonio Fratangelo, quello “naturale” dell’Ufficio scolastico provinciale di Siena) osò difendere, lodare e dare pienamente ragione al Fontani riconoscendo valide le sue proteste e condannando l’operato della scuola per la discriminazione subita e quando il suo direttore scolastico provinciale ha sostenuto le ragioni di Fontani e la relazione del “suo” ispettore: allora la direzione scolastica di Firenze prima annullò ed invalidò tale ispezione, negò illegittimamente al Fontani la relazione che lo sosteneva che aveva chiesto a norma di legge, e poi arrivarono perfino minacce di sanzioni a carico dell’ispettore, un trasferimento punitivo a carico del dirigente scolastico provinciale che sosteneva lui ed il maestro e cominciò a carico del Fontani la raffica di sanzioni ed ispezioni prefabbricate sopra descritte protrattesi per quattro anni fino al 2009;

tale persecuzione è subita dal Fontani sostanzialmente per il solo fatto di aver violato l’omertà e non aver collaborato o non aver taciuto i mille piccoli e grandi abusi, ingiustizie, discriminazioni, illegalità, scandali, arbitrii e favoritismi subiti e visti fare nel mondo della scuola od averli in qualche caso apertamente denunciati a stampa e magistratura, dopo che i mille inutili tentativi da lui fatti di “lavare i panni sporchi in famiglia” e di cercare il dialogo interno erano sempre andati a vuoto e gli avevano appunto procurato solo campagne di calunnie, sanzioni, ritorsioni e punizioni;

tale persecuzione viene inflitta a carico di un docente preparatissimo, motivato e stimatissimo come pochi e come tale inutilmente amato e difeso (a Buonconvento nel 2005, come a Monteroni nel 2008) da centinaia di genitori, alunni, ex alunni e famiglie che si sono vanamente mobilitati a suo favore e ai quali è stato perciò sempre e sistematicamente impedito di testimoniare a suo favore, ovvero in alcuni casi la testimonianza è stata assunta surrettiziamente in modo da apparire contraria al maestro; in molti casi coloro che si erano mobilitati in suo favore sono stati messi in imbarazzo, rimandati subito via ed obbligati a non parlare da parte degli ispettori scolastici inviati a suo carico, uno dei quali si è pure vantato per iscritto nella sua relazione (8 marzo 2008) di cotanti abusi, del fatto che genitori e testimoni a suo favore siano stati talvolta perfino “avvicinati” in modo minaccioso ed indirettamente puniti da autorità scolastiche e da quelle municipali politicamente vicine e colluse con il dirigente scolastico locale;

tale cinica e feroce persecuzione sta rovinando e distruggendo da tempo la salute, la vita privata e professionale, la reputazione, i risparmi e la famiglia del maestro Adriano Fontani;

fin dall’inizio della vicenda giudiziaria del Fontani (originata da un esposto del dirigente scolastico, Sindaco, deputato MPS contro di lui del 28 febbraio 2005 e non viceversa) l’atteggiamento di giudici e magistrati del Tribunale e della Procura di Siena verso i numerosi ricorsi e denunce, in sede penale e civile, presentati dal maestro Fontani è stato a giudizio degli interroganti unilaterale e fazioso, animato da chiari e gravi pregiudizi e chiusure contro di lui, manifesta ostilità e avversione verso la sua persona e le sue argomentazioni, concretizzatisi nel rifiuto totale di indagare sulle sue denunce e chiamare i numerosissimi test che Fontani citava; mentre la Procura si comportava in modo esattamente opposto quando erano i dirigenti scolastici e i politici a denunciare il Fontani, tanto che in una delle sei sentenze dei sei ricorsi, tutti persi in sede civile (ricorsi d’urgenza ex art. 700 del codice di procedura civile) egli veniva condannato e sprezzantemente definito ed implicitamente deriso, invece che difeso, come “il Serpiko della Scuola Italiana” (sentenza del Tribunale di Siena RG 530 dell’8 novembre 2005);

nella suddetta montagna di carte redatte a suo carico (appare evidente che, per quanto numerose siano le sue denunce, esse sono solo una piccola parte di quelle che avrebbe potuto e dovuto presentare a fronte di tanta mole di persecuzione e diffamatori documenti scritti a suo carico), piene di falsità e calunnie contro di lui, stilate dalla scuola contro Fontani, ricorrono decine e decine di volte diverse precise e lampanti ipotesi di reato a suo carico (diffamazioni, ingiurie, falsi, abusi ed omissioni d’ufficio, peculato, lesioni, reati associativi) ma giudici e magistratura di Siena, di fronte alle numerose inevitabili denunce del Fontani, oltre a non voler indagare come sopra detto, hanno ripetutamente schernito un cittadino in cerca di giustizia, che, senza cercare vendette personali, da cittadino retto e civile, si è dimostrato esemplarmente rispettoso del patto sociale, come uno che strumentalizza la giustizia per risolvere i suoi problemi personali e religiosi (così ha scritto a carico del Fontani il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena Francesco Bagnai in ben tre dei suoi 13 decreti di archiviazione su 13 richieste dei pubblici ministeri a seguito delle denunce presentate da Fontani (RGNR 885-2006, R-GIP 1483-2006 DA del 14 novembre 2006; RGNR 1896-2008, R-GIP 322 del 12 agosto 2009; RGNR 2998-2008, R-GIP 494-2009 del 12 agosto 2009);

la linea della Procura della Repubblica di Siena di fronte al caso del maestro Fontani – a quanto risulta agli interroganti pienamente consapevoli i pubblici ministeri, il GIP e altri giudici del fatto che egli si ritrova contro non solo l’intera amministrazione scolastica nazionale ma tutti i poteri locali forti (nella specifica realtà senese tutti ben sanno che sarebbe più corretto parlare purtroppo di un potere unico senese) per tanti altri motivi ben documentabili oltre a quanto sopra esposto – è stata fin dall’inizio molto semplice, con le significative e del tutto confermative eccezioni di seguito riportate:

1) archiviare sistematicamente sempre tutte le numerose denunce che Fontani presenta senza mai fare alcuna indagine né chiamare alcuno dei numerosi test da lui citati perché le indagini sono definite “inutili e defatiganti” dal GIP Francesco Bagnai quando è Fontani a chiederle (RGNR 1896-2008, R-GIP 322 del 12 agosto 2009; RGNR 2998-2008, R-GIP 494-2009 del 12 agosto 2009);

2) fare invece sempre senza eccezione puntualmente e rapidamente (6 volte su 6) tutte le indagini quando sono alti dirigenti scolastici e politici a denunciare il maestro Fontani o chi lo sostiene pubblicamente perché allora le indagini non sono evidentemente più inutili e defatiganti (RGNR: 353-2553/2005, 132/2008, 2379/2008 oltre a quella contro il professor Giannino di Milano, RGNR 374-2009, pm Mario Formisano; 204/2008, pm Francesca Firrao) e procedere sempre ad avvisi di garanzia o rinvii a giudizio ogni volta che è formalmente possibile (nei primi due dei procedimenti citati sopra il pm Formisano ed il GIP Bagnai si sono dovuti fermare, loro malgrado, data l’improcedibilità formale della querela presentata contro il maestro, altrimenti lo avrebbero rinviato a giudizio);

le significative e confermative eccezioni a questa tendenza sono le seguenti:

1) finché è rimasto a Siena, il pubblico ministero Alessandra Chiavegatti (8-2008) è stato l’unico che ha sempre, prontamente e senza eccezioni fatto le indagini e convocato i testimoni sulle sei denunce del Fontani ricevute, ricavandone quattro rinvii a giudizio a carico di personale scolastico (di cui tre a carico di persone “eccellenti”) denunciato da Fontani (RGNR 364-2006 e 242-2008); ciò dimostra come siano fondate e documentate le accuse che Fontani espone in quelle sue querele che tutti gli altri pubblici ministeri e GIP rifiutano di prendere in minima considerazione, archiviando sempre e sistematicamente spesso senza neppure leggere. Ma il pubblico ministero Chiavegatti ha sempre fatto indagini ed ottenuto rinvii a giudizio (una trentina, molti dei quali “eccellenti”, tre anche nel caso del Fontani) non solo sul “Caso Fontani” ma anche e soprattutto su altre inchieste scottanti (Policlinico, Università, Carabinieri), è stata, secondo gli interroganti proprio per tale ragione, trasferita da Siena a Catania e per il maestro Fontani è stato da allora totale “buio della giustizia” alla Procura di Siena;

2) un’unica volta il pm Mario Formisano ha fatto indagini su una denuncia di Fontani di tipo “documentale”, dove non aveva indicato testimoni da interrogare (RGNR 941/2006) e da esse è risultato che laddove Fontani aveva denunciato “100” in quanto ad abusi subiti dai vertici scolastici (con l’abuso e la menzogna gli hanno negato documenti che gli spettavano), dalle indagini è risultato “150” (tali documenti contro Fontani erano pure gestiti in modo illegittimo), cioè ancora di più. Ciononostante tutto è stato archiviato dal pm Formisano e dal GIP Francesco Bagnai, che ha sempre archiviato 13 volte su 13 richieste dei pubblici ministeri su 13 denunce del Fontani nei suoi decreti di archiviazione. Non solo, ma visto che secondo gli interroganti Fontani aveva evidentemente ragione hanno pensato bene di non avvisarlo neppure della richiesta di archiviazione, come da lui richiesto a norma di legge, così non ha potuto neppur fare opposizione alla richiesta di archiviazione come era suo diritto;

3) in una denuncia del Fontani ricevuta dal dottor Formisano per la prima volta in assoluto e finora unica (per ciò che ad ora si conosce) sono stati chiamati solo due dei numerosi testimoni da lui indicati in querela (RGNR 1843/2008), significativamente ciò solo dopo che (a far data dagli inizi di marzo 2009, RGNR 1890 Firrao) Fontani aveva iniziato a scrivere, nell’intestazione delle sue opposizioni alle sistematiche richieste di archiviazione che copia andava inviata per conoscenza all’ufficio ispettivo del Ministero della giustizia ed alle massime magistrature nazionali di controllo come esposto;

a conferma dell’evidente e grave strategia di denegata giustizia che secondo gli interroganti va avanti a carico del maestro Fontani esattamente da ormai oltre cinque anni (e precisamente dal marzo 2005) ecco un prospetto che sintetizza il diverso ed opposto comportamento ed atteggiamento della giustizia a Siena a seconda che il maestro sia il denunciante o il denunciato:

a) quando è il maestro Fontani a presentare querele-esposti: da cinque anni sono state sistematicamente sempre archiviate da tre pubblici ministeri su quattro, GIP Bagnai e giudice di pace tutte le sue circa 30 documentate denunce presentate pur davanti ad evidenti e comprovate ipotesi di reato. Sempre, con le significative eccezioni sopra ricordate assai significative e confermative della tendenza denunciata, senza svolgere la minima indagine né interrogare alcuno dei numerosi test, talvolta testimoni oculari diretti dell’evento incriminato. Significativa, per confermare una chiara volontà ed una precisa strategia di denegata giustizia a carico di Fontani al Palazzo di giustizia di Siena, l’ultimissima archiviazione delle 13 archiviazioni su 13 disposte dal GIP Francesco Bagnai (RGNR 406-2009, pm Firrao; R.Gip 890-2009, decreto di archiviazione del 9 settembre 2009). Egli infatti dichiara perfino inammissibile la sua documentata opposizione ed archivia la querela del Fontani per calunnia quindi senza disporre neppure l’udienza in camera di consiglio, motivando, da una parte, con la mancata indicazione di fare indagini, mentre Fontani aveva indicato in querela ed in opposizione ben sei diretti testimoni oculari dell’evento (testimoni oculari che per il GIP non hanno un minimo requisito di pertinenza e di rilevanza in ordine all’oggetto della notizia di reato) e, dall’altra, con la mancata archiviazione della querela di partenza della controparte mentre Fontani lo avevo informato in querela che c’era stata l’archiviazione ben 15 mesi prima (10 giugno 2008). Evidentemente il GIP non ha neppure letto le documentatissime denunce e le opposizioni presentate dal Fontani. D’altra parte il GIP ha perfino scritto esplicitamente in due suoi decreti di archiviazione in modo testuale che fare le indagini da Fontani richieste nelle sue denunce è inutile e defatigante accusandolo di usare la giustizia per risolvere problemi personali e religiosi (si veda sopra). A quanto detto ha fatto eccezione solo il pubblico ministero Chiavegatti come sopra detto, poi trasferita;

b) quando sono i dirigenti scolastici, nonché esponenti politici a denunciare Fontani: premesso che, contrariamente all’affermazione riportata in certi atti giudiziari di Siena, è stata la scuola (oltre a tanti altri poteri collegati) che per prima si è messa contro Fontani (28 febbraio 2005: il primo dei procedimenti sotto elencati) e non è stato Fontani a cominciare questa guerra giudiziaria presso la Procura, sempre e senza mai una sola eccezione si è invece proceduto a rapide indagini e convocazione di testimoni si è prontamente proceduto ad avvisi di garanzia o rinvii a giudizio tutte le volte in cui è stato formalmente possibile quando la scuola ha denunciato Fontani (cinque) o chi lo ha difeso e sostenuto denunciando i gravi abusi a suo carico (uno è tutto del professor Alberto Giannino da Milano). Solo nel caso dei primi due dei citati sei procedimenti i pubblici ministeri e il GIP si sono visti costretti ad archiviare, loro malgrado, impediti a procedere a carico di Fontani solo da omissioni procedurali (mancata formalizzazione della querela), altrimenti sarebbero andati avanti perché vi avevano individuato chiare ipotesi di reato, come hanno esplicitamente scritto. Si ricorda che quando qui si scrive scuola deve intendersi (cinque volte su sei) non semplici docenti o semplici dirigenti bensì dirigenti di alto livello o dirigenti locali che ricoprono/ricoprivano al contempo localmente anche altri importanti incarichi politici (dirigenti provinciali del partito egemone da 65 anni) o amministrativi (rispettivamente sindaco e consigliere comunale di maggioranza nello stesso paese svolgevano incarichi scolastici dirigenziali) o di alta gestione bancaria (il primo dirigente che aveva operato la denuncia iniziale era pure membro della potente fondazione Monte Paschi di Siena);

eccone l’inconfutabile distinta che supporta inequivocabilmente quando detto, verificabile e controllabile: RGNR 353 o 2553-2005, pm Formisano (archiviato solo per improcedibilità, ma i reati c’erano); RGNR 132-2008, pm Formisano (archiviato solo per improcedibilità formale ma il reato c’era); RGNR 2379-2008, pm Formisano (avviso di garanzia a carico di Fontani, non si deve archiviare); RGNR 204-2008, pm Firrao (rinvio a giudizio a carico di Fontani); RGNR 374-2009, pm Formisano (rinviato a giudizio il professor Alberto Giannino da Milano); RGNR 89-2009, pm Formisano (dopo aver archiviato, come sempre, la querela di Fontani, per reciproci insulti, peraltro inesistenti, lo stesso pm fa procedere invece la controquerela della controparte: gli interroganti si interrogano sul perché, considerato che erano “reciproci” gli insulti, che ovviamente si sarebbero dovuti annullare a vicenda);

come dire che delle denunce di alti esponenti scolastici e politici locali presentate alla Procura di Siena contro Fontani nessuna è andata “sprecata”, nessuna loro querela è mai andata a vuoto (cioè archiviata subito senza indagare come invece si fa sempre con Fontani). Appare evidente ed inconfutabile che quando sono alti esponenti dell’amministrazione scolastica e bancaria o politici o amministratori che chiedono indagini a carico di Fontani, compierle contro un semplice cittadino-docente, isolato e privo di qualunque minima protezione politica o gerarchica come Fontani (per di più scomodissimo ed odiato dai potenti per le sue numerose denunce sui migliori mass media nazionali e per le iniziative civili contro gli abusi sia della scuola italiana che delle amministrazioni locali), evidentemente per i pubblici ministeri e il GIP le indagini non sono più inutili e defatiganti. C’è da chiedersi se a Siena la legge sia uguali per tutti quando un semplice cittadino ha contro simili potentati e personaggi;

clamorosa conferma di tale evidente e dichiarato doppio metro e doppia misura a seconda che Fontani sia il denunciante o il denunciato si ha quando il GIP Francesco Bagnai si esprime in modi opposti pur sugli stessi contenuti della stessa denuncia (la prima voluminosa denuncia del già citato potente dirigente scolastico, Sindaco e deputato della fondazione MPS contro di lui, 28 febbraio 2005, 5 pagine e 44 allegati: RGNR 353 o 2553-2005- Formisano; R-GIP 2481, decreto di archiviazione del 3 marzo 2006) e poi sulla controdenuncia per calunnia a suo carico su di essa basata (RGNR 1896-2008-Firrao; R-GIP 322 o 382-2009, decreto di archiviazione del 12 agosto 2009). Quando infatti il dirigente scolastico Mauro Guerrini di Montalcino, sotto cui iniziò l’odissea del maestro Fontani, fece quella prima voluminosa denuncia di tutta la vicenda alla magistratura, quelle determinate cose da lui denunciate a suo carico furono valutate dal pm Formisano e dal GIP Bagnai (R-GIP 2481-2005, decreto di archiviazione del 3 marzo 2006) come aventi valenza e rilievo penale, per cui volevano rinviarlo a giudizio (bloccati però dalla improcedibilità formale della querela), ma quando su quelle stesse determinate cose è stato il medesimo Fontani a fare una contro querela per “calunnia”, il pm Firrao e lo stesso GIP Bagnai, che prima, contro di lui, le aveva giudicate di valenza penale, cambiano idea pur di archiviare a favore del potente dirigente scolastico, Sindaco ed ora non valutano più di rilievo penale le determinate cose da lui denunciate a suo carico pur di giustificare così, per l’ennesima volta, la archiviazione della sua denuncia (R-GIP 322 o 382-2009, decreto di archiviazione del 12 agosto 2009);

in sede civile la tendenza è identica se non peggiore, come dimostrato, oltre a quanto sopra già accennato, dal fatto che nei citati sei ricorsi su sei respinti (presentati dal Fontani contro le numerose ingiuste punizioni subite) nei ricorsi d’urgenza (ex art. 700 del codice di procedura civile) da lui presentati si è addirittura avuto il caso (RG 814-2006, sentenza dell’11 marzo 2009, Tribunale di Siena) – assai emblematico e significativo per dimostrare il grave pregiudizio, la forte ostilità ed avversione, la mancanza di equità ed imparzialità, contro Fontani – in cui, pur di giustificare l’ennesima sentenza puntualmente a lui avversa, sono stati citati dal Tribunale a suo carico due documenti scolastici che, sulla base della data, risultano del tutto inesistenti ed un documento scolastico che in realtà dava ragione al Fontani e non conteneva nulla a suo carico se solo fosse stato letto anziché, come sempre è stato fatto in altre occasioni, prendere per buone e vere tutte le numerose false affermazioni ed accuse della scuola contro Fontani per quindi ricopiare acriticamente senza controllare ciò che la scuola scrive contro Fontani;

in un’altra sentenza (RG 707-2008, sentenza del 26 novembre 2008) il giudice unico del lavoro Delio Cammarosano, respingendo il ricorso di Fontani come ha fatto tre volte su tre, conferma l’assurda sospensione a suo carico di tre mesi dal servizio e dallo stipendio, dall’ottobre al dicembre 2008 (motivata dalla scuola innanzi tutto con il fatto che Fontani avrebbe disubbidito profeticamente, ad una delibera del collegio dei docenti del 14 febbraio 2007, di cui avrebbe avuto conoscenza solo 35 giorni dopo, in data 20 marzo 2007), motivandola per aver egli coscienziosamente fatto doverose note sul diario di una bambina per richiamare più volte una madre affinché non mandasse più a scuola la figlia in canottiera e priva del quaderno e libro di inglese, ciò che la esponeva a derisioni da parte dei compagni (queste note potevano essere fonte di grave violenza psicologica all’alunna, secondo Cammarosano, non potendo assolutamente egli dimostrare che l’alunna li abbia mai effettivamente avuti tali turbamenti) ed essersi lamentato della vicenda narrandola su Internet (senza far nomi ovviamente), laddove, tanto per esemplificare, a Bergamo un docente che ha spacciato droga agli alunni durante una gita a Londra ed a Milano, un altro docente lombardo che per due volte ha molestato e indotto un’alunna ad avere rapporti sessuali con lui durante colloqui sono stati sospesi dal servizio e dallo stipendio per soli due mesi;

come se non bastasse tale gratuita vessazione e grossa perdita economica di tre mesi decurtati di stipendio (valutabile in oltre 20.000 euro calcolando pure la conseguente penalizzazione di scatti e di anzianità), peraltro come sopra detto del tutto ingiustificata, a carico di un docente che fa del suo stipendio di maestro il perno economico del mantenimento della sua famiglia, il giudice unico del lavoro di Siena, noto perché pronto a riconoscere le ragioni dei lavoratori e comunque a non addebitare al dipendente ricorrente le spese anche quando, soccombente, si vede respingere i propri ricorsi, in quella sentenza citata volle ulteriormente infierire sul maestro Fontani addebitandogli pure circa 2.600 euro di spese legali talmente inesistenti che, in sede di appello, pur respingendo di nuovo il suo ricorso, la camera collegiale si vide costretta a togliere al Fontani un simile ingiustificabile addebito visto che la controparte scuola di spese non ne poteva aver avute dato che usava come legale un funzionario pagato in pianta stabile dal locale Ufficio scolastico provinciale,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia informato del dettagliato e documentato esposto di 35 pagine con numerosi allegati presentato dal maestro Fontani in data 29 maggio 2009 direttamente agli ispettori ordinariamente presenti al Palazzo di giustizia di Siena (ispettore dottor Cannavale) e dei successivi esposti integrativi di aggiornamento da lui presentati, come quello originale, sia all’Ufficio ispettivo del Ministero della giustizia di Roma Bravetta che alle massime magistrature nazionali e regionali di controllo (CSM, PG-Cassazione, PG-CorteAppello);

se, quindi, abbia disposto adeguate ed urgenti ispezioni al Palazzo di giustizia di Siena per verificare quanto dettagliatamente e documentatamente denunciato dal maestro Fontani nei suddetti esposti e quali iniziative intenda adottare per accertare eventuali responsabilità nella vicenda che riguarda un semplice, retto e stimatissimo cittadino e docente, ma notoriamente assai scomodo in entrambi i ruoli, da sempre del tutto privo di protezioni politiche e sindacali e vittima da cinque anni, da una parte, di una grave e feroce persecuzione scolastica e politico-ambientale e, dall’altra, di un’evidente strategia di denegata giustizia che risente chiaramente dell’avverso quadro ambientale descritto, il quale chiede che gli sia riconosciuto il diritto alla giustizia con la puntuale effettuazione delle indagini da lui richieste e la convocazione dei numerosissimi testimoni a suo favore da lui indicati, che ormai da oltre cinque anni attendono inutilmente di esser chiamati a difendere le numerose ed evidenti ragioni del maestro Adriano Fontani, stimatissimo, amato ed esemplare docente e cittadino che paga duramente per la sua tenacia di voler difendere strenuamente, dentro e fuori la scuola, legalità, diritto, trasparenza e democrazia: queste infatti paiono essere le sue uniche “colpe” da cinque anni a questa parte.

RASSEGNA FEDERPROPRIETA.IT

Corte di Cassazione Sezione 3 civile
Sentenza 08.03.2007, n. 5328

Massima

Locazione – Disciplina delle locazioni di immobili urbani (L.27.7.1978 N. 392) – Immobili adibiti ad uso non abitativo – Durata – Recesso del conduttore – Gravi motivi – Natura – Necessità relative all’andamento dell’attività aziendale – Rilevanza – Sussistenza – Condizioni – Fattispecie.
 
I gravi motivi, in presenza dei quali l’art. 27 ultimo comma, della legge n. 392 del 1978, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consente il recesso del conduttore dal contratto di locazione, non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dallo stesso conduttore in ordine all’opportunità o meno di continuare ad occupare l’immobile locato, poiché, in tal caso, si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso “ad nutum”, contrario all’interpretazione letterale, oltre che allo spirito della suddetta norma. Al contrario, i gravi motivi, che legittimano il recesso del conduttore da una locazione non abitativa, devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto ed, inoltre, devono essere tali da rendere oltremodo gravosa per lo stesso conduttore, sotto il profilo economico, la prosecuzione del rapporto locativo. (Nella specie, la S.C., alla stregua dell’enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale era stata dichiarata la legittimità del recesso, operato da una società conduttrice, malgrado la dedotta eccessiva onerosità nel proseguimento della locazione non attenesse a fattori oggettivamente imprevedibili e sopravvenuti alla relativa costituzione del rapporto, bensì ad una scelta, peraltro di mera convenienza della stessa locataria, di trasformare, e non di ampliare, l’attività contrattualmente prevista, venendo ad incidere, perciò, sui termini e sulle obbligazioni, anche future, consacrate nel modulo negoziale intercorso tra le parti).
Corte di Cassazione Sezione 3 civile
Sentenza 15.01.2007, n. 638

Massima

Locazione (contratto di) – Disciplina delle locazioni immobili urbani (L. 27.7.1978, N. 392) – Immobili adibiti ad uso abitativo – Equo canone – Determinazione – Superficie – Posto macchina – Rapporto pertinenziale con l’appartamento adibito ad uso abitativo – Presunzione “iuris tantum” – Condizioni – Disciplina.
 
Nella locazione di immobili urbani con destinazione abitativa ai sensi della legge 392 del 1978 dalla situazione fattuale contrassegnata dall’ubicazione dell’appartamento nel medesimo edificio dell’autorimessa o del posto macchina, dall’appartenenza di entrambi allo stesso proprietario e dalla loro locazione al medesimo conduttore con destinazione alle esigenze delle persone che alloggiano nell’appartamento, deriva una presunzione semplice di rapporto pertinenziale, valevole ad estendere all’autorimessa o al posto macchina le disposizioni della legge sull’equo canone ed a rendere applicabile il metodo di calcolo di cui all’art. 13 della legge 27 luglio 1978, n. 392, per cui non è idonea di per sé ad escludere il vincolo pertinenziale la circostanza che l’autorimessa venga locata quando l’appartamento è già dotato di altro posto macchina.
Corte di Cassazione Sezione 3 civile
Sentenza 09.11.2006, n. 23914

Massima

 
Locazione – Disciplina delle locazioni di immobili urbani (L.27.7.1978 n.392) – Immobili ad uso diverso da quello di abitazione – Diritti ed obblighi delle parti – Sublocazione – Responsabilità del cedente – Subordinazione all’inadempimento del cessionario – Conseguenza – Sua natura eventuale e sussidiaria – Solidarietà tra cedente e cessionario in ordine alle obbligazioni contrattualmente assunte dal primo nei riguardi del locatore – Configurabilità – Effetto – Efficacia dell’atto interruttivo posto in essere nei confronti del cessionario anche verso il cedente – Fondamento.
 
L’obbligazione del cedente del contratto di locazione di pagare il canone dovuto al locatore dal cessionario e da questi non corrisposto, quale prevista dall’ art. 36 della legge n. 392 del 1978 ancorché avente natura eventuale e sussidiaria perché subordinata all’inadempimento del cessionario, integra un’ipotesi di solidarietà, con la conseguenza che, trovando applicazione l’ art. 1310 cod. civ., gli atti con i quali il locatore abbia interrotto la prescrizione nei confronti del cessionario producono effetto anche verso il cedente.

Cass. civile, sez. III, 06-03-2006, n. 4800 – Pres. Giuliano A – Rel. Preden R – P.M. Scardaccione EV (Conf.) – Mbc Italy Spa c. Reale Coll. Maggiore Albornoziano ed altri
 
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE – DIRITTI ED OBBLIGHI DELLE PARTI – SUBLOCAZIONE E CESSIONE DELLA LOCAZIONE – IN GENERE – Art. 36 della legge n. 392 del 1978 – Disciplina – Estensione alle cessioni o locazioni di una sola parte dell’immobile comunque collegate alle cessione o locazione dell’azienda o di un suo ramo – Ammissibilità – Applicabilità al caso di cessione di un “punto vendita” di un’unica azienda – Esclusione – Valutazione relativa all’individuazione del tipo di cessione – Rimessione al giudice del merito – Incensurabilità in sede di legittimità – Limiti.
 
L’art. 36 della legge 27 luglio 1978, n. 392, che consente al conduttore di sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore se insieme venga locata o ceduta l’azienda, si riferisce anche alle cessioni o locazioni di una sola parte dell’immobile comunque collegate alla cessione o locazione dell’azienda o di un suo ramo e, perciò, capaci di attuare l’interesse alla conservazione dell’azienda; diversamente, mancando il perseguimento di quest’ultima funzione, la predetta norma non si applica nel caso di cessione di un “punto di vendita” di un’unica azienda, ove nell’immobile ceduto sia stata esercitata la vendita di articoli che il cedente continui ad effettuare in altro locale. La valutazione circa la sussistenza dell’autonomia organizzativa dell’attività svolta in un locale rispetto a quella esercitata in altro locale e delle altre conferenti circostanze idonee in funzione della configurabilità o meno della cessione di un “ramo di azienda” (anzichè di un “punto vendita” di un’unica azienda) involge apprezzamenti di fatto rimessi al giudice del merito che, ove adeguatamente motivati, rimangono incensurabili in sede di legittimità.
 
Cass. civile, sez. III, 21-02-2006, n. 3683 – Pres. Nicastro G – Rel. Trifone F – P.M. Marinelli V (Conf.) – Trenta Denari Srl c. Raspagliesi
 
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – USO DIVERSO DA QUELLO PATTUITO – Ambito di applicazione – Uso effettivo difforme da quello pattuito con il locatore – Conseguente azione di risoluzione – Termine perentorio per il suo esercizio – Decorrenza – Individuazione – Avvenuta conoscenza effettiva, da parte del locatore, del concreto mutamento di destinazione d’uso dell’immobile locato – Necessità – Fondamento.
 
La diversa destinazione dell’immobile – cui fa riferimento l’art. 80 della legge n. 392 del 1978, dalla quale discende il fenomeno della potenziale mobilità del rapporto nell’inerzia del locatore e dalla cui conoscenza decorre per il locatore il termine di tre mesi per far valere la risoluzione del contratto – è quella che si realizza in concreto con l’effettivo diverso uso della cosa locata, sicchè è solo da tale momento che inizia a decorrere il suddetto termine perentorio per chiedere la risoluzione del contratto, non potendo venire in rilievo, a tal fine, una situazione di semplice conoscenza della sola intenzione del conduttore. Tale interpretazione è conforme all’impianto complessivo della suddetta norma che, come è argomentabile anche sulla scorta della sentenza n. 228 del 1990 della Corte costituzionale, in difetto di strumenti di conoscenza legale dello stato di fatto integrante il mutamento, di questo esige l’effettiva conoscenza da parte del locatore, conoscenza che si configura necessariamente in rapporto ad una situazione concreta ed attuale di uso diverso, e non ad un progetto di mutamento di destinazione, che il conduttore potrebbe anche non attuare.
 
Cass. civile, sez. III, 21-02-2006, n. 3684 – Pres. Nicastro G – Rel. Trifone F – P.M. Marinelli V (Conf.) – Fintur Spa c. La Spisa
 
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE – DURATA – LOCAZIONI STAGIONALI – Natura – Scadenza stagionale – Rinnovo annuale della locazione, “ad nutum” del conduttore, per l’uguale successivo periodo stagionale – Limiti – Obbligo del conduttore di rilasciare il bene alla scadenza stagionale – Sussistenza.
 
La locazione stagionale non può configurarsi, alla stregua del dato letterale della disposizione dell’art. 27, sesto comma, della legge n. 392 del 1978, come un rapporto unitario (che, perfezionatosi al momento dell’originaria stipulazione, ha durata identica a quella degli altri tipi di contratto concernenti immobili non abitativi previsti dallo stesso art. 27, restando sottoposto alla condizione risolutiva della mancata richiesta del conduttore), ma, stante l’obbligo di locare posto a carico del locatore, realizza una serie di rapporti, distinti ancorchè collegati, avendo il legislatore assunto come presupposto la normale scadenza del contratto al termine della stagione e la sua annuale rinnovabilità, “ad nutum” del conduttore, per un arco di tempo prestabilito nella misura massima. Pertanto, costituisce regola di diritto conseguente che, alla scadenza stagionale, sorge l’obbligo per il conduttore di rilasciare il bene locato.
 
Cass. civile, sez. III, 31-01-2006, n. 2135 – Pres. Varrone M – Rel. Fico N – P.M. Golia A (Conf.) – Deledda c. Ferraris
 
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE – EQUO CANONE – DETERMINAZIONE – AGGIORNAMENTO
– Inclusione della integrazione per riparazioni straordinarie – Determinazione del periodo di riferimento – Criteri – Fattispecie.
 
In tema di aggiornamento del canone di locazione di immobile condotto per uso di abitazione previsto dall’art.24 della legge 27 luglio 1978 n.392, il cosiddetto canone locativo base (o di partenza) da aggiornarsi è quello risultante anche dalla integrazione prevista dall’articolo 23 della stessa legge, pari cioè all’interesse legale sul capitale impiegato nelle opere e nei lavori effettuati sull’immobile locato per riparazioni straordinarie, indipendentemente sia dalla data di esecuzione delle dette opere che dalla data di decorrenza dell’aumento per la realizzazione delle medesime. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva calcolato l’aggiornamento ricomprendendovi l’integrazione di cui all’art. 23 cit. in ragione della esecuzione, nell’anno 1990, di opere di straordinaria manutenzione, respingendo la pretesa del conduttore secondo cui detta integrazione, in quanto relativa a lavori eseguiti nel 1990, doveva essere separatamente aggiornata a partire dal 1991, anno successivo alla realizzazione degli stessi).

Cass. civile, sez. III, 26-01-2006, n. 1695 – Pres. Fiduccia G – Rel. Talevi A – P.M. Fedeli M (Conf.) – Chiono c. Cascella
 
LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI (LEGGE 27 LUGLIO 1978 N. 392, COSIDDETTA SULL’EQUO CANONE) – IMMOBILI ADIBITI AD USO DI ABITAZIONE – EQUO CANONE – DETERMINAZIONE – IN GENERE – Patti in deroga ai sensi della legge n. 359/1992 – Validità – Condizioni – Richiesta di certificazione di abitabilità – Necessità – Conseguenze.
 
In materia di locazioni abitative, la pattuizione del canone in deroga a quello stabilito dalla legge 27 luglio 1978 n. 392, prevista dall’art. 11 della legge 8 agosto 1992 n. 359, secondo il quale la deroga si applica ai contratti di locazione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 333 del 1992, aventi per oggetto immobili per i quali, alla predetta data, non sia stata presentata dichiarazione di ultimazione lavori e semprechè alla data del contratto sia stata richiesta la certificazione di abitabilità e presentata domanda per l’accatastamento, è valida a condizione che siano rispettate le condizioni tassativamente e rigorosamente fissate da detta norma. Ne consegue che la normativa in deroga non è applicabile qualora la domanda di certificazione di abitabilità sia stata richiesta circa un anno dopo la stipula del contratto, dovendosi escludere che detta previsione sia indirizzata ai soli fini fiscali.
Cass. civile, sez. III, 18-01-2006, n. 821 – Pres. Giuliano A – Rel. Sabatini F – P.M. Sgroi C (Conf.) – Giuliani c. Custodia Giudiziaria Immobili Pignorati
 
LOCAZIONE – OBBLIGAZIONI DEL CONDUTTORE – DANNI PER RITARDATA RESTITUZIONE – Quantificazione – Disciplina ex artt. 1 bis della legge n. 61 del 1989 e 6 della legge n. 431 del 1998 – Dichiarazione di parziale incostituzionalità dell’art. 6 della legge n. 431/98 – Conseguenze – Criteri attuali di quantificazione del danno.
 
In tema di locazione di immobili urbani, a seguito della dichiarazione di parziale incostituzionalità dell’art. 6, comma sesto, della legge n. 431 del 1998 (che, in quanto destinata ad agevolare la transizione verso il regime pattizio delle locazioni, ha efficacia retroattiva ed è immediatamente applicabile ai giudizi in corso), per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 482 del 9 novembre 2000 che ha ritenuto illegittima la suddetta disposizione nella parte in cui esimeva il conduttore dall’obbligo di risarcire il maggior danno, ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., anche nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione dell’esecuzione stabilito “ope legis” o di quello giudizialmente fissato per il rilascio, sussiste l’obbligo del conduttore, durante i periodi di sospensione dell’esecuzione degli sfratti, di corrispondere la somma di cui all’art. 1 bis della legge n. 61 del 1989, e non altra diversa, per tutto il periodo effettivo di sospensione, e, dunque, fino all’effettivo rilascio, e non soltanto limitatamente al periodo di sospensione legalmente previsto, a prescindere dall’eventuale maggior danno sofferto dal locatore ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., che è dovuto, per il periodo intercorrente tra la scadenza della sospensione “ope legis” e la data del reale rilascio, solo nel caso in cui il locatore ne abbia offerto prova.

Elenco delle sentenze nell’ambito delle locazioni divise per argomento.Potete scaricare il documento in formato World cliccando qui:
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Cassazione n. 18648, – 5 dicembre 2003 Sez. III
LOCAZIONE – Immobili adibiti ad uso non abitativo – Prelazione e riscatto- Vendita di quota di proprietà – EsclusioneIn tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo,. in caso di vendita a terzi della quota di proprietà comprendente l’immobile lo” cato non spetta al conduttore il diritto di prelazione e di riscatto di cui agli art. 38 e 39 l. n. 392 del 1978, mancando l’imprescindibile presupposto dell’identità dell’immobile locato con quello venduto.

Cassazione sez. III, 20 agosto 2003, n. 12220
Locazione – Obbligazioni del locatore – Garanzia per molestie – Intervento in causa – Infiltrazione d’acqua nell’immobile oggetto di locazione – Diritto al conduttore al risarcimento del danno nei confronti del terzo Sussistenza.

Si deve riconoscere in capo al conduttore il diritto alla tutela risarcitoria nei confronti del terzo che con il proprio comportamento gli arrechi danno nell’uso o nel godimento della res locata; in particolare, qualora a carico dell’appartamento locato si verifichi una infiltrazione d’acqua da un appartamento sovrastante, il conduttore, ex art. 1585, secondo comma, cod. civ., gode di una autonoma legittimazione per proporre l’azione di responsabilità nei confronti dell’autore del danno.

Cassazione sez. III, 20 agosto 2003, n. 12209
Locazione – Disciplina delle locazioni di immobili urbani (legge 27 luglio 1978, n. 392, cosiddetta sull’equo canone) – Immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione – Durata – Diniego di rinnovazione alla prima scadenza – Casi – Destinazione dell’immobile ad attività industriali, commerciali, artigianali, di interesse turistico, professionali – Locatore – Onere di provare la serietà della dedotta intenzione – Sussistenza – Onere di provare la effettiva realizzazione di detto intento – Esclusione. In tema di locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, il locatore che agisce per far valere la facoltà di diniego del rinnovo del contratto alla prima scadenza per il motivo indicato dall’art. 29, lett. b, legge 27 luglio 1978, n. 392, ha l’onere di provare la serietà della dedotta intenzione di adibire l’immobile all’esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta di una delle attività indicate dall’art. 27, e, quindi, la realizzabilità tecnica e giuridica, non anche la effettiva e concreta realizzazione, di quell’intento. (l. 27 luglio 1978 n. 392 art. 29)

Sentenza n. 185 Corte Costituzionale 23 maggio – 4 giugno 2003
Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale.Termini normativi della questione – Disposizioni cui va riferita la censura – Individuazione Beni culturali e ambientali – Studi di artista con riconosciuto valore storico artistico e vincolo di inamovibilit‡ – Contratti di locazione – Interdizione di provvedimento di rilascio – Illimitata continuazione del rapporto, con irragionevole compressione dei diritti del locatore – Illegittimit‡ costituzionale in parte qua. D.Leg. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 52, comma 1.Costituzione artt. 2, 3 e 42.omissis

La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Roma in riferimento agli artt. 2, 3 e 42 della Costituzione ha ad oggetto líart. 52 del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490. (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali), a tenore del quale non sono soggetti ai provvedimenti di rilascio previsti dalla normativa vigente in materia di locazione di immobili urbani degli studi díartista il cui contenuto in opere, documenti, cimeli e simili Ë tutelato per il suo storico valore, da un provvedimento ministeriale che en prescrive líinamovibilit‡ da uno stabile del quale contestualmente si vieta la modificazione della destinazione díuso. omissis per questi motivi

La Corte Costituzionale Dichiara líillegittimità costituzionale dellíart. 52, comma 1, del decreto legislativo 29/10/1999 n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali) nella parte in cui prevede che non sono soggetti a provvedimenti di rilascio gli studi díartista ivi contemplati.CosÏ deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2003.Il Presidente: CHIEPPA Il redattore: CONTRIIl Cancelliere DI PAOLA Depositata in cancelleria il 4 giugno 2003.

Cassazione n. 6433 del 23/4/2003 sez. III
Oneri accessori – Prescrizione del credito – termine biennale di cui allíart. 6 della legge n. 841 del 1973 – Applicabilità. (legge 22/12/1973 n. 841, art. 6; legge 27/7/1978 n. 392 art. 6) Anche nel vigore della legge sullíequo canone nei contratti di locazione di immobili urbani il diritto al pagamento degli oneri accessori della locazione si prescrive nel termine di due anni, indicato dallíultimo comma dellíart. 6 della legge 22/12/1973 n. 841 (M. Fin.)

Cassazione n. 6433 del 23/4/2003 sez. III
Oneri accessori – Prescrizione del credito – termine biennale – diverso termine per il pagamento dei canoni – questione di legittimità costituzionale – manifesta infondatezza. (Costituzione, art. 3; legge 22/12/1973 n. 841, art. 6 della legge 27/7/1978 n. 392) In riferimento allíart. 3 della Costituzione Ë manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dellíart. 6, legge 22/12/1973 n. 841, che prevede, quanto al pagamento degli oneri accessori della locazione di immobili urbani un termine biennale e, quindi, diverso da quello previsto per il pagamento dei canoni, atteso che nonostante la sostanziale analogia delle due voci la ratio della diversità di disciplina Ë costituita dallíesigenza della rapida definizione delle contestazioni relative a un rapporto accessorio, quali le spese condominiali, per cui la disparità di trattamento si giustifica per la diversa natura dei due esborsi. (M. Fin.)

Cassazione n. 6433 del 23/4/2003 sez. III
Oneri accessori – Prescrizione del credito – Termine – decorrenza – dalla approvazione del consuntivo – in caso di edificio appartenente a un unico proprietario – esclusione. (legge 22/12/1973 n. 841 art. 6; legge 27/7/1978 n. 392, art.6) Il principio in forza del quale il termine di prescrizione del diritto a pretendere il pagamento degli oneri accessori connessi alla locazione decorre dalla approvazione del consuntivo è riferibile esclusivamente nell’ipotesi sussista una pluralità di condomini (che devono, in apposita assemblea, approvare il consuntivo stesso) e non anche nell’eventualità di edificio appartenete a un unico proprietario, perchè in tale evenienza il diritto al conguaglio Ë subordinato a uní approvazione cui debbano necessariamente concorrere terzi. In questa ultima eventualità, pertanto, il diritto a pretendere il conguaglio può essere esercitato alla fine dellíesercizio in cui il proprietario singolo ha la possibilità di elaborare il consuntivo e di accertare se le spese effettuate per gli immobili locati superino o meno gli acconti periodicamente accertati. (M. Fin.)

Cassazione n. 5576, Sez. III, del 9-4-2003
Locazione – Variazioni della misura del canone e modificazione del termine di scadenza – Indici di per sè di una novazione della locazione -Esclusione – Ragioni Le sole variazioni di misura del canone e la modificazione del termine di scadenza non sono di per sè indice di una novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie della correlativa obbligazione o di modalità non rilevanti ai fini della configurabilità di una novazione. La novazione oggettiva del rapporto obbligatorio postula, infatti, il mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione, ex art. 1230 cod. civ., mentre non Ë ricollegabile alle mere modificazioni accessorie, ai sensi dell’art. 1231 cod. civ. Essa, inoltre, deve essere connotata non solo dall’aliquid novi, ma anche dagli elementi dell’animus novandi (inteso come manifestazione inequivoca dell’intento novativo) e della causa novandi (intesa come interesse comune delle parti all’effetto novativo)

Cass. civ., Sez.III, 06/11/2002, n.15558
LOCAZIONE DI COSE – Godimento ed utilizzazione del bene locato: (obblighi del locatore)La mancanza del provvedimento amministrativo, necessario per la legale destinazione della cosa locata all’uso pattuito, rientra tra i vizi che, escludendo o diminuendo in modo apprezzabile l’idoneità della cosa stessa all’uso pattuito, possono giustificare la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1578 c.c., a meno che risulti che il conduttore, a conoscenza (al momento in cui al contratto viene data attuazione, sicchË non rileva una conoscenza successiva alla consegna della cosa) della inidoneit‡ dell’immobile a realizzare il suo interesse, ne abbia accettato il rischio economico della impossibilità di utilizzazione.

Cass. civ., Sez.III, 04/11/2002, n.15388
Contratto di Locazione – Clausole – Riparazioni straordinariee – Obbligo posto a carico del conduttore. Tenuto conto che in tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, non trova applicazione l’art. 23 legge n. 392 del 1978, che disciplina le riparazioni straordinarie per gli immobili ad uso di abitazione, nè è stabilita la predeterminazione legale del limite massimo del canone non incorre nella sanzione di nullità sancita dall’art. 79 legge n. 392 del 1978 la pattuizione che pone a carico del conduttore la manutenzione ordinaria e straordinaria, relativa agli impianti e alle attrezzature particolari dell’immobile locato, lasciando invece a carico del locatore soltanto le riparazioni delle strutture murarie.

Cass. civ., Sez.III, 15/10/2002, n.14655
LOCAZIONE DI COSE – Canone aggiornamento – Richiesta del locatore – Forma In materia di locazione di immobili urbani ad uso diverso da abitazione, la richiesta di aggiornamento del canone ex art. 32 l. n. 392 del 1978 puÚ essere formulata, in mancanza della previsione di una forma determinata, anche verbalmente nonché implicitamente o per fatti concludenti.

Sentenza n. 741 – Cass. civile, sez. III, 23/1/2002
Mora ed altri inadempimenti La sanatoria della morosità ex art. 55 l. 27 luglio 1978 n. 392 costituisce rimedio non applicabile nella disciplina dei contratti aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo.

Sentenza n. 12743 – Cass. civile, sez. III, 18/10/2001
Mora ed altri inadempimenti Per espressa esclusione dell’art. 26, lett. a) l. 27 luglio 1978 n. 392 le norme contenute nel Capo I della stessa non si applicano alle locazioni per esigenze abitative di natura transitoria. Ne consegue che non Ë sanabile la morosità nel pagamento del canone per queste locazioni in quanto l’art. 55, che disciplina la concessione del termine di grazia a tal fine, Ë espressamente collegato alla valutazione legale della gravità dell’inadempimento nel pagamento dei canoni e degli oneri accessori, stabilita dall’art. 5, che non Ë applicabile, essendo collocato nel Capo I della legge n. 392 del 1978.

Sentenza n. 13420 – Cass. civile, sez. III, 29/10/2001
Prelazione e riscatto Il diritto di prelazione o di riscatto previsto dagli art. 38 e 39 l. 27 luglio 1978 n. 392, a favore del conduttore di immobile non abitativo presuppone l’identità dell’immobile locato con quello venduto e perciÚ non trova applicazione non soltanto nell’ipotesi di vendita in blocco dell’intero edificio nel quale sia compresa l’unità immobiliare locata, ma anche nel caso di vendita di beni astrattamente suscettibili di alienazione separata e tuttavia considerati dalle parti del contratto di compravendita come un unico oggetto, dotato come tale di una propria identit‡ funzionale e strutturale. Detto accertamento Ë di competenza del giudice del merito ed Ë insindacabile in sede di legittimità se condotto con logica valutazione degli elementi emergenti dagli atti.

Sentenza 24 settembre ñ 5 ottobre 2001 n. 333 – Corte Costituzionale

IMPORTANTE SENTENZA SULL’ESECUZIONE DEGLI SFRATTI

1. Rilascio dell’immobile – Messo in esecuzione dei provvedimento – Condizioni – Dimostrazione degli adempimenti fiscali ex articolo 7 della legge 431/1998 ñ Illegittimit‡ costituzionale. (Costituzione, articolo 24 o legge 9 dicembre 1998 n. 431, articolo 7.

E’ in contrasto con l’articolo 24, primo comma, della Costituzione ed è, quindi costituzionalmente illegittimo, l’articolo 7 della legge 9 dicembre 1998 n. 431 che prevede quale condizioni per la messa in esecuzione dei provvedimento di rilascio dell’immobile locato a uso abitativo la dimostrazione che il contratto di locazione è stato registrato, che l’immobile è stato denunciato ai fini dell’applicazione dell’ICI e che il reddito derivante dall’immobile medesimo E’ stato dichiarato ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi.

Testo delle decisioni omissis punti 1), 2), 3).

4. Passando all’esame dei profilo di merito deve affermarsi la fondatezza della questione sollevata dal Tribunale di Firenze

5. Il problema della compatibilit‡ tra il principio costituzionale che garantisce a tutti la tutela giurisdizionale, anche nella fase esecutiva, dei propri diritti e le norme che impongono determinati oneri a chi quella tutela richieda non Ë nuovo nella giurisprudenza di questa Corte ed Ë stato risolto pur se con qualche incertezza, nel senso di distinguere fra oneri imposti allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione ed alle sue esigenze ed oneri tendenti, invece, al soddisfacimento di interessi dei tutto estranei alle finalità processuali. Mentre i primi, si Ë detto, sono consentiti in quanto strumento di quella stessa tutela giurisdizionale che si tratta di garantire, i secondi si traducono in una preclusione o in un ostacolo all’e- sperimento della tutela giurisdizionale e comportano, perciÚ, la violazione dell’art. 24 Cost. (sentenza n. 113 dei 1963). Quel che si tratta allora di stabili- re, ai fini della soluzione dei presente dubbio di costituzionalità, Ë l’appartenenza dell’onere imposto al locatore, a pena di improcedibilità dell’azione esecutiva, all’una o all’altra delle categorie precedentemente individuate. Ed Ë indubbio che l’onere sud- detto, avendo ad oggetto la dimostrazione da parte dei locatore di aver assolto taluni obblighi fiscali (e precisamente la registrazione dei contratto di locazione dell’immobile, la denuncia dell’immobile locato ai fini dell’applicazione dell’ICI ed il pagamento della relativa imposta nell’anno precedente, la dichiarazione dei reddito dell’immobile locato ai fini dell’imposta sui redditi), sia imposto esclusivamente a fini di controllo fiscale e risulti, pertanto, privo di qualsivoglia connessione con il processo esecutivo e con gli interessi che lo stesso Ë diretto a realizzare. Sotto tale aspetto, occorre, infatti, rilevare che, mentre l’ICI È una imposta di carattere reale posta a carico di un soggetto – il proprietario o il titolare di altro diritto reale di godimento – non sempre coincidente con il locatore esecutante, il quale agisce a tutela di un diritto di natura obbligatoria derivante dal contratto di locazione, l’imposta sui redditi si riferisce ad un diritto – quello relativo alla percezione dei canoni – che, seppur derivante dal medesimo contratto di locazione, Ë tuttavia ben distinto dal diritto alla restituzione dell’immobile locato, azionato nella esecuzione per rilascio, ed infine, la stessa registrazione dei contratto di locazione rappresenta un adempimento di carattere fiscale dei tutto estraneo alle esigenze di un processo diretto a porre in esecuzione un titolo giudiziale.

6. E’ del resto significativo che la norma impugnata si ponga in singolare dissonanza con la tendenza, presente in tutta la legislazione vigente, diretta ad eliminare, come recita l’art. 7, numero 7, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), ” ogni impedimento fiscale al diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”. Possono in proposito richiamarsi – come espressive di tale tendenza – dai commentatori ritenuta ispirata al principio di cui all’art. 24 Cost. – le disposizioni relative tanto alla normativa di bollo che a quella di registro che hanno abrogato tutte le precedenti norme preclusive alla produzione in giudizio di atti e documenti fiscalmente irregolari. E nello stesso indirizzo, si inserisce la disciplina dettata dal vigente testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni l‡ dove non estende a giudici ed arbitri il divieto di compiere atti relativi a trasferimenti per causa di morte, in difetto di prova dell’avvenuta dichiarazione della successione, ma pone soltanto l’obbligo di comunicare all’ufficio dei registro competente le notizie; relative a trasferimenti per causa di morte, apprese in base agli atti dei processo.

7. Conclusivamente, va affermato che l’impedimento di carattere fiscale alla tutela giurisdizionale dei diritti, introdotto dalla norma denunciata, si pone in contrasto con l’art. 24, primo comma, della Costituzione e comporta la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma stessa.

Per questi motivi La Corte Costituzionale riuniti i giudizi,

a. dichiara l’illegittimità dellíart. 7 della legge 9 dicembre 1998 n. 431(disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo);b. dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dellíart. 7 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Nocera Inferiore con líordinanza in epigrafe.

Sentenza n. 4472 ñ Sez. III 28 marzo 2001
CORTE DI CASSAZIONE
Legge sull’equo canone – Ambito di applicazione – Esigenze abitative di natura transitoria – Simulazione – Deduzione da parte dei conduttore svolgente azione per la ripetizione delle norme eccedenti l’equo canone -Onere probatorio – Oggetto. Legge sull’equo canone – Ambito di applicazione – Esigenze abitative di natura transitoria -Rinnovazione tacita dei contratto – Compatibilità.

Qualora un contratto di locazione abitativo sia stato stipulato per uso transitorio, il conduttore che assuma la nullità ex art. 79 della legge 27 luglio 1978, n. 392, di tale clausola per inesistenza in concreto della dedotta natura transitoria delle esigenze abitative e chieda, pertanto, la ripetizione delle somme eccedenti l’equo canone, deve dimostrare che il locatore era a conoscenza delle sue reali esigenze abitative al momento della conclusione del contratto in base all’obiettiva situazione di fatto, non potendo rilevare contro il locatore nÈ le situazioni di fatto occultate dal conduttore, nÈ la sua riserva mentale di non accettare tale clausola. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 1; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 26; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79) (1).

Il contratto di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo per il soddisfacimento di esigenze transitorie non puÚ ritenersi incompatibile con l’istituto della rinnovazione tacita ex art. 1597 cc., se dalle circostanze di fatto non risulti, tra le parti, una volontà novativa rispetto all’originaria convenzione negoziale, con relativa modificazione della fattispecie legale tipica da locazione transitoria a locazione abitativa primaria. (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 1 L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 26) (2).

(1) In senso conforme, v. Cass. 12 settembre 2000, n. 12019, in Arch. civ. 2001, 803; Cass. 13 gennaio 2000, n. 328, ivi 2000, 1282; Cass. 3 maggio 1999, n. .4377, ivi 2000, 376 e Cass. 29 aprile 1999, n. 4230, ivi 2000, 234.(2) Nello stesso senso, v. Cass. 7 luglio 1997, n. 6145, in questa Rivista 1997, 799.

Sentenza n. 4031 – Cass. civile, sez. III, 21/04/1998
Pres. Grossi M – Rel. Salluzzo V – P.M. Palmieri R (Con.) – De Vitis c. Leoni Locazione – obbligazioni del conduttore – corrispettivo (canone) – morosita’ – Termine di grazia (art. 55 legge 27 luglio 1978 n. 392) – Ambito di applicazione – Locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione – Inclusione. In tema di concessione di un termine per il pagamento dei canoni locatizi scaduti previsto dall’art. 55 della legge del 1978 n. 392, la mancanza di espresse limitazioni all’applicabilità di tale norma, nonchË di qualsivoglia incompatibilit‡ di ordine logico – concettuale tra la sanatoria della morosità, come da essa regolata, e le locazioni non abitative escludono una interpretazione riduttiva dell’isituto e comportano la sua applicabilità anche con riferimanto alla locazione d’immobile adibito ad uso diverso da quello di abitazione, stipulato successivamente all’entrata in vigore della richiamata legge.

Sentenza n. 2477 – Cass. civile, sez. III, 06/3/1998
Pres. Iannotta A – Rel. Varrone M – P.M. Golia A (Conf.) – Di Giovanni c. Celani Locazione – durata della locazione – in genere – spirare del termine – Immobili adibiti ad abitazione – Mancato accordo per la determinazione del canone dopo la prima scadenza successiva alla legge sui cosiddetti patti in deroga – Rifiuto di trattativa – Configurabilità – Proroga legale biennale – OperativitÚ – Fondamento. La ratio dell’art. 11, comma secondo bis, della legge 8 agosto 1992 n. 359, Ë ravvisabile nella finalità di assicurare un graduale passaggio, per gli immobili ad uso abitativo, dal regime dell’equo canone a quello dei patti in deroga, inducendo il locatore a proporre un canone accettabile, e il conduttore a valutare che, in caso di mancata adesione, il contratto, scaduto il biennio di proroga legale, Ë risolto. Ne consegue che la mancanza dell’accordo sulla determinazione del canone, alla prima scadenza successiva all’entrata in vigore della legge, per l’applicabilità, automatica e d’ufficio – salvo volontà contraria del conduttore – della proroga biennale del contratto, sussiste sia nel caso di mancato raggiungimento dell’accordo malgrado lo svolgimento di trattative con il locatore, sia nel caso di richiesta di questi di rilascio dell’immobile alla scadenza, con implicito rifiuto di qualsiasi trattativa.

Sentenza n. 2405 – Cass. civile, sez. III, 04/03/1998
Pres. Grossi M – Rel. Fancelli C – P.M. Carnevali A (Con.) – Siciliano c. Balduzzi Locazione (art. 36 l. 392/78) – opposizione del locatore – Cofigurabilità – “Beneficium excussionis” e corresponsabilità del cedente (art. 36 legge 392 del 1978) – Irrilevanza. E’ configurabile un grave motivo per l’opposizione del locatore alla cessione della locazione di un immobile, adibito ad uso diverso dall’abitazione, (art. 36 legge 27 luglio 1978 n. 392) nell’insolvibilità del cessionario, presunta per i protesti di titoli cambiari emessi da una società in nome collettivo – a ristretta base sociale, di natura familiare – di cui egli Ë socio, perchË l’autonomia patrimoniale e il “beneficium excussionis” (art. 2304 cod. civ.) costituiscono soltanto un sottile diaframma in sede recuperatoria, mentre, la corresponsabilit‡ del cedente, non liberato, non esclude l’inaffidabilità del cessionario.

Sentenza n. 1717 – Cass. civile, sez. III, 18/02/1998
Pres. Longo GE – Rel. De Aloysio U – P.M. Nardi D (Con.) – Taumac Srl c. Azionaria Casermaggi soc Locazione – disciplina delle locazioni di immobili urbani (legge 27 luglio 1978 n. 392, cosiddetta sull’equo canone) – disposizioni processuali – cotroversie relative alla determinazione, all’aggiornamento ed all’adeguamento del canone – morosita’ del conduttore – termine per il pagamento dei canoni scaduti (sanatoria) – Mancato integrale pagamento di canoni scaduti oltre interessi e spese nel termine concesso – Successiva udienza di rinvio – Emissione di ordinanza di convalida di sfratto – Legittimità – Nuova verifica della residua inadempienza – Necessit‡ – Esclusione. In tema di locazioni di immobili urbani, qualora il conduttore cui sia stato intimato lo sfratto per morosità nel pagamento del canone, ottenuta la concessione del termine di grazia previsto dagli artt. 5 e 55 legge 27 luglio 1978 n. 392, non provveda, nel ternime concesso, al pagamento integrale dei canoni scaduti con gli interessi e le spese processuali liquidate dal giudice in sede di concessione del termine, legittimamente viene emessa nella successiva udienza, alla quale la causa Ë stata rinviata, ordinanza di convalida di sfratto, senza necessità di una nuova verifica della residua inadempienza, trattandosi di termine perentorio, come risulta dall’ultimo comma dell’art. 55 citato.

Sentenza n. 269 – Cass. civile, sez. III, 14/01/1998
Pres. Iannotta A – Rel. De Aloysio U – P.M. Lugaro M (Con.) – Rolle ed altri c. Visca Locazione – disdetta – Successiva permanenza del conduttore e corresponsione del canone – Rinnovazione tacita del contratto – Esclusione – Occupazione di fatto – Sussistenza – Domanda di rilascio – Ammissibilità – Considerevolezza del lasso di tempo trascorso – Irrilevanza. Se il locatore ha comunicato al conduttore la disdetta (art. 1596 cod. civ.), anche se per un considerevole lasso di tempo – nella specie oltre quattro anni, in relazione ad un immobile adibito ad uso abitativo – non ha agito in giudizio per il rilascio, ed ha continuato a percepire i canoni di locazione, non perciÚ il contratto si Ë rinnovato (art. 1597, ultimo comma, cod. civ.), mancando una volontà contraria a quella manifestata, si che la permanenza del conduttore costituisce occupazione di fatto.

Cass. civ., Sez.III, 17/11/1997, n.11388
LOCAZIONE DI COSE – Oneri accessori In tema di locazione di immobili, qualora un servizio condominiale (nella specie, servizio di pulizia) venga prestato in maniera inadeguata, il conduttore dell’appartamento sito nello stabile al quale detto servizio si riferisce puÚ eccepire nei confronti del proprietario – locatore la sua inadempienza e chiedere giudizialmente di essere esonerato dal pagamento delle relative spese.

Sentenza n. 9543 – Cass. civile, sez. III, 04/11/1996
Pres. Longo GE – Rel. Giuliano A – P.M. Gambardella V (Con.) – Danti e altri Locazione – obbligazioni del conduttore – corrispettivo (canone) – in genere – Locazioni di immobili urbani – Canone convenzionale superiore a quello stabilito per legge – Deduzione da parte del conduttore – Autoriduzione – Inadempimento grave – Configurabilità – Condizioni. In tema di locazione di immobili urbani la cosiddetta autoriduzione del canone e cioË il suo pagamento in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita, in relazione alla dedotta esorbitanza di tale ultima misura rispetto all’importo inderogabilmente fissato dalla legge, costituisce un fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore. Tale autoriduzione integra un inadempimento grave secondo la valutazione fattane dal legislatore con l’art. 2 D.L. 30 dicembre 1988 n. 551 convertito in legge 21 febbraio 1989 n. 61, quando l’importo complessivo non pagato superi, anche se riferito agli oneri accessori, quello di due mensilità di affitto.

Cass. civ., Sez.III, 02/07/1991, n.7257
LOCAZIONE DI COSE – Oneri accessori Ove il servizio di portierato non venga svolto dal relativo incaricato in maniera conforme alle prescrizioni e con la diligenza dovuta, il conduttore di un appartamento sito nell’edificio cui quel servizio si riferisce, può eccepire, nei confronti del proprietario locatore, la sua inadempienza in relazione a quel servizio e chiedere giudizialmente di essere esonerato dal pagamento delle relative spese.

Corte di Appello Civile di Milano sez. III 20/7/1999 n. 1974 Passo Carraio In tema di passo carraio, rientra tra gli oneri accessori gravanti sul conduttore il rimborso al proprietario, formale intestatario dellíaccesso, in quanto da questíultimo sborsato per la tassa di occupazione del suolo pubblico, strettamente collegata allíeffettivo pieno godimento della cosa locata.

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